Il responsabile della sicurezza dell'ambasciatore italiano a Sanaa è stato sequestrato da uomini armati. Sarebbe stato preso in ostaggio nel quartiere di Hadda, nel sud-ovest della capitale. La Farnesina: "Attivati tutti i canali"
Un carabiniere italiano addetto alla sicurezza dell'ambasciata d'Italia a Sanaa, in Yemen, è stato rapito domenica 29 luglio da uomini armati nei pressi della sede diplomatica, situata nel quartiere di Hadda, nella parte sudoccidentale della capitale yemenita. Non si sa con certezza chi sia stato a catturarlo anche se, secondo fonti qualificate della sicurezza, i rapitori sarebbero un gruppo di criminali locali, privo di legami con le numerose cellule di Al Qaida presenti nel Paese.
Il rapimento - Il carabiniere - che secondo alcune fonti non confermate si chiamerebbe Alessandro - al momento della cattura era fuori servizio e si trovava, in borghese, in un negozio nelle vicinanze dell'ambasciata per fare acquisti personali. Lì è stato prelevato da un gruppo di uomini armati. La Farnesina ha immediatamente attivato tutti i canali in loco mantenendo, come sempre accade in questi casi, "il più stretto riserbo" sulla vicenda. Nel frattempo, il ministero degli Esteri ha disposto il rientro a Sanaa dell'ambasciatore italiano in Yemen Alessandro Fallavollita, che si mantiene in continuo e diretto contatto con la Farnesina e l'Unità di Crisi.
Si escluderebbe l'ipotesi terroristica - La polizia locale ha aperto un'inchiesta per tentare di identificare i rapitori e la località dove è stato condotto l'italiano. Oltre a fonti qualificate della sicurezza italiana, l'ipotesi terroristica è esclusa anche da Arhab al Sahri, presidente dell'Associazione italo-yemenita e attualmente residente a Sanaa. "E' certo che non si tratta di un sequestro ad opera di Al Qaida ma probabilmente di gruppi tribali che usano gli ostaggi come merce di scambio per chiedere qualcosa al governo", ha affermato al-Sahri, ricordando come anche l'ultimo caso di sequestro di italiani in Yemen - cinque turisti, catturati alla fine del 2005 - fu ad opera di una tribù locale. Al-Sahri, inoltre, ha escluso qualsiasi legame tra il rapimento del carabiniere e l'assalto al ministero degli Interni avvenuto in mattinata a Sanaa.
Tensioni in Yemen, preso d'assalto il Ministero - Il sequestro è avvenuto in una giornata particolarmente caotica e drammatica per la capitale yemenita. Un centinaio di uomini armati, appartenenti a varie tribù, hanno contemporaneamente preso d'assalto il Ministero degli Interni chiedendo di essere arruolati nelle forze di polizia. Il commando ha anche preso in ostaggio alcuni impiegati e li ha rilasciati dopo alcune ore.
L'episodio si inserisce nel contesto di endemica instabilità che segna lo Yemen, il più povero tra i Paesi della penisola arabica. Instabilità che non sembra essersi attenuata dopo l'uscita di Saleh, che dopo 34 anni al potere ha ceduto all'onda della primavera araba (che in Yemen ha registrato uno dei suoi picchi) prendendo la via di un ufficioso esilio in Usa e lasciando la guida del Paese al suo vice, Abd Rabbo Mansour Hadi, eletto il 21 febbraio scorso come presidente provvisorio dello Yemen.
Questa exit strategy 'morbida', appoggiata da Usa, Onu e Arabia Saudita e che prevede una transizione biennale prima di nuove elezioni multipartitiche, non ha tuttavia migliorato la sicurezza nel Paese. Dove Al Qaida, che qui ha uno dei suoi rifugi principali, continua a mietere vittime mentre il sequestro resta una delle armi più usate non solo dai gruppi terroristici ma anche dalle tribù locali. Attualmente, sono in mano ai loro rapitori un'insegnante svizzera e un diplomatico saudita, entrambi catturati nel marzo scorso, mentre negli ultimi 15 anni più di 200 persone sono cadute nelle mani di sequestratori. Dalle quali, nella maggior parte dei casi, sono uscite sane e salve.
Il rapimento - Il carabiniere - che secondo alcune fonti non confermate si chiamerebbe Alessandro - al momento della cattura era fuori servizio e si trovava, in borghese, in un negozio nelle vicinanze dell'ambasciata per fare acquisti personali. Lì è stato prelevato da un gruppo di uomini armati. La Farnesina ha immediatamente attivato tutti i canali in loco mantenendo, come sempre accade in questi casi, "il più stretto riserbo" sulla vicenda. Nel frattempo, il ministero degli Esteri ha disposto il rientro a Sanaa dell'ambasciatore italiano in Yemen Alessandro Fallavollita, che si mantiene in continuo e diretto contatto con la Farnesina e l'Unità di Crisi.
Si escluderebbe l'ipotesi terroristica - La polizia locale ha aperto un'inchiesta per tentare di identificare i rapitori e la località dove è stato condotto l'italiano. Oltre a fonti qualificate della sicurezza italiana, l'ipotesi terroristica è esclusa anche da Arhab al Sahri, presidente dell'Associazione italo-yemenita e attualmente residente a Sanaa. "E' certo che non si tratta di un sequestro ad opera di Al Qaida ma probabilmente di gruppi tribali che usano gli ostaggi come merce di scambio per chiedere qualcosa al governo", ha affermato al-Sahri, ricordando come anche l'ultimo caso di sequestro di italiani in Yemen - cinque turisti, catturati alla fine del 2005 - fu ad opera di una tribù locale. Al-Sahri, inoltre, ha escluso qualsiasi legame tra il rapimento del carabiniere e l'assalto al ministero degli Interni avvenuto in mattinata a Sanaa.
Tensioni in Yemen, preso d'assalto il Ministero - Il sequestro è avvenuto in una giornata particolarmente caotica e drammatica per la capitale yemenita. Un centinaio di uomini armati, appartenenti a varie tribù, hanno contemporaneamente preso d'assalto il Ministero degli Interni chiedendo di essere arruolati nelle forze di polizia. Il commando ha anche preso in ostaggio alcuni impiegati e li ha rilasciati dopo alcune ore.
L'episodio si inserisce nel contesto di endemica instabilità che segna lo Yemen, il più povero tra i Paesi della penisola arabica. Instabilità che non sembra essersi attenuata dopo l'uscita di Saleh, che dopo 34 anni al potere ha ceduto all'onda della primavera araba (che in Yemen ha registrato uno dei suoi picchi) prendendo la via di un ufficioso esilio in Usa e lasciando la guida del Paese al suo vice, Abd Rabbo Mansour Hadi, eletto il 21 febbraio scorso come presidente provvisorio dello Yemen.
Questa exit strategy 'morbida', appoggiata da Usa, Onu e Arabia Saudita e che prevede una transizione biennale prima di nuove elezioni multipartitiche, non ha tuttavia migliorato la sicurezza nel Paese. Dove Al Qaida, che qui ha uno dei suoi rifugi principali, continua a mietere vittime mentre il sequestro resta una delle armi più usate non solo dai gruppi terroristici ma anche dalle tribù locali. Attualmente, sono in mano ai loro rapitori un'insegnante svizzera e un diplomatico saudita, entrambi catturati nel marzo scorso, mentre negli ultimi 15 anni più di 200 persone sono cadute nelle mani di sequestratori. Dalle quali, nella maggior parte dei casi, sono uscite sane e salve.