Egitto, ultimatum a Morsi. Cinque ministri si dimettono

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Tensione in Egitto, dove proseguono le proteste contro il presidente Morsi (Getty Images)

L'opposizione ha chiesto al presidente di lasciare il potere entro martedì. I militari danno 48 ore di tempo ai politici per risolvere la situazione. Intanto, 5 esponenti del governo hanno rassegnato le dimissioni. Il bilancio degli scontri è di 20 morti

Ultimatum, minacce e scontri di piazza. L'Egitto somiglia sempre più a una polveriera pronta ad esplodere. Dopo le manifestazioni di strada che hanno coinvolto milioni di egiziani il 30 giugno e che si sono trasformate in guerriglia urbana, gli oppositori del governo Morsi hanno lanciato un ultimatum perentorio. Con un comunicato stampa, hanno intimato al presidente di lasciare il potere entro martedì 2 luglio alle ore 17 per consentire alle istituzioni di preparare nuove elezioni presidenziali anticipate. In caso contrario, promettono i ribelli, partirà "una violenta campagna di disobbedienza civile". In sostanza, la prosecuzione dei disordini che hanno già insanguinato il paese causando 20 morti e centinaia di feriti. Anche i militari hanno dato 48 ore alle forze politiche per fornire una risposta ai manifestanti.

Cinque ministri si dimettono - L'ultimatum dell'opposizione, diffuso dal movimento Tamarod, ha avuto una prima reazione con le dimissioni di cinque ministri del governo Morsi. Si tratta di Hisham Zazou, titolare del dicastero del Turismo,  Hatem Bagato, dei Rapporti col parlamento, Atef Helmi, ministro delle Telecomunicazioni, Khaled Abdel-Aal dell'Ambiente e Abdelqaui Jalifa delle Risorse idriche. I cinque hanno presentato una lettera di dimissioni congiunta in cui spiegano di volersi unire ai manifestanti e di essere contrari alla politica governativa. Secondo l'agenzia ufficiale Mena, hanno lasciato il proprio incarico anche cinque senatori della "Shura", la Camera alta del Parlamento.

L'ultimatum dei militari - Anche le forze armate hanno fissato una deadline. Il consiglio supremo militare egiziano, presieduto dal ministro della Difesa e comandate delle forze armate Abdel Fattah el Sissi, ha dato un limite di 48 ore di tempo alle forze politiche per rispondere alle richieste del popolo. In caso contrario saranno obbligate a presentare una road map la cui applicazione sarà "controllata direttamente".

L'ultimatum, diffuso con un comunicato stampa alla tv di stato egiziana, è stato accolto da un immenso boato in piazza Tahrir, dove anche nella giornata del 1 luglio si sono ritrovate migliaia di persone. "Il popolo vuole la caduta del regime", è il grido che si è levato dalla piazza simbolo della rivoluzione.

La preoccupazione di Barack Obama - Il presidente americano Barack Obama, in visita in Tanzania, si è detto molto preoccupato per quanto sta accadendo nel Paese nordafricano e ha affermato che gli Stati Uniti seguono da vicino la situazione. Obama ritiene che esista il pericolo di ulteriori violenze in Egitto e ha esortato "alla moderazione" tutte le parti sul campo. Gli aiuti al Cairo, ha spiegato il presidente statunitense, saranno dati solo se sarà rispettata la legge, se il governo ascolterà l'opposizione e se non sarà usata la violenza.

Il bilancio degli scontri - La domenica di manifestazioni per le strade egiziane ha causato decine di vittime e centinaia di feriti. Il bilancio dei disordini del 30 giugno è di 20 morti e almeno 800 feriti in diverse città del Paese. Nella giornata di lunedì le tensioni sono proseguite con l'assalto del quartier generale della Fratellanza al Cairo, nel quartiere di Moqattam. Centinaia di persone hanno partecipato al raid e un Fratello musulmano è stato pugnalato. L'attacco è stato seguito dal saccheggio degli uffici dai quali sono stati portati via computer, televisori, condizionatori e infissi.

Il Fronte nazionale di salvezza egiziano, partito di opposizione, ha però condannato l'assalto e le violenze. In un comunicato il Fronte ha chiesto agli egiziani di mantenere l'aspetto pacifico fin qui tenuto dalle dimostrazioni per chiedere "il cambiamento democratico e nuove elezioni presidenziali anticipate". L'appello è di "restare nelle strade fino a che le richieste non saranno soddisfatte".

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