In vista della consultazione sulla nuova Costituzione in programma per sabato 15 dicembre, il presidente ha conferito ai militari poteri di polizia, compreso quello di effettuare arresti. Protesta Amnesty International
Con una mossa destinata a inasprire ulteriormente la tensione in Egitto, in vista del referendum sulla nuova Costituzione in programma per sabato prossimo, il presidente Mohamed Morsi ha conferito all'Esercito poteri di polizia, compreso quello di effettuare direttamente arresti. Questo il contenuto di un decreto che sarà pubblicato domani 11 dicembre sulla Gazzetta Ufficiale egiziana, ma che il leader islamista ha voluto promulgare in anticipo, considerate la manifestazioni contrapposte in programma per la stessa giornata, pro e contro Morsi. Nel decreto si ordina inoltre ai militari di prestare piena "collaborazione" alle forze dell'ordine fino all'ufficializzazione dei risultati referendari. La consultazione è contestata dalle opposizioni, che hanno boicottato i lavori dell'Assemblea Costituente, dominata dai Fratelli Musulmani e dai salafiti.
Malgrado la sua natura limitata, l'editto fa tornare alla mente la legge di emergenza di Hosni Mubarak, anch'essa introdotta come espediente temporaneo, sotto la quale tribunali militari e per la sicurezza dello stato processarono migliaia di dissidenti politici e militanti islamici. Una fonte governativa ha spiegato che i ministri hanno rivisto il decreto la scorsa settimana, dicendo che i soldati hanno garantito la sicurezza alle elezioni durante la transizione dal governo militare dopo Mubarak, ma che il presidente egiziano, in quanto civile, ha bisogno di fare un decreto per far sì che le truppe possano avere quel ruolo.
Amnesty International ha definito "preoccupante" il nuovo decreto. Parlando al quotidiano 'Guardian', l'esponente di Amnesty Mohamed Lofty ha ricordato il "record di arresti da parte dell'esercito (egiziano, ndr) nell'ultimo anno e mezzo", ovvero da quando è scoppiata la rivolta contro Hosni Mubarak. "Abbiamo visto come hanno trattato i detenuti e come li hanno processati in tribunali militari", ha detto, ricordando che "i civili non hanno avuto un processo equo nei tribunali militari". Lofty ha poi sottolineato come "il codice penale egiziano limiti la libertà di espressione dei media, gli scioperi e la libertà di riunirsi. Questo, collegato con le nuove leggi del 21 novembre sulla 'protezione della rivoluzione', consentono al pubblico ministero di mettere le persone in detenzione preventiva per un massimo di sei mesi per offese al codice penale". Tra le persone a rischio ci sono i giornalisti e chi sciopera, oltre ai manifestanti e a coloro che il codice penale identifica come 'teppisti'.
Malgrado la sua natura limitata, l'editto fa tornare alla mente la legge di emergenza di Hosni Mubarak, anch'essa introdotta come espediente temporaneo, sotto la quale tribunali militari e per la sicurezza dello stato processarono migliaia di dissidenti politici e militanti islamici. Una fonte governativa ha spiegato che i ministri hanno rivisto il decreto la scorsa settimana, dicendo che i soldati hanno garantito la sicurezza alle elezioni durante la transizione dal governo militare dopo Mubarak, ma che il presidente egiziano, in quanto civile, ha bisogno di fare un decreto per far sì che le truppe possano avere quel ruolo.
Amnesty International ha definito "preoccupante" il nuovo decreto. Parlando al quotidiano 'Guardian', l'esponente di Amnesty Mohamed Lofty ha ricordato il "record di arresti da parte dell'esercito (egiziano, ndr) nell'ultimo anno e mezzo", ovvero da quando è scoppiata la rivolta contro Hosni Mubarak. "Abbiamo visto come hanno trattato i detenuti e come li hanno processati in tribunali militari", ha detto, ricordando che "i civili non hanno avuto un processo equo nei tribunali militari". Lofty ha poi sottolineato come "il codice penale egiziano limiti la libertà di espressione dei media, gli scioperi e la libertà di riunirsi. Questo, collegato con le nuove leggi del 21 novembre sulla 'protezione della rivoluzione', consentono al pubblico ministero di mettere le persone in detenzione preventiva per un massimo di sei mesi per offese al codice penale". Tra le persone a rischio ci sono i giornalisti e chi sciopera, oltre ai manifestanti e a coloro che il codice penale identifica come 'teppisti'.