Non solo conigliette e pin-up: l'editore americano ha rivoluzionato l'identità maschile postmoderna, incoraggiandone la dimensione domestica. Lo racconta Beatriz Preciado in un libro ("Pornotopia") pubblicato da Fandango. Leggine un estratto
di Beatriz Preciado
Tra il 1953 e il 1963, Playboy mette in circolazione un discorso combattivo destinato a costruire una nuova identità maschile, quella del giovane scapolo urbano e casalingo. Il nuovo maschio urbano, scapolo (o divorziato) ma eterosessuale e il suo appartamento saranno le figure centrali di questa contronarrazione del sogno americano proposta da Playboy.
Già nel dicembre del 1953, l’editoriale del secondo numero di Playboy definisce la pubblicazione come una “rivista da interno”, avvicinandola in modo insolito tanto alle riviste femminili quanto alle riviste di architettura e arredamento, in opposizione alle riviste maschili tradizionali: “Attualmente, la maggior parte delle ‘riviste per uomini’ sono ambientate all’aria aperta, tra cespugli e rovi o in mezzo alle acque selvagge delle rapide. Anche noi visiteremo questi luoghi, di quando in quando, ma fin da ora annunciamo che passeremo la maggior parte del tempo fra quattro pareti. A noi piace stare in casa”.
Il maschilismo eterosessuale da interno promosso da Playboy attacca le divisioni spaziali che governavano la vita sociale negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Quando Playboy difende l’occupazione maschile dello spazio domestico non pretende di spingere lo scapolo a una reclusione forzata nella casa suburbana, fino ad allora spazio tradizionalmente femminile, bensì annuncia la creazione di un nuovo spazio radicalmente opposto all’habitat della famiglia nucleare americana.
La teoria delle “due sfere”, che aveva dominato lo spazio sociale borghese del diciannovesimo secolo, era basata su una rigida divisione di genere: definiva lo spazio pubblico, esterno e politico come campo di battaglia proprio della mascolinità, facendo dello spazio domestico, interno e privato luoghi per natura femminili.
In realtà, l’economia industriale aveva eroso la funzione produttiva dello spazio domestico che, una volta privato di potere, si era visto caratterizzare come femminile.
Tuttavia le nozioni stesse di “esterno” e “interno”, così come le categorie di “mascolinità” e “femminilità”, si erano complicate durante la Seconda guerra mondiale.
Da una parte, la guerra aveva comportato un riordino degli spazi di genere: la cellula familiare si era vista disarticolata per l’arruolamento in massa degli uomini nell’esercito e le donne si erano integrate con maggior forza nella vita pubblica e nel lavoro produttivo, fuori dallo spazio domestico.
Inoltre, l’esercito americano e le sue violente misure di stigmatizzazione dell’omosessualità diedero luogo a una campagna senza precedenti di visibilità e ripoliticizzazione della dissidenza sessuale negli Stati Uniti.
Tra il 1941 e il 1945, più di 9000 uomini e donne furono diagnosticati come “omosessuali” e sottoposti a cure psichiatriche o considerati non adatti al servizio militare. Come ha mostrato lo storico Allan Bérubé, il primo movimento americano di difesa dei diritti degli omosessuali negli Stati Uniti, precedente alla lotta per i diritti civili, nascerà proprio dai dibattiti interni ai servizi psichiatrici dell’esercito, in difesa di un trattamento egualitario dei soldati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Intanto, l’invenzione di nuove tecniche di modificazione ormonale e chirurgica della morfologia sessuale avevano dato luogo all’elaborazione della nozione di “genere”, nel 1947, e all’apparizione di rigidi protocolli di trattamento dei cosiddetti “neonati intersessuati”, all’invenzione della prima pillola anticoncezionale e alla messa in pratica delle prime operazioni di riassegnazione del sesso.
Nel 1953 il soldato americano George W. Jorgensen si trasforma in Christine Jorgensen, diventando la prima donna transessuale il cui cambio di sesso sarà oggetto di interesse mediatico.
Il capitalismo di guerra e di produzione stava evolvendo verso un modello di consumo e di informazione del quale il corpo, il sesso e il piacere facevano parte. A partire dal 1953 Alfred Kinsey pubblica i suoi studi sulla sessualità maschile e femminile, mettendo allo scoperto la breccia aperta tra la morale vittoriana e le pratiche sessuali degli americani. Il sesso e la privatezza domestica che un giorno erano stati solidi, per dirlo con Marx, cominciavano ora a svanire nell’aria.
In questo contesto di ridefinizione dei tradizionali confini di genere, così come dei limiti tra il privato e il pubblico, il ritorno a casa dei soldati americani, con la promessa anche di sfuggire ai pericoli bellici e nucleari dell’esterno, non era stato un semplice processo di ridomesticazione, ma piuttosto uno spostamento senza ritorno.
Il soldato eterosessuale, postraumaticamente disadattato alla vita monogama dell’unità familiare, torna a casa per diventare non l’elemento complementare della donna eterosessuale bensì il suo principale rivale. Ciò che era domestico si è trasformato in estraneo. Ora è l’eterosessualità quella che è in guerra.
© Beatriz Preciado 2010 e © 2011 Fandango Libri.
Tratto da Beatriz Preciado, Pornotopia, Fandango, pp.238, euro 16,50
Beatriz Preciado (Burgos, 1970) è una filosofa spagnola, docente di Teoria del genere e Storia politica del corpo presso l'università di Parigi VIII. Si occupa di teoria queer e ha conseguito il dottorato di ricerca in teoria dell'architettura a Princeton. Finalista del premio Miglior saggio dell'anno di Anagrama con Pornotopia, ha scritto anche Manifesto contra-sessuale (2002) e Testo Yonqui (2008).
