Mentre continuano i combattimenti, il capo del regime si starebbe muovendo per portare i suoi familiari in Venezuela. L'Onu: governo di transizione con pieni poteri che porti il Paese fino ad elezioni
Di fronte a 45mila morti e al presunto utilizzo di armi chimiche da parte del regime siriano contro il suo popolo, la diplomazia internazionale moltiplica i contatti e i tentativi di trovare una soluzione politica che ponga fine al bagno di sangue in Siria.
La sorte del presidente Bashar al Assad e dei suoi resta il nodo più difficile da superare per aprire al cambiamento auspicato dalle opposizioni, mentre tornano le indiscrezioni su un suo possibile passo per chiedere l'asilo politico per la sua famiglia al Venezuela. Da Damasco, dove tre giorni fa ha incontrato Assad, il mediatore internazionale Lakhdar Brahimi ha chiesto che il cambiamento in Siria sia "reale, non di facciata".
E ha proposto la formazione di un governo di transizione che abbia pieni poteri e che porti il Paese fino ad elezioni, "presidenziali" se ci sarà l'accordo per mantenere un regime presidenziale, o "parlamentari" se al contrario si troverà un'intesa per il cambiamento in questo senso.
Evocando l'accordo del Gruppo d'azione per la Siria del 30 giugno a Ginevra, l'inviato dell'Onu e della Lega araba non ha però menzionato l'eventuale sorte del presidente in questa transizione.
L'opposizione: "Assad deve lasciare il Paese" - Il Consiglio nazionale siriano dell'opposizione ha fermamente ribadito la propria condizione: Assad e i suoi devono lasciare il paese, "al di là di questo, tutte le opzioni sono sul tavolo", ha detto da Istanbul il portavoce del Cns Walid al Bunni.
Da Mosca - dove è in visita il viceministro degli Esteri siriano Faysal al Mokdad, e a breve arriverà Brahimi - il ministro degli Esteri Serhiei Lavrov ha di nuovo ammonito la comunità internazionale che in mancanza di una "soluzione pacifica, ci sarà il caos sanguinario".
Mosca ha inoltre smentito le indiscrezioni - circolate nei giorni scorsi sulla stampa internazionale - sull'esistenza di un accordo tra Russia e Stati Uniti che avrebbe consentito ad Assad di restare al potere fino al termine del suo mandato nel 2014, ma senza la possibilità di ricandidarsi.
Mentre la Francia, in linea con l'opposizione siriana, è tornata ad escludere che Assad, "che ha la responsabilità delle 45 mila vittime del conflitto", possa avere un ruolo nella transizione politica del paese.
Asilo politico per la famiglia - In questo quadro, mentre la situazione sul terreno si aggrava di giorno in giorno e il cerchio attorno ad Assad si stringe con nuove defezioni si torna a parlare della possibilità di asilo politico per la sua famiglia.
A scriverlo stavolta è il quotidiano turco Aksam secondo cui funzionari di Ankara hanno recentemente visitato il ministero degli Esteri venezuelano, confermando l'esistenza di una lettera in questo senso da Damasco.
Nelle scorse settimane era stato il giornale israeliano Haaretz a sostenere che Assad si stava muovendo per cercare rifugio in Venezuela, dopo un viaggio in diversi paesi sudamericani del viceministro degli Esteri al Mokdad, che avrebbe portato a Hugo Chavez una lettera del suo presidente. "Cose da presidenti..." aveva risposto Mokdad in una conferenza stampa a chi gli chiedeva quale fosse il contenuto della missiva.
La sorte del presidente Bashar al Assad e dei suoi resta il nodo più difficile da superare per aprire al cambiamento auspicato dalle opposizioni, mentre tornano le indiscrezioni su un suo possibile passo per chiedere l'asilo politico per la sua famiglia al Venezuela. Da Damasco, dove tre giorni fa ha incontrato Assad, il mediatore internazionale Lakhdar Brahimi ha chiesto che il cambiamento in Siria sia "reale, non di facciata".
E ha proposto la formazione di un governo di transizione che abbia pieni poteri e che porti il Paese fino ad elezioni, "presidenziali" se ci sarà l'accordo per mantenere un regime presidenziale, o "parlamentari" se al contrario si troverà un'intesa per il cambiamento in questo senso.
Evocando l'accordo del Gruppo d'azione per la Siria del 30 giugno a Ginevra, l'inviato dell'Onu e della Lega araba non ha però menzionato l'eventuale sorte del presidente in questa transizione.
L'opposizione: "Assad deve lasciare il Paese" - Il Consiglio nazionale siriano dell'opposizione ha fermamente ribadito la propria condizione: Assad e i suoi devono lasciare il paese, "al di là di questo, tutte le opzioni sono sul tavolo", ha detto da Istanbul il portavoce del Cns Walid al Bunni.
Da Mosca - dove è in visita il viceministro degli Esteri siriano Faysal al Mokdad, e a breve arriverà Brahimi - il ministro degli Esteri Serhiei Lavrov ha di nuovo ammonito la comunità internazionale che in mancanza di una "soluzione pacifica, ci sarà il caos sanguinario".
Mosca ha inoltre smentito le indiscrezioni - circolate nei giorni scorsi sulla stampa internazionale - sull'esistenza di un accordo tra Russia e Stati Uniti che avrebbe consentito ad Assad di restare al potere fino al termine del suo mandato nel 2014, ma senza la possibilità di ricandidarsi.
Mentre la Francia, in linea con l'opposizione siriana, è tornata ad escludere che Assad, "che ha la responsabilità delle 45 mila vittime del conflitto", possa avere un ruolo nella transizione politica del paese.
Asilo politico per la famiglia - In questo quadro, mentre la situazione sul terreno si aggrava di giorno in giorno e il cerchio attorno ad Assad si stringe con nuove defezioni si torna a parlare della possibilità di asilo politico per la sua famiglia.
A scriverlo stavolta è il quotidiano turco Aksam secondo cui funzionari di Ankara hanno recentemente visitato il ministero degli Esteri venezuelano, confermando l'esistenza di una lettera in questo senso da Damasco.
Nelle scorse settimane era stato il giornale israeliano Haaretz a sostenere che Assad si stava muovendo per cercare rifugio in Venezuela, dopo un viaggio in diversi paesi sudamericani del viceministro degli Esteri al Mokdad, che avrebbe portato a Hugo Chavez una lettera del suo presidente. "Cose da presidenti..." aveva risposto Mokdad in una conferenza stampa a chi gli chiedeva quale fosse il contenuto della missiva.