Violenti combattimenti tra ribelli e truppe del regime nella città proclamata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità . Bombe su una moschea. Raid anche nella provincia di Idlib. Si registrano decine di vittime, tra cui anche bambini
Altri bambini uccisi, insieme a molti altri civili, altri danni irreparabili al patrimonio culturale: il conflitto siriano è proseguito nella giornata del 1 ottobre con bombardamenti che non hanno risparmiato i più piccoli e con scontri accaniti anche all'interno dello storico Suk di Aleppo (dichiarata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità), già colpito da un incendio due giorni fa. Almeno 21 persone, tra le quali otto bambini, sono rimaste uccise in un bombardamento sulla città di Salqin, situata nella provincia nord-orientale di Idlib, secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). I Comitati locali di coordinamento (Lcc) dell'opposizione affermano invece che le vittime sono state 30.
Anche il regime accusa di atrocità l'opposizione armata. Diciassette civili, riferisce l'agenzia governativa Sana, sono stati uccisi il 30 settembre da "terroristi" ad Al Haidariya, un villaggio nella provincia di Homs, e diversi altri sono stati rapiti. Mentre il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem, dalla tribuna dell'Assemblea generale dell'Onu, ha accusato gli Stati Uniti, la Francia, il Qatar, l'Arabia Saudita e la Turchia di "appoggiare il terrorismo" in Siria con armi e denaro. Muallem ha anche respinto, come macroscopiche interferenze, le richieste di dimissioni del presidente Bashar al Assad. Da parte sua il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha condannato con forza il regime per le uccisioni e gli abusi nei confronti della popolazione civile, denunciando soprattutto gli attacchi aerei e dell'artiglieria. Parole che però non hanno l'effetto di fermare le violenze, mentre il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che l'Alleanza non ha nessuna intenzione di intervenire, ritenendo che la "soluzione sia politica". Niente sembra più lontano di una tale soluzione.
Almeno cento persone, secondo l'Ondus, sono morte nella sola giornata del 1 ottobre, di cui 65 civili, 11 ribelli e 26 soldati governativi. La battaglia più accanita si svolge ancora ad Aleppo, seconda città del Paese che la settimana scorsa i ribelli avevano detto di apprestarsi a conquistare con una "offensiva decisiva". Asserragliati nello storico Suk, dove 500 negozi sono già andati distrutti nell'incendio dei giorni scorsi, gli oppositori armati resistono agli assalti delle forze governative. Ma scontri e bombardamenti sono avvenuti anche in altri quartieri. Una bomba, secondo gli attivisti dell'opposizione, è caduta anche sulla moschea di Othman Bin Mathun, nell'area di Masaken Hanano. Due i morti secondo l'Ondus, 11 secondo gli Lcc.
I media del regime rispondono affermando che le forze lealiste hanno condotto "operazioni qualificate" dirette solo contro "terroristi", nelle quali 235 ribelli sono stati uccisi. Almeno 18 soldati governativi invece, secondo l'Ondus, sono stati uccisi nella provincia di Homs e altri 30 uccisi in un'imboscata dei ribelli. L'attacco, precisa la fonte, è avvenuto sulla strada tra Homs e Palmyra contro un convoglio di autobus, camion e automobili. Dapprima sono state fatte esplodere delle bombe piazzate lungo la strada e poi il convoglio è stato attaccato dai ribelli.
Anche il regime accusa di atrocità l'opposizione armata. Diciassette civili, riferisce l'agenzia governativa Sana, sono stati uccisi il 30 settembre da "terroristi" ad Al Haidariya, un villaggio nella provincia di Homs, e diversi altri sono stati rapiti. Mentre il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem, dalla tribuna dell'Assemblea generale dell'Onu, ha accusato gli Stati Uniti, la Francia, il Qatar, l'Arabia Saudita e la Turchia di "appoggiare il terrorismo" in Siria con armi e denaro. Muallem ha anche respinto, come macroscopiche interferenze, le richieste di dimissioni del presidente Bashar al Assad. Da parte sua il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha condannato con forza il regime per le uccisioni e gli abusi nei confronti della popolazione civile, denunciando soprattutto gli attacchi aerei e dell'artiglieria. Parole che però non hanno l'effetto di fermare le violenze, mentre il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che l'Alleanza non ha nessuna intenzione di intervenire, ritenendo che la "soluzione sia politica". Niente sembra più lontano di una tale soluzione.
Almeno cento persone, secondo l'Ondus, sono morte nella sola giornata del 1 ottobre, di cui 65 civili, 11 ribelli e 26 soldati governativi. La battaglia più accanita si svolge ancora ad Aleppo, seconda città del Paese che la settimana scorsa i ribelli avevano detto di apprestarsi a conquistare con una "offensiva decisiva". Asserragliati nello storico Suk, dove 500 negozi sono già andati distrutti nell'incendio dei giorni scorsi, gli oppositori armati resistono agli assalti delle forze governative. Ma scontri e bombardamenti sono avvenuti anche in altri quartieri. Una bomba, secondo gli attivisti dell'opposizione, è caduta anche sulla moschea di Othman Bin Mathun, nell'area di Masaken Hanano. Due i morti secondo l'Ondus, 11 secondo gli Lcc.
I media del regime rispondono affermando che le forze lealiste hanno condotto "operazioni qualificate" dirette solo contro "terroristi", nelle quali 235 ribelli sono stati uccisi. Almeno 18 soldati governativi invece, secondo l'Ondus, sono stati uccisi nella provincia di Homs e altri 30 uccisi in un'imboscata dei ribelli. L'attacco, precisa la fonte, è avvenuto sulla strada tra Homs e Palmyra contro un convoglio di autobus, camion e automobili. Dapprima sono state fatte esplodere delle bombe piazzate lungo la strada e poi il convoglio è stato attaccato dai ribelli.