Black out di Internet, ecco la mappa dei Paesi a rischio
MondoDopo lo spegnimento della Rete in Siria, una società di consulenza ha realizzato un indice "tecnico" per stabilire quanto facilmente uno stato possa essere tagliato fuori dalle connessioni globali. Libia, Myanmar e Tunisia tra i paesi più a rischio
di Raffaele Mastrolonardo
Pochi giorni fa è accaduto in Siria. L'anno scorso in Egitto e, seppure con dinamiche diverse, alla Libia. Di colpo o gradualmente, le connessioni Internet hanno smesso di funzionare e, per volontà dei rispettivi governi, i tre Paesi sono rimasti tagliati fuori dalla Rete globale. Proprio il blackout siriano, giunto quasi in concomitanza con un'importante conferenza Onu sulle telecomunicazioni che si svolge in questi giorni a Dubai, ha spinto la società di analisi e consulenza Renesys a mettere a punto un indice del rischio "tecnico" di disconnessione dei diversi paesi. Il risultato, visualizzato in una mappa, rivela in quali stati un eventuale spegnimento di Internet risulterebbe tecnicamente più agevole. O, detto in altri termini, quanta fatica dovrebbe fare l'autocrate di turno per privare i propri cittadini del collegamento con il resto del mondo.
Stati al buio – Alla fine dei conti, tra i Paesi più a rischio di blackout, secondo la ricerca, ci sono la Libia, il Myanmar e la Tunisia; tra quelli più al riparo, gli Stati Uniti, il Canada e la maggior parte delle nazioni europee. Fin qui nessuna sorpresa, dunque, visto che i primi sono retti da governi autocratici o comunque in cerca di stabilità, mentre i secondi sono considerati democrazie avanzate. Quel che può stupire, semmai, è che nella fascia dei più esposti all'eventuale disconnessione di massa ci sia la Groenlandia, non certo nota alle cronache come luogo turbolento né retto da regime autoritario. Ma proprio l'inserimento dell'Isola verde nel gruppo più in pericolo illustra la metodologia e lo scopo dello studio di Renesys, che non valuta il rischio politico ma solo quello tecnico. In questa analisi, infatti, la possibilità che uno stato sia tagliato fuori dalla Rete è calcolata sulla base del numero di fornitori di connettività Internet locali (Isp) che hanno la possibilità di connettersi direttamente con operatori oltre confine. Quanto più questo numero è basso, tanto più agevole potrebbe essere per un governo isolare il proprio territorio. E' il caso di Libia, Myanmar e Tunisia. Ma anche di Algeria, Etiopia, Yemen e, appunto Groenlandia: in tutti questi luoghi gli operatori che hanno licenza di trasportare traffico dati e voce dentro e fuori dai confini sono al massimo due. In tutto si tratta di sessantuno Paesi nei quali per chiudere la Rete basterebbero, in linea teorica, un paio di telefonate, o un paio di decreti o di attacchi alle infrastrutture. “In queste circostanze – afferma Renesys – è quasi banale per un governo emanare un decreto che spenga Internet”. Lo scarso numero di soggetti collegati con il resto del mondo può dipendere, secondo l'azienda, da varie ragioni. Nel caso della Groenlandia, per esempio si tratta di motivi geografici, in altri di un contesto di mercato in cui aziende di proprietà statale agiscono in regime di monopolio.
Fasce - L'indice di Renesys contempla, oltre a quella degli stati più esposti, altre tre fasce di pericolo. Nella seconda, quella definita a “rischio significativo”, sono ricompresi le nazioni in cui gli Isp collegati internazionalmente sono meno di 10: in questa condizione si trovano 72 stati, tra cui Iran, Pakistan e Egitto (a Mubarak, ricorda Renesys, furono necessari svariati giorni per raggiungere l'obiettivo). Nella terza fascia, quella definita a “rischio basso”, ricadono gli stati in cui gli Isp connessi oltreconfine sono tra i 10 e i 40; in tutto 58 nazioni, tra cui Israele, Messico e Cina. Infine, c'è il gruppo dei cosiddetti “resistenti”, quei 32 Paesi, tra cui l'Italia, in cui gli operatori connessi all'estero sono troppi per poter pensare ad una disconnessione totale. Certo, precisa Renesys, “un governo potrebbe limitare in modo significativo la connettività a Internet chiudendo gli Isp più grandi, ma – rassicura - resterebbero comunque vari canali verso l'Internet globale”.
