Camera a maggioranza repubblicana, Senato ai democratici. Gli americani sono stati chiamati a votare l'intera Camera dei Rappresentanti, 435 membri, e un terzo del Senato, 33 su 100 componenti. LO SPECIALE
Il congresso americano resta spaccato, con la Camera a maggioranza repubblicana e il Senato ai democratici, lasciando intravedere altri anni difficili e di lotte per l'approvazione di ogni misura (LO SPECIALE). A partire dal cosiddetto 'fiscal cliff', ovvero il nodo tasse-spesa, la vera prima sfida del presidente rieletto, Barack Obama. E anche se Obama, a differenza dei primi quattro anni, si presenta più forte perché non ha nulla da perdere, superare e imporsi su un Congresso diviso e lacerato, come dimostrato dalla battaglia per l'aumento del tetto del debito costata agli Stati Uniti il primo downgrade delle loro storia, non sarà facile, anche per un presidente al suo secondo e ultimo mandato. Obama dovrà rivendicare e affermare quella 'leadership' che l'ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, gli ha sempre rimproverato di non avere.
Camera ai repubblicani - Gli americani sono stati chiamati a votare l'intera Camera dei Rappresentanti, 435 membri, e un terzo del Senato, 33 su 100 componenti. Secondo i dati parziali di Fox News, la vittoria di Barack Obama non 'trascina' i voti per la Camera dei Rappresentanti, che è rimasta saldamente nelle mani dei repubblicani: hanno finora il controllo di 223 seggi (per la maggioranza ne servono 218), a fronte dei 169 democratici (43 sono ancora da assegnare). L'elefantino registra però un lieve calo rispetto ai risultati del 2010.
Il Senato resta ai democratici - Il Senato, invece, resta nelle mani del partito dell'Asinello, che detiene ora 51 seggi (la maggioranza minima), a fronte dei 44
repubblicani (3 seggi sono ancora da assegnare). Nelle elezioni di midterm di 2 anni fa il partito democratico ne aveva totalizzati 53.
I seggi in palio al Senato erano 33, quelli alla Camera un terzo del totale. Secondo la Cnn, proprio alla Camera si sarebbe registrato il successo di candidati più estremisti
rispetto agli sfidanti più moderati di entrambi gli schieramenti, con la conseguenza di un ramo del Congresso fortemente polarizzato. "Con questo voto il popolo americano ha fatto capire chiaramente che è contrario all'innalzamento delle tasse", ha affermato lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, ai sostenitori del Grand Old Party riuniti nel Ronald Reagan Building di Washington.
Il Congresso nel 2008 - Obama, quando è stato eletto nel 2008, aveva un Congresso democratico. I repubblicani hanno conquistato la maggioranza alle elezioni di mid-term. Nonostante nei primi due anni di governo (2008-2010) Obama avesse la maggioranza, l'intransigenza del partito repubblicano ha spesso bloccato o rallentato l'attività legislativa. Ostaggio dell'ala estremista dei Tea Party, il Grand Old Party, soprattutto al Senato, ha optato infatti per l'ostruzionismo più sfrenato, su ogni provvedimento. Secondo il regolamento della Camera Alta servono infatti almeno 60 voti, cioè 10 in più della maggioranza semplice, per portare un progetto di legge al voto dell'Aula, al 'floor'. Così i repubblicani hanno avuto gioco facile per bloccare tantissime proposte di Obama: dalla riforma dell'immigrazione alla lotta alle emissioni, fino al taglio delle tasse per i più ricchi. Ma sono anche riusciti a bloccare tante nomine del presidente, anche quelle meno rilevanti. Sempre il regolamento prevede che il veto anche di un solo senatore fa slittare tutto. Non a caso, secondo tutti i sondaggi, la popolarità del Congresso tra i cittadini americani è ai minimi storici, tra quella di Fidel Castro e quella del regime nordcoreano.
Camera ai repubblicani - Gli americani sono stati chiamati a votare l'intera Camera dei Rappresentanti, 435 membri, e un terzo del Senato, 33 su 100 componenti. Secondo i dati parziali di Fox News, la vittoria di Barack Obama non 'trascina' i voti per la Camera dei Rappresentanti, che è rimasta saldamente nelle mani dei repubblicani: hanno finora il controllo di 223 seggi (per la maggioranza ne servono 218), a fronte dei 169 democratici (43 sono ancora da assegnare). L'elefantino registra però un lieve calo rispetto ai risultati del 2010.
Il Senato resta ai democratici - Il Senato, invece, resta nelle mani del partito dell'Asinello, che detiene ora 51 seggi (la maggioranza minima), a fronte dei 44
repubblicani (3 seggi sono ancora da assegnare). Nelle elezioni di midterm di 2 anni fa il partito democratico ne aveva totalizzati 53.
I seggi in palio al Senato erano 33, quelli alla Camera un terzo del totale. Secondo la Cnn, proprio alla Camera si sarebbe registrato il successo di candidati più estremisti
rispetto agli sfidanti più moderati di entrambi gli schieramenti, con la conseguenza di un ramo del Congresso fortemente polarizzato. "Con questo voto il popolo americano ha fatto capire chiaramente che è contrario all'innalzamento delle tasse", ha affermato lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, ai sostenitori del Grand Old Party riuniti nel Ronald Reagan Building di Washington.
Il Congresso nel 2008 - Obama, quando è stato eletto nel 2008, aveva un Congresso democratico. I repubblicani hanno conquistato la maggioranza alle elezioni di mid-term. Nonostante nei primi due anni di governo (2008-2010) Obama avesse la maggioranza, l'intransigenza del partito repubblicano ha spesso bloccato o rallentato l'attività legislativa. Ostaggio dell'ala estremista dei Tea Party, il Grand Old Party, soprattutto al Senato, ha optato infatti per l'ostruzionismo più sfrenato, su ogni provvedimento. Secondo il regolamento della Camera Alta servono infatti almeno 60 voti, cioè 10 in più della maggioranza semplice, per portare un progetto di legge al voto dell'Aula, al 'floor'. Così i repubblicani hanno avuto gioco facile per bloccare tantissime proposte di Obama: dalla riforma dell'immigrazione alla lotta alle emissioni, fino al taglio delle tasse per i più ricchi. Ma sono anche riusciti a bloccare tante nomine del presidente, anche quelle meno rilevanti. Sempre il regolamento prevede che il veto anche di un solo senatore fa slittare tutto. Non a caso, secondo tutti i sondaggi, la popolarità del Congresso tra i cittadini americani è ai minimi storici, tra quella di Fidel Castro e quella del regime nordcoreano.