L'Assemblea nazionale di Parigi vota quasi all'unanimità una legge che punisce chi nega il genocidio del popolo armeno. Ankara, che aveva tentato di fermare l'approvazione della norma, per protesta ritira il proprio ambasciatore
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E' gelo tra Parigi e Ankara dopo il primo via libera del Parlamento francese alla legge che punisce chi nega il genocidio armeno (qui il testo). Il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, ha avvertito che il testo "aprira' ferite gravi e irreparabili" nei rapporti, annunciando una serie di misure di rappresaglia: sospesa la cooperazione militare con Parigi, cancellati gli incontri politici ed economici, vietato l'atterraggio e l'attracco in Turchia agli aerei e alle navi da guerra francesi. Inoltre, l'ambasciatore turco a Parigi, Tahsin Buruoglu, è stato richiamato per consultazioni e lascerà la capitale francese già domani. "Mi auguro che i nostri amici turchi non abbiamo una reazione eccessiva per le decisioni dell'Assemblea Nazionale": ha affermato il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, quando ormai però la temperatura di Ankara era ormai alle stelle.
Il provvedimento, che prevede il carcere fino a un anno e una multa fino a 45mila euro per chi nega il massacro di armeni compiuto dai Giovani turchi tra il 1915 e il 1917, è stato approvato in prima lettura dalla Camera bassa e dovrà ora passare all'esame del Senato. Non si conosce la tempistica anche se i sostenitori della legge la vorrebbero in dirittura finale entro la fine di febbraio, quando terminerà la legislatura in vista delle elezioni. Il testo e' passato in modo bipartisan con l'approvazione di una cinquantina di voti; i contrari sono stati una mezza dozzina. "Non vogliamo scrivere la storia ma solo compiere un atto politico indispensabile", ha affermato durante il suo intervento in aula Patrick Devedjian, parlamentare di origine armena. Da Yerevan sono arrivati i ringraziamenti del governo. Parigi ha "ancora una volta dimostrato "il suo impegno per i diritti umani universali", ha commentato il ministro degli Esteri armeno, Edward Nalbandian. Ma Ankara, che si e' sempre rifiutata di riconoscere il genocidio armeno, ha accusato l'Ump di Nicolas Sarkozy di spingere il provvedimento per calcoli elettorali: le presidenziali si avvicinano e la comunita' franco-armena conta tra le 3mila e le 5mila persone. Centinaia di persone convocate dalle associazioni franco-turche di Francia intanto hanno manifestato stamane davanti all'Assemblea Nazionale sventolando bandiere francesi e turche e striscioni: "Il dibattito storico non è il dibattito politico".
Con l'espressione 'genocidio degli armeni' ci si riferisce agli eventi verificatisi tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 e che ebbero il proprio culmine nel biennio 1915-17 e che sono alla base di una diatriba storica tra Armenia e Turchia. Tutti i governi turchi hanno finora negato l'esistenza di un genocidio. Ammetterlo significherebbe gettare un'ombra sulla stessa genesi del moderno Stato turco. Secondo l'interpretazione ufficiale di Ankara, le centinaia di migliaia di vittime armene (meno di 300mila per la Turchia, oltre due milioni e mezzo per l'Armenia) furono dovute alla guerra, alla fame e alle malattie. Una legge turca, attenuata solo di recente, prevedeva la reclusione per "offesa all'identita' nazionale" per chiunque parlasse in pubblico di genocidio degli armeni.
Si oppone a quello turco il punto di vista di numerosi paesi europei. Nel 1982 Cipro ha riconosciuto ufficialmente il genocidio, seguito da Russia, Bulgaria, Grecia, Belgio, Svezia, Italia, Vaticano, Francia, Svizzera, Parlamento europeo e Nazioni Unite. Negli ultimi tempi si sono registrate alcune aperture, prima di tutte la ripresa di relazioni diplomatiche tra la Turchia e la Repubblica Armena e l'avvio di un dialogo che oggi appare tuttavia arenato. Ad Ankara permangono fortissime resistenze da parte del Partito Repubblicano erede di Kemal Ataturk, fondatore della moderna Turchia. Contrari a ogni 'appeasement' anche i militari e gli islamisti, i primi per motivi nazionalistici, i secondi per motivi religiosi.
Il culmine del cosiddetto genocidio degli Armeni iniziò il 24 aprile 1915 quando centinaia di professionisti, commercianti, industriali, politici e intellettuali armeni furono arrestati a Costantinopoli e poi deportati e trucidati lungo il cammino. Attivisti dei 'Giovani turchi' presero d'assalto i quartieri armeni non solo a Costantinopoli, ma anche a Smirne e in altre città. Gli uomini venivano uccisi, mentre donne, vecchi e bambini venivano incolonnati in quelle che furono definite le 'marce della morte'.Quasi tutti morirono di fame, di maltrattamenti e di malattie. Secondo i calcoli degli storici, tra un milione e un milione e mezzo di armeni persero la vita nel giro di poche settimane. Una stima contestata dalla storiografia turca che parla di non piu' di 300mila morti. Da parte armena si arriva addirittura a due milioni e 500mila vittime.
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Con l'espressione 'genocidio degli armeni' ci si riferisce agli eventi verificatisi tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 e che ebbero il proprio culmine nel biennio 1915-17 e che sono alla base di una diatriba storica tra Armenia e Turchia. Tutti i governi turchi hanno finora negato l'esistenza di un genocidio. Ammetterlo significherebbe gettare un'ombra sulla stessa genesi del moderno Stato turco. Secondo l'interpretazione ufficiale di Ankara, le centinaia di migliaia di vittime armene (meno di 300mila per la Turchia, oltre due milioni e mezzo per l'Armenia) furono dovute alla guerra, alla fame e alle malattie. Una legge turca, attenuata solo di recente, prevedeva la reclusione per "offesa all'identita' nazionale" per chiunque parlasse in pubblico di genocidio degli armeni.
Si oppone a quello turco il punto di vista di numerosi paesi europei. Nel 1982 Cipro ha riconosciuto ufficialmente il genocidio, seguito da Russia, Bulgaria, Grecia, Belgio, Svezia, Italia, Vaticano, Francia, Svizzera, Parlamento europeo e Nazioni Unite. Negli ultimi tempi si sono registrate alcune aperture, prima di tutte la ripresa di relazioni diplomatiche tra la Turchia e la Repubblica Armena e l'avvio di un dialogo che oggi appare tuttavia arenato. Ad Ankara permangono fortissime resistenze da parte del Partito Repubblicano erede di Kemal Ataturk, fondatore della moderna Turchia. Contrari a ogni 'appeasement' anche i militari e gli islamisti, i primi per motivi nazionalistici, i secondi per motivi religiosi.
Il culmine del cosiddetto genocidio degli Armeni iniziò il 24 aprile 1915 quando centinaia di professionisti, commercianti, industriali, politici e intellettuali armeni furono arrestati a Costantinopoli e poi deportati e trucidati lungo il cammino. Attivisti dei 'Giovani turchi' presero d'assalto i quartieri armeni non solo a Costantinopoli, ma anche a Smirne e in altre città. Gli uomini venivano uccisi, mentre donne, vecchi e bambini venivano incolonnati in quelle che furono definite le 'marce della morte'.Quasi tutti morirono di fame, di maltrattamenti e di malattie. Secondo i calcoli degli storici, tra un milione e un milione e mezzo di armeni persero la vita nel giro di poche settimane. Una stima contestata dalla storiografia turca che parla di non piu' di 300mila morti. Da parte armena si arriva addirittura a due milioni e 500mila vittime.