Pochi giorni fa è accaduto in Siria. L'anno scorso in Egitto e, seppure con dinamiche diverse, alla Libia. Di colpo o gradualmente, le connessioni Internet hanno smesso di funzionare e, per volontà dei rispettivi governi, i tre Paesi sono rimasti tagliati fuori dalla Rete globale. Proprio il blackout siriano, giunto quasi in concomitanza con un'importante conferenza Onu sulle telecomunicazioni che si svolge in questi giorni a Dubai, ha spinto la società di analisi e consulenza Renesys a mettere a punto un indice del rischio "tecnico" di disconnessione dei diversi paesi. Il risultato, visualizzato in una mappa, rivela in quali stati un eventuale spegnimento di Internet risulterebbe tecnicamente più agevole. O, detto in altri termini, quanta fatica dovrebbe fare l'autocrate di turno per privare i propri cittadini del collegamento con il resto del mondo.
Stati al buio – Alla fine dei conti, tra i Paesi più a rischio di blackout, secondo la ricerca, ci sono la Libia, il Myanmar e la Tunisia; tra quelli più al riparo, gli Stati Uniti, il Canada e la maggior parte delle nazioni europee. Fin qui nessuna sorpresa, dunque, visto che i primi sono retti da governi autocratici o comunque in cerca di stabilità, mentre i secondi sono considerati democrazie avanzate. Quel che può stupire, semmai, è che nella fascia dei più esposti all'eventuale disconnessione di massa ci sia la Groenlandia, non certo nota alle cronache come luogo turbolento né retto da regime autoritario. Ma proprio l'inserimento dell'Isola verde nel gruppo più in pericolo illustra la metodologia e lo scopo dello studio di Renesys, che non valuta il rischio politico ma solo quello tecnico. In questa analisi, infatti, la possibilità che uno stato sia tagliato fuori dalla Rete è calcolata sulla base del numero di fornitori di connettività Internet locali (Isp) che hanno la possibilità di connettersi direttamente con operatori oltre confine. Quanto più questo numero è basso, tanto più agevole potrebbe essere per un governo isolare il proprio territorio. E' il caso di Libia, Myanmar e Tunisia. Ma anche di Algeria, Etiopia, Yemen e, appunto Groenlandia: in tutti questi luoghi gli operatori che hanno licenza di trasportare traffico dati e voce dentro e fuori dai confini sono al massimo due. In tutto si tratta di sessantuno Paesi nei quali per chiudere la Rete basterebbero, in linea teorica, un paio di telefonate, o un paio di decreti o di attacchi alle infrastrutture. “In queste circostanze – afferma Renesys – è quasi banale per un governo emanare un decreto che spenga Internet”. Lo scarso numero di soggetti collegati con il resto del mondo può dipendere, secondo l'azienda, da varie ragioni. Nel caso della Groenlandia, per esempio si tratta di motivi geografici, in altri di un contesto di mercato in cui aziende di proprietà statale agiscono in regime di monopolio.
Fasce - L'indice di Renesys contempla, oltre a quella degli stati più esposti, altre tre fasce di pericolo. Nella seconda, quella definita a “rischio significativo”, sono ricompresi le nazioni in cui gli Isp collegati internazionalmente sono meno di 10: in questa condizione si trovano 72 stati, tra cui Iran, Pakistan e Egitto (a Mubarak, ricorda Renesys, furono necessari svariati giorni per raggiungere l'obiettivo). Nella terza fascia, quella definita a “rischio basso”, ricadono gli stati in cui gli Isp connessi oltreconfine sono tra i 10 e i 40; in tutto 58 nazioni, tra cui Israele, Messico e Cina. Infine, c'è il gruppo dei cosiddetti “resistenti”, quei 32 Paesi, tra cui l'Italia, in cui gli operatori connessi all'estero sono troppi per poter pensare ad una disconnessione totale. Certo, precisa Renesys, “un governo potrebbe limitare in modo significativo la connettività a Internet chiudendo gli Isp più grandi, ma – rassicura - resterebbero comunque vari canali verso l'Internet globale”.