Il team, in missione per 90 giorni, avrà il compito di monitorare la cessazione delle violenze. La risoluzione è stata votata all’unanimità dopo che il regime di Bashar Al Assad non ha rispettato il cessate il fuoco previsto dal piano di pace
Per la prima volta da mesi a Homs, terza città siriana ed epicentro della rivolta contro il regime di Bashar al Assad, nessuno è stato ucciso. Questo grazie alla visita di un'avanguardia di osservatori Onu, nel giorno in cui i 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato all'unanimità una risoluzione per l'invio di circa 300 berretti blu incaricati di monitorare la situazione nell'arco di tre mesi (Unsmis). Almeno per un giorno risparmiata Homs dall'artiglieria governativa, la repressione del regime si è concentrata in località lontane dalla presenza dei sette osservatori: a Dayr az Zor nell'estremo est e a Daraa, nel sud. Mentre attivisti hanno diffuso notizie - difficili da confermare - di scontri tra ribelli e governativi all'aeroporto militare di Damasco.
A Homs una giornata senza bombe - "Per la prima volta dal 5 febbraio il regime ha interrotto i bombardamenti di artiglieria e ha ripristinato le comunicazioni telefoniche", ha detto interpellato dall'agenzia di stampa Ansa Awwad Abu Hani, membro dei Comitati di coordinamento degli attivisti di Homs. Questi, comandati dal colonnello marocchino Ahmad Himmish, hanno seguito - come riporta l'agenzia ufficiale Sana - l'ormai consueto percorso che le autorità preparano per i visitatori stranieri a Homs: una visita al governatore, un'occhiata al quartiere lealista di Zahra e una passeggiata tra le rovine disabitate di Bab Amro, per mesi roccaforte della resistenza (o dei "terroristi", secondo la retorica ufficiale) e a febbraio distrutto dall'artiglieria di Damasco. Video amatoriali diffusi dagli attivisti su internet mostrano gli osservatori, con la tradizionale casacca blu, camminare anche tra le macerie di Jurat Shiyah, quartiere a maggioranza sunnita pesantemente colpito dalle bombe di Damasco, accompagnati dagli abitanti schierati contro il regime.
La risoluzione Onu - La risoluzione Onu prevede che la neonata missione Unsmis sia soggetta alla periodica valutazione, da parte del segretario generale Ban ki-moon, degli sviluppi sul terreno, tra cui il rispetto di un cessate il fuoco finora sempre violato. O "chiaramente incompleto", come recita un passaggio del testo approvato dal Consiglio di sicurezza. Questo prevede in termini quanto mai vaghi la possibilità che i 15 compiano "ulteriori passi" in caso che non vengano rispettati i termini del piano elaborato dall'inviato speciale Kofi Annan e che costituisce la base di questa seconda risoluzione Onu approvata nel giro di appena sette giorni. Come la prima, votata sabato scorso e che prevedeva l'invio di un'avanguardia in tutto di 30 osservatori (ai sette attuali, se ne dovrebbero aggiungere 23 entro la fine della settimana), anche la decisione odierna ricorda alle parti - il regime e l'Esercito libero siriano - di metter fine alle violenze.
Dubbi - Profondamente scettici rimangono gli Stati Uniti che, tramite il loro ambasciatore all'Onu Susan Rice, fanno sapere che non aspetteranno tre mesi per prendere misure contro il regime di Damasco se questo continuerà a violare i suoi impegni. Dal canto suo, l'ambasciatore russo al Palazzo di Vetro Vitaly Churkin ha anticipato la strategia congiunta di Mosca e del suo stretto alleato siriano, affermando che "il modello dell'intervento in Libia è qualcosa che appartiene al passato", e ricordando che è ormai sancita anche dall'Onu l'equivalenza tra l'incessante repressione militare del regime e la conseguente resistenza armata dei disertori e dei civili. E se gli oppositori all'estero si dicono soddisfatti della risoluzione, gli attivisti dei Comitati di coordinamento non nascondono la loro delusione: in un comunicato emesso dalla sezione di Damasco, affermano che "come la missione di osservatori della Lega Araba (a gennaio 2012, circa 150 uomini) la squadra di (300) osservatori Onu non potrà assicurare un monitoraggio efficace delle violenze su tutto il territorio ma consentirà al regime di guadagnare altro tempo e addossare la responsabilità del fallimento del piano Annan ai terroristi". Così sono stati definiti il 21 aprile dai media ufficiali gli autori dell'ennesimo sabotaggio avvenuto lungo un oleodotto nell'est del Paese, mentre i Comitati di coordinamento hanno riferito dell'uccisione nelle ultime 24 ore di 63 persone, tra cui nove disertori giustiziati da governativi nella regione di Aleppo.
