Egitto, resta in carcere il blogger della rivolta
MondoManifestazioni in piazza e campagne online per la liberazione di Alaa Abd El Fattah, arrestato pochi giorni fa al Cairo. Ma il Tribunale ha respinto l'istanza di scarcerazione. L'attivista si era rifiutato di rispondere all'autorità militare
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“Non mi aspettavo di vivere la stessa esperienza cinque anni dopo, dopo una rivoluzione che ha portato alla deposizione di un tiranno”. Sono queste le prime righe di un articolo scritto dal carcere da Alaa Abdel Fattah, il noto blogger egiziano arrestato domenica 30 ottobre al Cairo. Abdel Fattah, tra coloro che hanno sostenuto online e in piazza la rivolta che ha portato alla caduta di Mubarak, si trova infatti dietro le sbarre per la seconda volta in vita sua (la prima nel 2006) con l'accusa di “incitazione alla violenza e sabotaggio” in relazione agli scontri tra esercito e manifestanti copti del 9 ottobre scorso che hanno provocato decine di morti. E' stato posto in custodia cautelare per 15 giorni e per la sua liberazione si sono mobilitati attivisti online egiziani e internazionali. Ma un tribunale militare ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati. Il suo arresto getta un'ulteriore ombra sul processo di transizione dell'Egitto che andrà alle elezioni a partire dal prossimo 28 novembre.
Strage dei Copti – Secondo quanto dichiarato dalla sorella a Reuters, Abdel Fattah, arrestato insieme ad un altro attivista, sarebbe stato incarcerato dopo essersi rifiutato di rispondere alle domande dei militari. Entrambi avrebbero negato “la legittimità di un'accusa militare” e si sarebbero detti disposti a parlare solo con autorità civili. Alaa era stato convocato per chiarire la sua posizione riguardo agli scontri del 9 ottobre scorso. Come ricorda il sito Global Voices, il blogger era stato attivo nei giorni successivi agli eventi visitando l'obitorio e cercando di convincere i parenti delle vittime ad acconsentire alle autopsie e a spingere perché le relazioni sulle cause della morte dei loro cari fossero redatte correttamente. Un'esperienza documentata in un articolo intitolato Living with the martyrs.
La mobilitazione – In supporto ad Abdel Fattah si sono mobilitati i compagni attivisti attraverso manifestazioni di piazza e hashtag dedicati su Twitter, mentre il Commitee to Protect Journalists (Cpj) ha chiesto ai militari la liberazione “immediata e la cancellazione di ogni accusa nei suoi confronti”. Se questo non accadesse – ha aggiunto il Cpj – diventerebbero poco credibili i proclami sul fatto “che le autorità hanno dato un taglio alle tattiche intimidatorie degli ultimi 30 anni”. Dagli Stati Uniti, - dove pochi giorni prima dell'arresto Alaa aveva partecipato alla Silicon Valley Human Rights Conference – è stata inoltre messa a punto una petizione online per chiedere la sua liberazione.
Un dna politico – Nato nel 1981, informatico e sviluppatore di programmi open source, Alaa proviene da una famiglia di intellettuali e attivisti. Il padre, avvocato specializzato in diritti umani, ha conosciuto il carcere e la tortura negli anni '80. La madre, professoressa di matematica, è anch'essa coinvolta in politica. Coniugando l'esempio dei genitori con la passione per il mondo digitale, dal 2004 Abdel Fattah è, insieme alla moglie Manal Hussein, l'autore del popolare blog Manalaa.net. Ma il suo attivismo non si ferma all'azione online. Nel maggio 2006 fu arrestato e trattenuto in carcere per 45 giorni con l'accusa di avere partecipato a una protesta in favore di una riforma del sistema giudiziario. Come afferma in un documentario pubblicato su YouTube, l'azione virtuale non può essere sostitutiva di quella in piazza: “Quando tutti i miei amici sono in strada e rischiano arresto e tortura io non posso dire: 'Me ne sto a casa a lavorare perché sono intelligente e bravo a fare questo'. E' impossibile”.
Guarda il documentario su Alaa e la sua famiglia
Nel 2008 la coppia si trasferì in Sud Africa e fece ritorno in Egitto per partecipare alla rivolta di Piazza Tahrir decidendo, dopo la deposizione di Mubarak, di restare definitivamente nel Paese natale. Nel giugno scorso, ricordando gli eventi di fronte a una platea di attivisti digitali americani, così rispose ironicamente a chi gli chiedeva quale tecnologia avesse usato maggiormente in piazza: “Pietre e bastoni. Dovevamo difenderci e abbiamo usato tecnologie molto antiche”.
