Netta vittoria dei liberali e laburisti che, in maniera del tutto inattesa, risultano poter avere un’ampia maggioranza per formare il prossimo governo. Crolla la destra populista ed euroscettica di Geert Wilders
Buone notizie per l'Europa dall'Olanda. I due maggiori partiti moderati e europeisti - i liberali e i laburisti - hanno sbancato le urne nelle elezioni politiche anticipate del 12 settembre, mentre la destra populista ed euroscettica di Geert Wilders è crollata. Il partito liberal-conservatori del Vvd del premier uscente Mark Rutte ha sorpassato di poco il partito laburista (PvdA) del giovane e carismatico Diederik Samsom (41 seggi contro 39 su un totale di 150 seggi che compongono la Camera bassa). Insieme, teoricamente, queste due formazioni risultano poter avere un'ampia maggioranza, del tutto inattesa, per formare il prossimo governo. Il leader dell'estrema destra populista Geert Wilders con il suo Partito per la libertà, ha ammesso la sconfitta, dopo aver perso nove seggi, da 24 a 15. Anche gli euroscettici del partito socialista non hanno guadagnato voti, ma sono rimasti stabili a 15 seggi. I cristiano democratici, che nel governo uscente fatto cadere la scorsa primavera da Wilders, facevano parte della coalizione, hanno perso dieci seggi rispetto alla legislatura iniziata nel 2010, e possono ora contare solo su 13 deputati. Il gruppo di sinistra D66 ha infine vinto 12 seggi (più due) i Verdi ne hanno persi sette, fermandosi a tre.
Tagliate le ali alle 'estreme', cresciuti tutti i partiti europeisti, appaiono dunque scongiurati i timori che il voto potesse far scarrozzare l'Olanda, Paese-colonna dell'euro, verso una deriva euroscettica o addirittura antieuropeista, com'era paventato solo poche settimane fa. Che avrebbe potuto creare un effetto-domino psicologico su altri Paesi, fra cui la Germania, che vota l'anno prossimo e che, come l'Olanda, rimugina nell'opinione pubblica un profondo scontento per l'enorme quantità di denaro che viene drenata per sostenere "l'indisciplinato" sud d'Europa.
La crescita "fulminea" del PvdA di Samsom è stata frutto del suo programma di europeismo e austerità "sostenibili", che il suo carisma personale è riuscito a rendere credibile. Un carisma che gli olandesi hanno scoperto solo negli ultimi tempi, soprattutto nell'infinita serie di dibattiti e talk show televisivi fra leader politici, dov'è apparso competente, calmo, intelligente e sicuro di sé rendendo credibile il suo programma al contempo realista e "sociale". La crescita di Rutte viaggiava invece su un'onda più lunga, partita quando il suo governo cadde lo scorso aprile, facendolo apparire l'unico riferimento politico liberista e conservatore credibile dopo la traumatica uscita dalla maggioranza di Wilders e lo sfaldamento dell'ex alleato Cda. Rutte è sempre apparso serio e preparato e ha intelligentemente mantenuto una stretta connessione fra la coerenza del suo programma di riforme e tagli dolorosi e le necessità del Paese. Riuscendo a schivare così il malcontento nei confronti dell'Europa e le provocatorie accuse, fattegli soprattutto dalle due ali euroscettiche a destra e sinistra, di essere al servizio degli eurocrati o il galoppino della Germania di Angela Merkel: "Non faccio questo per Bruxelles, ma perché è un bene per la nostra economia", ha detto Rutte nell'ultimo dibattito in tv.
La forza dimostrata dai due partiti maggiori è ancora una volta segno che nella maggioranza degli olandesi, che eleggono con sistema proporzionale una pletora di partiti grandi e piccoli (erano 21 i simboli sulla scheda) e si fanno un'idea spesso all'ultimo momento, prevale quasi sempre un atteggiamento "razionale", tipico di un Paese ricco e tranquillo, abituato da sempre a stare unito piuttosto che a dividersi.
Tagliate le ali alle 'estreme', cresciuti tutti i partiti europeisti, appaiono dunque scongiurati i timori che il voto potesse far scarrozzare l'Olanda, Paese-colonna dell'euro, verso una deriva euroscettica o addirittura antieuropeista, com'era paventato solo poche settimane fa. Che avrebbe potuto creare un effetto-domino psicologico su altri Paesi, fra cui la Germania, che vota l'anno prossimo e che, come l'Olanda, rimugina nell'opinione pubblica un profondo scontento per l'enorme quantità di denaro che viene drenata per sostenere "l'indisciplinato" sud d'Europa.
La crescita "fulminea" del PvdA di Samsom è stata frutto del suo programma di europeismo e austerità "sostenibili", che il suo carisma personale è riuscito a rendere credibile. Un carisma che gli olandesi hanno scoperto solo negli ultimi tempi, soprattutto nell'infinita serie di dibattiti e talk show televisivi fra leader politici, dov'è apparso competente, calmo, intelligente e sicuro di sé rendendo credibile il suo programma al contempo realista e "sociale". La crescita di Rutte viaggiava invece su un'onda più lunga, partita quando il suo governo cadde lo scorso aprile, facendolo apparire l'unico riferimento politico liberista e conservatore credibile dopo la traumatica uscita dalla maggioranza di Wilders e lo sfaldamento dell'ex alleato Cda. Rutte è sempre apparso serio e preparato e ha intelligentemente mantenuto una stretta connessione fra la coerenza del suo programma di riforme e tagli dolorosi e le necessità del Paese. Riuscendo a schivare così il malcontento nei confronti dell'Europa e le provocatorie accuse, fattegli soprattutto dalle due ali euroscettiche a destra e sinistra, di essere al servizio degli eurocrati o il galoppino della Germania di Angela Merkel: "Non faccio questo per Bruxelles, ma perché è un bene per la nostra economia", ha detto Rutte nell'ultimo dibattito in tv.
La forza dimostrata dai due partiti maggiori è ancora una volta segno che nella maggioranza degli olandesi, che eleggono con sistema proporzionale una pletora di partiti grandi e piccoli (erano 21 i simboli sulla scheda) e si fanno un'idea spesso all'ultimo momento, prevale quasi sempre un atteggiamento "razionale", tipico di un Paese ricco e tranquillo, abituato da sempre a stare unito piuttosto che a dividersi.