G20, Usa: 11 paesi contro Assad. Putin: sosterremo la Siria

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Vladimir Putin e Barack Obama al G20 di San Pietroburgo (Getty)

Il presidente russo promette aiuti a Damasco in caso di blitz. Obama: "Il voto del Congresso non è simbolico". Ma il tema rimane fuori dalle conclusioni del vertice. Alcuni Stati, tra cui l'Italia, firmano un documento di condanna del regime

A San Pietroburgo nessun accordo sulla Siria. Il G20, di fronte alla richiesta degli Usa di intervenire contro il regime di Assad, resta spaccato. Nel comunicato finale - come voleva il padrone di casa Vladimir Putin - non c'è nessun cenno alla questione che ha tenuto banco nella due giorni di incontri tra i principali leader mondiali. Ma Barack Obama - che ha insistito sulla necessità di agire anche se è "impopolare" farlo - non torna a casa a mani completamente vuote: in extremis è riuscito a ottenere una dichiarazione firmata da undici Paesi (tra cui Italia, Francia, Regno Unito e Spagna) in cui si condanna con forza l'uso di armi chimiche, si riconosce il regime Assad come responsabile e si chiede "una risposta forte". Non è l'appoggio all'azione militare decisa dalla Casa Bianca, ma si avvicina a quel sostegno, quella "comprensione" che il presidente americano chiedeva, soprattutto agli alleati europei.

Putin: in caso di blitz, sosterremo Assad -
Fino all'ultimo in molti - tra cui il premier italiano Enrico Letta - hanno tentato una mediazione. A sorpresa, poi, Obama e Putin si sono incontrati: venti minuti di faccia a faccia, seduti, in cui se non altro si e' sciolto il gelo anche personale delle ultime ore. Ma i toni, nei briefing e nelle conferenze stampa finali, sono rimasti tesi. Putin ha nuovamente contestato le prove in mano agli americani, quelle che inchiodano Assad per l'attacco col gas sarin compito il 21 agosto a Damasco, costato la vita a centinaia di persone, tra cui moltissimi bambini. Quell'attacco - ha detto il presidente russo - è stato solo "una provocazione" per giustificare l'intervento militare esterno. Il leader del Cremlino ha quindi messo in guardia Washington dall'impatto imprevedibile che un attacco alla Siria potrebbe avere sull'economia mondiale. E se il regime di Damasco verrà attaccato - ha assicurato minaccioso - la Russia continuerà a sostenerlo come ha fatto finora, "fornendo armi e tramite la cooperazione economica". Al fianco di Mosca c'è Pechino. Il presidente cinese, Xi Jinping - nonostante le cordialità scambiate con Obama nel corso dell'incontro che i due hanno avuto prima dell'inizio dei lavori della seconda giornata del G20 - ha ribadito come la crisi siriana "non può essere risolta con un intervento militare", e ha invitato gli Usa "a pensarci due volte".

Obama: Assad è una minaccia -
Ma Obama tira dritto per la sua strada, e guarda ora al Congresso, nella speranza che dia il suo ok a un intervento che - ha ripetuto - sarà "limitato e proporzionato". E che potrà avvenire "tra un giorno, una settimana o un mese". I motivi della sua decisione li spiegherà all'America martedì 10 in un messaggio dallo Studio Ovale. Dirà quello che la Casa Bianca ha ripetuto fino allo sfinimento anche a San Pietroburgo: "Assad è una minaccia per la pace e per la sicurezza mondiali". Per questo e per porre fine all'atrocità dell'uso delle armi chimiche è necessario punirlo.

Hollande frena -
Intanto anche il presidente francese Francois Hollande - unico alleato europeo che ha appoggiato fin dall'inizio la scelta di un intervento militare degli Usa anche senza avallo Onu - ha 'frenato', precisando che un coinvolgimento di Parigi non avverrà prima della presentazione del rapporto degli ispettori dell'Onu e specificando che i raid dovranno concentrarsi solo su obiettivi militari e non sulla caduta di Assad.

La settimana prossima il voto del Congresso -
Il momento della verità si avvicina, con la decisione del Congresso Usa previsto la prossima settimana. "Capisco lo scetticismo di molti - ha spiegato Obama - ma col sì del Congresso saremo più forti e più efficaci". G20 o non G20, i venti di guerra spirano sempre più forte.

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