A Homs una giornata senza bombe - "Per la prima volta dal 5 febbraio il regime ha interrotto i bombardamenti di artiglieria e ha ripristinato le comunicazioni telefoniche", ha detto interpellato dall'agenzia di stampa Ansa Awwad Abu Hani, membro dei Comitati di coordinamento degli attivisti di Homs. Questi, comandati dal colonnello marocchino Ahmad Himmish, hanno seguito - come riporta l'agenzia ufficiale Sana - l'ormai consueto percorso che le autorità preparano per i visitatori stranieri a Homs: una visita al governatore, un'occhiata al quartiere lealista di Zahra e una passeggiata tra le rovine disabitate di Bab Amro, per mesi roccaforte della resistenza (o dei "terroristi", secondo la retorica ufficiale) e a febbraio distrutto dall'artiglieria di Damasco. Video amatoriali diffusi dagli attivisti su internet mostrano gli osservatori, con la tradizionale casacca blu, camminare anche tra le macerie di Jurat Shiyah, quartiere a maggioranza sunnita pesantemente colpito dalle bombe di Damasco, accompagnati dagli abitanti schierati contro il regime.
La risoluzione Onu - La risoluzione Onu prevede che la neonata missione Unsmis sia soggetta alla periodica valutazione, da parte del segretario generale Ban ki-moon, degli sviluppi sul terreno, tra cui il rispetto di un cessate il fuoco finora sempre violato. O "chiaramente incompleto", come recita un passaggio del testo approvato dal Consiglio di sicurezza. Questo prevede in termini quanto mai vaghi la possibilità che i 15 compiano "ulteriori passi" in caso che non vengano rispettati i termini del piano elaborato dall'inviato speciale Kofi Annan e che costituisce la base di questa seconda risoluzione Onu approvata nel giro di appena sette giorni. Come la prima, votata sabato scorso e che prevedeva l'invio di un'avanguardia in tutto di 30 osservatori (ai sette attuali, se ne dovrebbero aggiungere 23 entro la fine della settimana), anche la decisione odierna ricorda alle parti - il regime e l'Esercito libero siriano - di metter fine alle violenze.
Dubbi - Profondamente scettici rimangono gli Stati Uniti che, tramite il loro ambasciatore all'Onu Susan Rice, fanno sapere che non aspetteranno tre mesi per prendere misure contro il regime di Damasco se questo continuerà a violare i suoi impegni. Dal canto suo, l'ambasciatore russo al Palazzo di Vetro Vitaly Churkin ha anticipato la strategia congiunta di Mosca e del suo stretto alleato siriano, affermando che "il modello dell'intervento in Libia è qualcosa che appartiene al passato", e ricordando che è ormai sancita anche dall'Onu l'equivalenza tra l'incessante repressione militare del regime e la conseguente resistenza armata dei disertori e dei civili. E se gli oppositori all'estero si dicono soddisfatti della risoluzione, gli attivisti dei Comitati di coordinamento non nascondono la loro delusione: in un comunicato emesso dalla sezione di Damasco, affermano che "come la missione di osservatori della Lega Araba (a gennaio 2012, circa 150 uomini) la squadra di (300) osservatori Onu non potrà assicurare un monitoraggio efficace delle violenze su tutto il territorio ma consentirà al regime di guadagnare altro tempo e addossare la responsabilità del fallimento del piano Annan ai terroristi". Così sono stati definiti il 21 aprile dai media ufficiali gli autori dell'ennesimo sabotaggio avvenuto lungo un oleodotto nell'est del Paese, mentre i Comitati di coordinamento hanno riferito dell'uccisione nelle ultime 24 ore di 63 persone, tra cui nove disertori giustiziati da governativi nella regione di Aleppo.