Il nuovo Pontefice avrebbe avuto un atteggiamento controverso nei confronti della regime. Accuse sempre respinte dall'interessato. "Ho cercato una foto che lo accusasse e non l'ho mai trovata", dice il giornalista Verbitsky, autore de L'isola del silenzio
Un atteggiamento controverso verso la dittatura militare in Argentina, che sterminò migliaia di persone, soprattutto oppositori politici: è questa l'ombra che grava sul neo pontefice argentino Jorge Bergoglio. Un'ombra che che negli anni hanno coinvolto il gesuita, trovando tuttavia sempre la netta smentita di quest'ultimo.
Dubbio che affiora su diversi quotidiani internazionali, dal New York Times alla Bbc Mundo, fino al foglio argentino Il foglio 12.
Anche oggi, giovedì 14 marzo, dopo la nomina a pontefice, sul web sono circolate vecchie foto, la cui autenticità non è stata confermata, che lo ritrarrebbero accanto a Jorge Rafael Videla, l'autore del golpe del 1976. Mentre diversi media hanno riproposto le tesi sul ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, racchiuse nel libro L'isola del Silenzio del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che analizza il ruolo della Chiesa nel periodo piu tragico del Paese sudamericano. "Per anni ho cercato una foto che lo accusasse e non l'ho mai trovata", dice Verbitsky in un'intervista a Repubblica. "Ho scritto due libri che raccogliendo testimonianze di padri gesuiti che narrano le ambiguità di quel periodo". Ma, aggiunge, "non ci sono prove schiaccianti".
Nel libro-intervista Il gesuita, pubblicato nel 2010 dei giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, Bergoglio non si sottrae ad interrogativi e sospetti affermando che negli anni della dittatura argentina, "la Chiesa, come tutta la società, ha conosciuto quanto successe poco a poco. All'inizio non ne era cosciente". "Immagino la disperazione di quelle donne che cercavano in tutti i modi i propri figli e si trovavano di fronte al cinismo delle autorità che le trascinavano da una parte e dall'altra", ricorda. "All'inizio sapevamo poco, o niente, lo abbiamo saputo solo gradualmente", aggiunge l'ex presidente della conferenza episcopale argentina, riferendosi proprio ai tanti desaparecidos e all'orrore degli anni della dittatura militare.
Il ruolo di Bergoglio rimane pieno di punti non chiariti anche in un episodio successivo alla caduta del regime. Secondo alcune fonti, nel 1983, con il ritorno della democrazia, l'allora cardinale cercò di far liberare dei sacerdoti che lavoravano nelle bidonville di Buenos Aires e che erano stati sequestrati dai militari.
"Nella vicenda legata al sequestro dei due missionari gesuiti - dice l'avvocato Marcello Gentili, da venti anni difensore di parte civile delle famiglie di 'desaparecidos' - so che Bergoglio si e' difeso dicendo di averli allontanati dalle baraccopoli per salvarli dalle probabili repressioni. E' credibile la sua versione ma di certo per il ruolo che ricopriva all'epoca aveva l'enorme responsabilita' e dovere di denunciare quello che accadeva. La sua voce avrebbe, insomma, avuto un peso rilevante.
Altre fonti e inchieste giornalistiche sostengono invece che fu proprio Bergoglio a denunciare alle autorità i sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics, attivi nella bidonville del 'Bajo Flores' della capitale. Una testimone di quel procedimento, Maria Elena Funes - anch'essa rapita - ha dichiarato che Yorio e Jalics vennero sequestrati dopo che Bergoglio "tolse loro la propria protezione". Nel 'Gesuita' il neo pontefice smentisce totalmente questa ricostruzione precisando di non aver voluto che i due sacerdoti "rimanessero senza protezione".
Sia Yorio sia Jalics vennero dopo qualche tempo liberati: anzitutto perche i militari "non riuscirono ad accusarli ma anche perché - ricostruisce Bergoglio - ci siamo mossi come pazzi" proprio per ottenere il loro rilascio. "Ho iniziato a muovermi" per la loro liberazione "fin dalla notte stessa in cui ho saputo del sequestro", aggiunge Bergoglio, ricordando inoltre che proprio a causa del sequestro incontrò due volte Jorge Rafael Videla, e l'ammiraglio Emilio Massera, tra gli aguzzini più feroci della giunta militare.
"La sua battaglia - si legge in un ritratto del 2005 sul Corriere della Sera firmato da Aldo Cazzullo - gli ha guadagnato la stima dei leader del movimento per i diritti umani, come Alicia de Oli veira, e il rispetto delle madri di Plaza de Mayo, durissime nei confronti della gerarchia cattolica".
Secondo il giornalista "Bergoglio si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita , e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all'opposizione attiva".