Guarda l'intervista telefonica di Al Jazeera ad Alaa nei giorni della rivolta di Piazza Tahrir
La Rete dopo la primavera – L'arresto di Alaa – come confermano le sue parole dal carcere - getta ulteriore luce sulla difficoltà e l'ambiguità della transizione in Egitto dopo la deposizione di Mubarak. In attesa delle elezioni parlamentari, crescono i dubbi sulla portata dei cambiamenti innescati dalla rivolta. In questo contesto ci si può anche chiedere che ruolo stanno giocando i blogger così importanti nei giorni della sollevazione. Secondo Augusto Valeriani, autore di Twitter Factor. Come i nuovi media cambiano la politica internazionale (Laterza) c'è un'indubbia difficoltà, dovuta al fatto che l'unità di intenti della “primavera del Cairo” non esiste più. “Gli attivisti online, quelli che io chiamo 'intellettuali tecnologici', sono stati i mediatori della rivoluzione: hanno fatto da collante per le istanze e i gruppi disparati che si opponevano al regime e avevano bisogno di un catalizzatore. Ma questo loro ruolo è stato reso possibile dal fatto che tutti volevano la stessa cosa: la cacciata del rais”. Nella frammentazione attuale, invece, l'azione dei “broker” risulta più difficile. “Al momento definirei questi blogger una 'élite senza potere' – continua Valeriani – rispetto ad altri soggetti, come i Fratelli Musulmani. Ciò non significa che non abbiano più una funzione. Come dimostrano gli arresti, continuano ad essere, e ad essere percepiti dal regime come i cani da guardia della rivoluzione”. Inoltre, ricorda Valeriani, Alaa e altri attivisti non si stancano di provare a tenere in vita e ad espandere le pratiche tipiche della rete dando vita ad eventi originali come, per esempio, i Tweet Nadwa, incontri fisico-virtuali in cui i partecipanti discutono temi determinati obbedendo ad alcune regole mutuate da Internet: 140 caratteri per chi sta online ovviamente e interventi della durata 140 secondi per chi è presente in loco.
Guarda un Tweet Nadwa
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Tunisia, io sindaco del post rivoluzione. LA STORIA
di Raffaele Mastrolonardo
“Non mi aspettavo di vivere la stessa esperienza cinque anni dopo, dopo una rivoluzione che ha portato alla deposizione di un tiranno”. Sono queste le prime righe di un articolo scritto dal carcere da Alaa Abdel Fattah, il noto blogger egiziano arrestato domenica 30 ottobre al Cairo. Abdel Fattah, tra coloro che hanno sostenuto online e in piazza la rivolta che ha portato alla caduta di Mubarak, si trova infatti dietro le sbarre per la seconda volta in vita sua (la prima nel 2006) con l'accusa di “incitazione alla violenza e sabotaggio” in relazione agli scontri tra esercito e manifestanti copti del 9 ottobre scorso che hanno provocato decine di morti. E' stato posto in custodia cautelare per 15 giorni e per la sua liberazione si sono mobilitati attivisti online egiziani e internazionali. Ma un tribunale militare ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati. Il suo arresto getta un'ulteriore ombra sul processo di transizione dell'Egitto che andrà alle elezioni a partire dal prossimo 28 novembre.
Strage dei Copti – Secondo quanto dichiarato dalla sorella a Reuters, Abdel Fattah, arrestato insieme ad un altro attivista, sarebbe stato incarcerato dopo essersi rifiutato di rispondere alle domande dei militari. Entrambi avrebbero negato “la legittimità di un'accusa militare” e si sarebbero detti disposti a parlare solo con autorità civili. Alaa era stato convocato per chiarire la sua posizione riguardo agli scontri del 9 ottobre scorso. Come ricorda il sito Global Voices, il blogger era stato attivo nei giorni successivi agli eventi visitando l'obitorio e cercando di convincere i parenti delle vittime ad acconsentire alle autopsie e a spingere perché le relazioni sulle cause della morte dei loro cari fossero redatte correttamente. Un'esperienza documentata in un articolo intitolato Living with the martyrs.
