Siria, Ban Ki-moon: spari sugli osservatori Onu

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Gli ambasciatori del Palazzo di Vetro cercano di raggiungere Hama, luogo dell'ultimo massacro. Fermati a posti di blocco e costretti a tornare indietro, sono stati anche obiettivo di colpi di arma da fuoco. La denuncia del segretario delle Nazioni Unite

La notizia di un nuovo massacro ha determinato un aumento della pressione politica su Bashar el-Assad perché lasci il potere, nella giornata in cui la Russia ha forse cominciato a prendere le distanze dal presidente siriano. Agli osservatori Onu è stato impedito
l'ingresso nel villaggio di Mazraat al-Qubeir, nella zona di Hama. teatro dell'ultimo massacro, almeno 78 civili uccisi tra cui donne e bambini. Non solo.
Il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha confermato che sono stati attaccati con
armi da fuoco mentre cercavano di arrivare nel villaggio della strage di Hama. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito. Un portavoce dell'Onu ha annunciato che ci riproveranno l'8 giugno.

Annan, il piano ha fallito - Ban Ki-Moon ha definito "scioccante e riprovevole" il massacro, aggiungendo che ormai il presidente Bashar al-Assad ha perso "tutta la legittimazione". L'inviato dell'Onu e della Lega Araba Kofi Annan ha espresso "orrore e condanna". E'
arrivato il momento di minacciare "conseguenze" se il presidente siriano Bashar al-Assad non fermerà le violenze sul suo popolo, ha detto. Annan ha poi ammesso il fallimento dell'azione finora condotta in Siria: "Nonostante l'accettazione del piano di pace e nonostante la presenza degli osservatori Onu, oggi devo essere franco, il piano non è stato attuato".  La comunità internazionale "è stata unita intorno al piano, ma ora - ha avvertito l'inviato speciale - occorre una unità ad un nuovo livello. Dobbiamo trovare la volontà e il terreno comune per agire", ha aggiunto Annan, avvertendo che "azioni o interventi individuali non risolveranno la crisi". "Se chiediamo di rispettare i sei punti
del piano - ha spiegato - deve essere chiaro che ci saranno conseguenze in caso di mancato rispetto".

Asssad, gli Usa e l'Europa  - Russia e Cina hanno ripetuto di essere contrari ad un intervento armato. "Non ci sarà alcun mandato dell'Onu per un intervento esterno, ve lo garantisco", ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Ma sembra che Mosca
accetterebbe una transizione del potere politico in stile 'yemenita' "se decisa dalla gente". E gli Usa si sono detti disponibili a lavorare con Mosca per l'uscita di scena di Assad. La Russia finora ha usato ogni mezzo, compreso il suo diritto di veto in Consiglio di Sicurezza per proteggere Assad, considerato un punto d'appoggio nello scacchiere medio-orientale, e un acquirente delle armi russe. Anche la Cina continua a opporsi però fermamente a ogni ipotesi di "intervento armato esterno" in Siria o a "ogni tentativo di promuovere in cambiamento di regime" come ha chiarito l'ambasciatore cinese alle Nazioni Unite, Li Baodon. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton - che nelle ultime ore ha mandato un emissario a Mosca, un alto funzionario del Dipartimento di Stato esperto di Siria - ha ripetuto che una strategia di transizione deve prevedere il completo trasferimento del potere. La violenza di cui è teatro oggi la Siria è "inconcepibile" e il presidente siriano Bashar al-Assad se ne deve andare: ha poi ripetuto la Clinton, da Istanbul dove partecipa ad un forum internazionale sulla sicurezza anti-terrorismo.
La Casa Bianca ha esortato tutti i Paesi ancora alleati della Siria (Russia e Cina in primis) ad abbandonare Assad e sostenere il processo di transizione dei poteri sul modello
yemenita. Il portavoce Jay Carney ha anche definito la strage di mercoledì 6 giugno un "affronto alla dignità e alla giustizia umana". Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea, ha definito "orrendi e imperdonabili" i massacri di cittadini siriani. "E' inaccettabile che entrambe le parti del conflitto continuino a compiere atti atroci di violenza contro innocenti" ha aggiunto la Ashton.

Nuovo massacro a Hama - Cresce dunque la pressione su Bashar al-Assad all'indomani della notizia della nuova strage ad Hama, piccola enclave sunnita abitata da poche decine di pastori e agricoltori, che è stata prima bombardato per ore, e poi messo a ferro e fuoco dalle milizie filo-regime. Si parla di 55 civili, ma c'è chi sostiene che le vittime siano 86 o addirittura 100. Impossibile, però, avere dati certi. E' sconsigliato ai giornalisti entrare nel paese, difficile inoltre superare le maglie della censura sul web.

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