In difesa di Bergoglio è sceso in campo anche il premio nobel Adolfo Perez Esquivel (vittima delle torture del regime argentino), secondo cui il Pontefice "non ha avuto nessun legame con la dittatura", aggiungendo però che "possono esserci state omissioni, ma non complicità". Anche il teologo brasiliano Leonardo Boff, uno degli esponenti della teologia della Liberazione, ha assicurato oggi all'agenzia stampa Dpa di non credere alla accuse su presunti legami fra il nuovo Papa, Jorge Bergoglio, e la dittatura argentina.
Dubbio che affiora su diversi quotidiani internazionali, dal New York Times alla Bbc Mundo, fino al foglio argentino Il foglio 12.
Anche oggi, giovedì 14 marzo, dopo la nomina a pontefice, sul web sono circolate vecchie foto, la cui autenticità non è stata confermata, che lo ritrarrebbero accanto a Jorge Rafael Videla, l'autore del golpe del 1976. Mentre diversi media hanno riproposto le tesi sul ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, racchiuse nel libro L'isola del Silenzio del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che analizza il ruolo della Chiesa nel periodo piu tragico del Paese sudamericano. "Per anni ho cercato una foto che lo accusasse e non l'ho mai trovata", dice Verbitsky in un'intervista a Repubblica. "Ho scritto due libri che raccogliendo testimonianze di padri gesuiti che narrano le ambiguità di quel periodo". Ma, aggiunge, "non ci sono prove schiaccianti".
Nel libro-intervista Il gesuita, pubblicato nel 2010 dei giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, Bergoglio non si sottrae ad interrogativi e sospetti affermando che negli anni della dittatura argentina, "la Chiesa, come tutta la società, ha conosciuto quanto successe poco a poco. All'inizio non ne era cosciente". "Immagino la disperazione di quelle donne che cercavano in tutti i modi i propri figli e si trovavano di fronte al cinismo delle autorità che le trascinavano da una parte e dall'altra", ricorda. "All'inizio sapevamo poco, o niente, lo abbiamo saputo solo gradualmente", aggiunge l'ex presidente della conferenza episcopale argentina, riferendosi proprio ai tanti desaparecidos e all'orrore degli anni della dittatura militare.
Il ruolo di Bergoglio rimane pieno di punti non chiariti anche in un episodio successivo alla caduta del regime. Secondo alcune fonti, nel 1983, con il ritorno della democrazia, l'allora cardinale cercò di far liberare dei sacerdoti che lavoravano nelle bidonville di Buenos Aires e che erano stati sequestrati dai militari.
"Nella vicenda legata al sequestro dei due missionari gesuiti - dice l'avvocato Marcello Gentili, da venti anni difensore di parte civile delle famiglie di 'desaparecidos' - so che Bergoglio si e' difeso dicendo di averli allontanati dalle baraccopoli per salvarli dalle probabili repressioni. E' credibile la sua versione ma di certo per il ruolo che ricopriva all'epoca aveva l'enorme responsabilita' e dovere di denunciare quello che accadeva. La sua voce avrebbe, insomma, avuto un peso rilevante.
Altre fonti e inchieste giornalistiche sostengono invece che fu proprio Bergoglio a denunciare alle autorità i sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics, attivi nella bidonville del 'Bajo Flores' della capitale. Una testimone di quel procedimento, Maria Elena Funes - anch'essa rapita - ha dichiarato che Yorio e Jalics vennero sequestrati dopo che Bergoglio "tolse loro la propria protezione". Nel 'Gesuita' il neo pontefice smentisce totalmente questa ricostruzione precisando di non aver voluto che i due sacerdoti "rimanessero senza protezione".
Sia Yorio sia Jalics vennero dopo qualche tempo liberati: anzitutto perche i militari "non riuscirono ad accusarli ma anche perché - ricostruisce Bergoglio - ci siamo mossi come pazzi" proprio per ottenere il loro rilascio. "Ho iniziato a muovermi" per la loro liberazione "fin dalla notte stessa in cui ho saputo del sequestro", aggiunge Bergoglio, ricordando inoltre che proprio a causa del sequestro incontrò due volte Jorge Rafael Videla, e l'ammiraglio Emilio Massera, tra gli aguzzini più feroci della giunta militare.
"La sua battaglia - si legge in un ritratto del 2005 sul Corriere della Sera firmato da Aldo Cazzullo - gli ha guadagnato la stima dei leader del movimento per i diritti umani, come Alicia de Oli veira, e il rispetto delle madri di Plaza de Mayo, durissime nei confronti della gerarchia cattolica".
Secondo il giornalista "Bergoglio si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita , e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all'opposizione attiva".
In difesa di Bergoglio è sceso in campo anche il premio nobel Adolfo Perez Esquivel (vittima delle torture del regime argentino), secondo cui il Pontefice "non ha avuto nessun legame con la dittatura", aggiungendo però che "possono esserci state omissioni, ma non complicità". Anche il teologo brasiliano Leonardo Boff, uno degli esponenti della teologia della Liberazione, ha assicurato oggi all'agenzia stampa Dpa di non credere alla accuse su presunti legami fra il nuovo Papa, Jorge Bergoglio, e la dittatura argentina.