Tra il 1953 e il 1963, Playboy mette in circolazione un discorso combattivo destinato a costruire una nuova identità maschile, quella del giovane scapolo urbano e casalingo. Il nuovo maschio urbano, scapolo (o divorziato) ma eterosessuale e il suo appartamento saranno le figure centrali di questa contronarrazione del sogno americano proposta da Playboy.
Già nel dicembre del 1953, l’editoriale del secondo numero di Playboy definisce la pubblicazione come una “rivista da interno”, avvicinandola in modo insolito tanto alle riviste femminili quanto alle riviste di architettura e arredamento, in opposizione alle riviste maschili tradizionali: “Attualmente, la maggior parte delle ‘riviste per uomini’ sono ambientate all’aria aperta, tra cespugli e rovi o in mezzo alle acque selvagge delle rapide. Anche noi visiteremo questi luoghi, di quando in quando, ma fin da ora annunciamo che passeremo la maggior parte del tempo fra quattro pareti. A noi piace stare in casa”.
Il maschilismo eterosessuale da interno promosso da Playboy attacca le divisioni spaziali che governavano la vita sociale negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Quando Playboy difende l’occupazione maschile dello spazio domestico non pretende di spingere lo scapolo a una reclusione forzata nella casa suburbana, fino ad allora spazio tradizionalmente femminile, bensì annuncia la creazione di un nuovo spazio radicalmente opposto all’habitat della famiglia nucleare americana.
La teoria delle “due sfere”, che aveva dominato lo spazio sociale borghese del diciannovesimo secolo, era basata su una rigida divisione di genere: definiva lo spazio pubblico, esterno e politico come campo di battaglia proprio della mascolinità, facendo dello spazio domestico, interno e privato luoghi per natura femminili.
In realtà, l’economia industriale aveva eroso la funzione produttiva dello spazio domestico che, una volta privato di potere, si era visto caratterizzare come femminile.
Tuttavia le nozioni stesse di “esterno” e “interno”, così come le categorie di “mascolinità” e “femminilità”, si erano complicate durante la Seconda guerra mondiale.
Da una parte, la guerra aveva comportato un riordino degli spazi di genere: la cellula familiare si era vista disarticolata per l’arruolamento in massa degli uomini nell’esercito e le donne si erano integrate con maggior forza nella vita pubblica e nel lavoro produttivo, fuori dallo spazio domestico.
Inoltre, l’esercito americano e le sue violente misure di stigmatizzazione dell’omosessualità diedero luogo a una campagna senza precedenti di visibilità e ripoliticizzazione della dissidenza sessuale negli Stati Uniti.
Tra il 1941 e il 1945, più di 9000 uomini e donne furono diagnosticati come “omosessuali” e sottoposti a cure psichiatriche o considerati non adatti al servizio militare. Come ha mostrato lo storico Allan Bérubé, il primo movimento americano di difesa dei diritti degli omosessuali negli Stati Uniti, precedente alla lotta per i diritti civili, nascerà proprio dai dibattiti interni ai servizi psichiatrici dell’esercito, in difesa di un trattamento egualitario dei soldati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Intanto, l’invenzione di nuove tecniche di modificazione ormonale e chirurgica della morfologia sessuale avevano dato luogo all’elaborazione della nozione di “genere”, nel 1947, e all’apparizione di rigidi protocolli di trattamento dei cosiddetti “neonati intersessuati”, all’invenzione della prima pillola anticoncezionale e alla messa in pratica delle prime operazioni di riassegnazione del sesso.
Nel 1953 il soldato americano George W. Jorgensen si trasforma in Christine Jorgensen, diventando la prima donna transessuale il cui cambio di sesso sarà oggetto di interesse mediatico.
Il capitalismo di guerra e di produzione stava evolvendo verso un modello di consumo e di informazione del quale il corpo, il sesso e il piacere facevano parte. A partire dal 1953 Alfred Kinsey pubblica i suoi studi sulla sessualità maschile e femminile, mettendo allo scoperto la breccia aperta tra la morale vittoriana e le pratiche sessuali degli americani. Il sesso e la privatezza domestica che un giorno erano stati solidi, per dirlo con Marx, cominciavano ora a svanire nell’aria.
In questo contesto di ridefinizione dei tradizionali confini di genere, così come dei limiti tra il privato e il pubblico, il ritorno a casa dei soldati americani, con la promessa anche di sfuggire ai pericoli bellici e nucleari dell’esterno, non era stato un semplice processo di ridomesticazione, ma piuttosto uno spostamento senza ritorno.
Il soldato eterosessuale, postraumaticamente disadattato alla vita monogama dell’unità familiare, torna a casa per diventare non l’elemento complementare della donna eterosessuale bensì il suo principale rivale. Ciò che era domestico si è trasformato in estraneo. Ora è l’eterosessualità quella che è in guerra.
© Beatriz Preciado 2010 e © 2011 Fandango Libri.
Tratto da Beatriz Preciado, Pornotopia, Fandango, pp.238, euro 16,50
Beatriz Preciado (Burgos, 1970) è una filosofa spagnola, docente di Teoria del genere e Storia politica del corpo presso l'università di Parigi VIII. Si occupa di teoria queer e ha conseguito il dottorato di ricerca in teoria dell'architettura a Princeton. Finalista del premio Miglior saggio dell'anno di Anagrama con Pornotopia, ha scritto anche Manifesto contra-sessuale (2002) e Testo Yonqui (2008).