Siria, via libera agli osservatori della Lega Araba
MondoDamasco ha accettato il piano di pace proposto dall'organizzazione panaraba per mettere fine alle violenze del regime di Bashar al Assad. Ennesimo venerdì di sangue nel paese: due bambini tra le vittime. Clinton: "Rischio guerra civile"
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Il regime siriano ha accettato la richiesta della Lega Araba di inviare 500 osservatori nel Paese per monitorare l'attuazione del piano di pace. Lo ha fatto sapere la stessa Lega araba, precisando che il via libera di Damasco è condizionato ad alcune modifiche che saranno esaminate dall'organizzazione. La missione sarà composta da attivisti per i diritti umani, giornalisti e osservatori militari. Intanto aumenta la pressione diplomatica sul presidente Bashar al-Assad: la Turchia ha evocato scenari da "guerra civile" e la Francia ha chiesto "dure sanzioni", dichiarandosi pronta a collaborare con l'opposizione. Dalla Russia è arrivata però una nuova frenata. Il premier, Vladimir Putin, ha precisato che Mosca seguirà una linea di "cautela e moderazione" in seno al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Intanto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, avverte: "Una guerra civile nel Paese è possibile, parlando di "una opposizione molto determinata, ben armata e ben finanziata".
L'intervento della lega Araba - Mercoledì 16 novembre la Lega Araba, che ha sospeso Damasco, aveva concesso al regime tre giorni per accettare la missione degli osservatori o, in caso contrario, subire sanzioni. In una lettera di risposta inviata giovedì 17, il ministro degli Esteri siriano, Walid el-Muallem, ha accettato la richiesta subordinando il via libera ad alcune modifiche tese a garantire la "sovranità" e "dignità" del Paese. Il segretario della Lega araba, Nabil el-Arabi, ha fatto sapere che le modifiche sono in fase di valutazione. L'ok di Bashar al-Assad arriva dopo il duro pressing di Francia e Turchia: ad Ankara, dove è in visita ufficiale, il ministro degli Esteri di Parigi ha chiesto dure sanzioni. "Noi riteniamo che il regime (siriano) non avesse alcuna intenzione di realizzare il programma di riforme ed ora è troppo tardi", ha detto il titolare del Quai d'Orsay, seguito a ruota dal premier Francois Fillon, che da Mosca ha puntato il dito contro Assad, "sordo agli appelli internazionali".
Parigi, tuttavia, è contraria a un intervento unilaterale - giusto il 17 novembre i Fratelli Musulmani hanno aperto all'ipotesi di un'azione militare turca - perché "la decisione deve essere assunta dall'Onu", ha precisato Juppé. Davutoglu, dal canto suo, ha parlato della ribellione armata in corso in Siria ad opera dei disertori, ventilando il rischio di una "guerra civile".
L'ennesimo venerdì di sangue - Nel Paese, intanto, si è consumato un nuovo venerdì di sangue. Sale ad almeno 14 morti il bilancio dei civili uccisi dalle forze di sicurezza in Siria.Secondo quanto denunciano gli attivisti, tra le vittime ci sono due bambini. Sei persone sono state uccise a Daraa, nella Siria meridionale (dove a metà marzo sono iniziate le proteste contro il presidente Bashar al-Assad), tre a Hama, nella Siria centrale, tre nei sobborghi di Damasco (due a Irbin e una a Yabrud) e due a Homs, sempre nella Siria centrale.
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L'intervento della lega Araba - Mercoledì 16 novembre la Lega Araba, che ha sospeso Damasco, aveva concesso al regime tre giorni per accettare la missione degli osservatori o, in caso contrario, subire sanzioni. In una lettera di risposta inviata giovedì 17, il ministro degli Esteri siriano, Walid el-Muallem, ha accettato la richiesta subordinando il via libera ad alcune modifiche tese a garantire la "sovranità" e "dignità" del Paese. Il segretario della Lega araba, Nabil el-Arabi, ha fatto sapere che le modifiche sono in fase di valutazione. L'ok di Bashar al-Assad arriva dopo il duro pressing di Francia e Turchia: ad Ankara, dove è in visita ufficiale, il ministro degli Esteri di Parigi ha chiesto dure sanzioni. "Noi riteniamo che il regime (siriano) non avesse alcuna intenzione di realizzare il programma di riforme ed ora è troppo tardi", ha detto il titolare del Quai d'Orsay, seguito a ruota dal premier Francois Fillon, che da Mosca ha puntato il dito contro Assad, "sordo agli appelli internazionali".
Parigi, tuttavia, è contraria a un intervento unilaterale - giusto il 17 novembre i Fratelli Musulmani hanno aperto all'ipotesi di un'azione militare turca - perché "la decisione deve essere assunta dall'Onu", ha precisato Juppé. Davutoglu, dal canto suo, ha parlato della ribellione armata in corso in Siria ad opera dei disertori, ventilando il rischio di una "guerra civile".
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