La mobilitazione – In supporto ad Abdel Fattah si sono mobilitati i compagni attivisti attraverso manifestazioni di piazza e hashtag dedicati su Twitter, mentre il Commitee to Protect Journalists (Cpj) ha chiesto ai militari la liberazione “immediata e la cancellazione di ogni accusa nei suoi confronti”. Se questo non accadesse – ha aggiunto il Cpj – diventerebbero poco credibili i proclami sul fatto “che le autorità hanno dato un taglio alle tattiche intimidatorie degli ultimi 30 anni”. Dagli Stati Uniti, - dove pochi giorni prima dell'arresto Alaa aveva partecipato alla Silicon Valley Human Rights Conference – è stata inoltre messa a punto una petizione online per chiedere la sua liberazione.
Un dna politico – Nato nel 1981, informatico e sviluppatore di programmi open source, Alaa proviene da una famiglia di intellettuali e attivisti. Il padre, avvocato specializzato in diritti umani, ha conosciuto il carcere e la tortura negli anni '80. La madre, professoressa di matematica, è anch'essa coinvolta in politica. Coniugando l'esempio dei genitori con la passione per il mondo digitale, dal 2004 Abdel Fattah è, insieme alla moglie Manal Hussein, l'autore del popolare blog Manalaa.net. Ma il suo attivismo non si ferma all'azione online. Nel maggio 2006 fu arrestato e trattenuto in carcere per 45 giorni con l'accusa di avere partecipato a una protesta in favore di una riforma del sistema giudiziario. Come afferma in un documentario pubblicato su YouTube, l'azione virtuale non può essere sostitutiva di quella in piazza: “Quando tutti i miei amici sono in strada e rischiano arresto e tortura io non posso dire: 'Me ne sto a casa a lavorare perché sono intelligente e bravo a fare questo'. E' impossibile”.
Guarda il documentario su Alaa e la sua famiglia
Nel 2008 la coppia si trasferì in Sud Africa e fece ritorno in Egitto per partecipare alla rivolta di Piazza Tahrir decidendo, dopo la deposizione di Mubarak, di restare definitivamente nel Paese natale. Nel giugno scorso, ricordando gli eventi di fronte a una platea di attivisti digitali americani, così rispose ironicamente a chi gli chiedeva quale tecnologia avesse usato maggiormente in piazza: “Pietre e bastoni. Dovevamo difenderci e abbiamo usato tecnologie molto antiche”.
Guarda l'intervista telefonica di Al Jazeera ad Alaa nei giorni della rivolta di Piazza Tahrir
La Rete dopo la primavera – L'arresto di Alaa – come confermano le sue parole dal carcere - getta ulteriore luce sulla difficoltà e l'ambiguità della transizione in Egitto dopo la deposizione di Mubarak. In attesa delle elezioni parlamentari, crescono i dubbi sulla portata dei cambiamenti innescati dalla rivolta. In questo contesto ci si può anche chiedere che ruolo stanno giocando i blogger così importanti nei giorni della sollevazione. Secondo Augusto Valeriani, autore di Twitter Factor. Come i nuovi media cambiano la politica internazionale (Laterza) c'è un'indubbia difficoltà, dovuta al fatto che l'unità di intenti della “primavera del Cairo” non esiste più. “Gli attivisti online, quelli che io chiamo 'intellettuali tecnologici', sono stati i mediatori della rivoluzione: hanno fatto da collante per le istanze e i gruppi disparati che si opponevano al regime e avevano bisogno di un catalizzatore. Ma questo loro ruolo è stato reso possibile dal fatto che tutti volevano la stessa cosa: la cacciata del rais”. Nella frammentazione attuale, invece, l'azione dei “broker” risulta più difficile. “Al momento definirei questi blogger una 'élite senza potere' – continua Valeriani – rispetto ad altri soggetti, come i Fratelli Musulmani. Ciò non significa che non abbiano più una funzione. Come dimostrano gli arresti, continuano ad essere, e ad essere percepiti dal regime come i cani da guardia della rivoluzione”. Inoltre, ricorda Valeriani, Alaa e altri attivisti non si stancano di provare a tenere in vita e ad espandere le pratiche tipiche della rete dando vita ad eventi originali come, per esempio, i Tweet Nadwa, incontri fisico-virtuali in cui i partecipanti discutono temi determinati obbedendo ad alcune regole mutuate da Internet: 140 caratteri per chi sta online ovviamente e interventi della durata 140 secondi per chi è presente in loco.
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