Nel Prt di Herat, la "casa" italiana colpita dai talebani

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Il comandante del Prt, colonnello Paolo Pomella, e il governatore Daud Saba inaugurano una scuola nella provincia di Herat (foto: ufficio Pubblica informazione Regional command west)
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Il Provincial reconstruction team, gestito dai nostri militari, si trova nel centro della città. Si occupa della costruzione di progetti civili in stretto contatto con le autorità locali. I controlli scrupolosi non hanno evitato l'attentato del 30 maggio


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di Cristina Bassi


La sede del Prt (Provincial reconstruction team) di Herat, l’obiettivo del grave attentato talebano del 30 maggio, è un fortino al centro della città. I militari italiani che hanno la responsabilità dei progetti di ricostruzione nella provincia, e che collaborano sia con le autorità locali sia con la Cooperazione civile italiana, si sono stabiliti in un vecchio quartiere nel cuore di Herat. Hanno occupato alcuni palazzi residenziali già esistenti di tre-quattro piani e hanno aggiunto un alto muro di cinta. L'edificio con gli uffici e le residenze degli operatori ha davanti un piccolo giardino con tre panchine, è il lugo più fresco nelle giornate di caldo soffocante. Al centro dell'ex quartiere c'è una piazzetta che ogni mattina ospita il mercato. I commercianti della città sono autorizzati a entrare e vendere prodotti locali, tessuti, oggetti in marmo, frutta. Tra le bancarelle passeggiano e chiacchierano i civili che alloggiano al Prt.

La struttura è blindata, chiunque entri è sottoposto a controlli scrupolosi. Le auto in arrivo attraversano barriere fatte con blocchi di cemento, che costringono a rallentare. Prima di avvicinarsi, occorre identificarsi via radio. I poliziotti afgani controllano l'esterno, al cancello un militare italiano cerca eventuali ordigni dentro e sotto le macchine. Gira intorno lentamente con uno specchio montato in fondo a un'asta, per un attimo cala il silenzio. Può sembrare eccessivo che il controllo venga fatto anche alle auto dei soldati. In realtà è una precauzione necessaria. Le misure di sicurezza sono rigorose anche quando il personale del gruppo di ricostruzione esce per lavorare, spesso con auto blindate e scorta. All’interno del Prt però si respira un’aria di normalità. Il bar con l'espresso, la mensa con non più di dieci tavoli dove tutti si conoscono, l'aiuola dove gli interpreti afgani pregano al tramonto creano un contesto diverso da quello di Camp Arena, la vera e propria base militare a pochi chilometri da Herat, sede del Comando di competenza italiana della regione Ovest dell’Afghanistan.

È l’anima del Prt: gestito da militari ma orientato al sostegno dei civili. Il compito di questo ente è di dare sicurezza e supporto alle attività di ricostruzione fatte dalle organizzazioni afgane e internazionali e di affiancare le autorità locali nel processo di stabilizzazione. La responsabilità del Prt è attualmente affidata al 132esimo reggimento di artiglieria terrestre della brigata “Ariete” con sede a Maniago, vicino a Pordenone. “Per noi militari si tratta di un compito molto particolare, leggermente diverso da quello che facciamo di solito – spiegava solo quattro giorni fa il comandante, il colonnello Paolo Pomella, arrivato a Herat ad aprile –. Ma è un lavoro che mi appassiona e che dà importanti risultati”. Gli operatori del Prt preparano e realizzano progetti nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture, nel sociale.

“Facciamo tutto all’insegna dell’afgan face – continua Pomella –, sono cioè le autorità locali a realizzare materialmente i progetti e a consegnarli alla popolazione una volta finiti. Ci rivolgiamo a ingegneri e imprese afgani, la mano d’opera è sempre del posto, reclutata nei vari distretti. Seguiamo inoltre regole precise e condivise con il governatore di Herat, Daud Saba. Le imprese che si occupano dei lavori devono essere iscritte alla Camera di commercio locale e per evitare la corruzione riduciamo al minimo i subappalti”. I progetti da realizzare vengono decisi in accordo con il governatore, raccogliendo le richieste delle shure (le assemblee dei saggi) di ogni città o villaggio. Le scuole, le cliniche e le strade vengono poi portate a termine nell’arco dell’anno successivo.

“Per il 2011 abbiamo a disposizione un budget di 5 milioni di euro – precisa il comandante del Prt – , sono previsti 45 progetti. La maggior parte riguardano la provincia, al di fuori della città, dove la transizione è in una fase più avanzata”. Sono in costruzione almeno una scuola per ognuno dei 16 distretti della provincia e alcuni centri medici. Oltre a fognature, strade, pozzi, impianti per l’irrigazione. Educazione, cemento e rapporti politici più che armi e schieramenti: i militari del Prt sono soldati un po’ particolari. “Alla fine dei lavori l’impresa di costruzioni organizza la cerimonia di inaugurazione, ci sono il governatore, il mullah locale, gli ‘elders’ (gli anziani del luogo, ndr) e naturalmente noi. Non capisco tutto quello che viene detto nei discorsi ufficiali, ma la parola ‘Prt’ è ben scandita da tutti”, dice orgoglioso Pomella. Che aggiunge: “La collaborazione con chi si occupa più strettamente di sicurezza è costante, non potremmo fare il nostro lavoro senza di loro”. Anche grazie alle attività del Prt, la città di Herat era considerata relativamente tranquilla. Fino a oggi.

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