Marocco, il re apre alle riforme

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Re Mohammed VI del Marocco
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Mohammed VI annuncia una modifica della costituzione che gli toglierà gran parte dei poteri. Più autorità a governo e parlamento, scelto da libere elezioni. Una rispota alle proteste partite lo scorso febbraio

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Una nuova architettura costituzionale che modifica in senso realmente democratico quella esistente, con un ampliamento di poteri e competenze del primo ministro e del parlamento e la ridefinizione della figura del monarca, anche nel suo profilo religioso. E' questa la coraggiosa via che ha imboccato Mohammed VI, re del Marocco, che stasera ha sottolineato la solennità del momento rivolgendosi direttamente alla nazione. Una via imboccata ufficialmente per rispondere alla forte richiesta di cambiamento che viene dal suo popolo, più probabilmente per inaridire, prima che germogli, il seme della protesta popolare che, altrove (Tunisia, prima, poi Egitto, e, a seguire, molti altri Paesi del mondo arabo), ha portato a rivoluzioni, stravolgimenti, persino guerre.

In un panorama interno potenzialmente deflagrante, la scelta di Mohammed VI, che si è rivolto direttamente alla nazione è stata quella di avviare il percorso di una modifica della Costituzione, che gli consenta di riallacciare un dialogo con la gente, messo in discussione dalle tante proteste di piazza, animate, come accaduto in altri Paesi, soprattutto dai giovani. Come quelli del Movimento 20 febbraio che hanno continuato ad andare nelle strade a protestare, nonostante i divieti, le prescrizioni, la repressione.

Il contenuto delle riforme ridimensiona i poteri del re, che perde - è il più evidente cambiamento - la guida del governo. Le riunioni dell'esecutivo, infatti, saranno presiedute dal premier (che diventa presidente del governo), e non più, come oggi, dal re, che comunque vi prenderà parte. Il premier, che - ha spiegato il sovrano nel discorso alla nazione - sarà scelto dal partito che avrà vinto le elezioni legislative e guiderà un governo che sarà quindi "frutto del suffragio universale diretto". Avrà anche il potere di sciogliere il parlamento (prima lo poteva fare solo il re) e di fare nomine per le cariche più importanti dello Stato. Sono quindi il re, il suo profilo costituzionale, i suoi poteri e le sue prerogative a essere fortemente ridimensionati da una Costituzione che appare anche frutto della realpolitik. Il re, nella forte simbolizzazione che assumerà il suo ruolo, resterà il garante dell'unicità dello Stato, diventando egli rappresentante supremo non più della nazione (come viene definito nell'attuale "Charta"), ma dello Stato, assumendo su di sè un profilo che indissolubilmente lo lega alle Istituzioni statuali e non più soltanto al popolo. Sarà, nelle sue stesse parola, "re-cittadino".

Un'altra delle modifiche riguarda poi la disposizione attuale che considera il carattere "sacro" della persona del re, che sarà sostituita da una che recita che "l'integrità della persona del re non può essere violata". La lingua amazigh (il berbero), parlata da gran parte della popolazione, diventa lingua ufficiale insieme all'arabo, accogliendo così una delle richieste che la società civile avanzava da tempo.

I tempi dell'agenda che la riforma della costituzione avrà sono strettissimi, perché il referendum sulla sua approvazione si terrà - ha reso noto in serata il sovrano - già il primo di luglio, con il coinvolgimento dei partiti, ai quali, in questa fase, si chiede una partecipazione al processo delle riforme. Re Mohammed ha detto che lui stesso voterà Sì. Che poi non siano completamente condivise oppure, nella peggiore delle ipotesi, ritenute insufficienti o solo un'operazione di "maquillage", poco o nulla cambia. La nuova Costituzione arriverà e quanto prima essa sara' vigente, tanto più sarà il tempo per Mohammed VI di disinnescare una "primavera araba" anche in Marocco. Ma la strada si mostra, già oggi, non in discesa, perché in molti sono pronti a dare battaglia.

E il primo scoglio sarà quella del dibattito pubblico sulla nuova Costituzione, in cui i ragazzi del movimento 20 Febbraio, non riconosciuto ufficialmente, protestano già per esserne stati esclusi. Ma, promettono, loro ci saranno, con i mezzi che hanno a disposizione, a partire da Internet. Forum virtuale, sin che si vuole, ma capace di chiamare in piazza migliaia di giovani nel volgere di poco tempo. E la "piazza" araba di questo 2011 ha dimostrato di non farsi governare.

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