Siria, oltre venti morti. E a Homs arrivano i carri armati

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Continuano le proteste nel Paese. Nella città meridionale di Harra, secondo gli attivisti, negli scontri con l’esercito sarebbero rimaste uccise almeno 13 persone. Vittime e arresti anche in altre zone. Ban Ki-moon: “Il presidente Assad ascolti il popolo”

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Continuano le proteste e gli scontri in Siria. Oltre 20 persone sarebbero rimaste uccise in diverse zone del Paese. I carri armati dell’esercito, secondo un attivista per i diritti umani, hanno bombardato il distretto residenziale di Bab Amro a Homs, la terza città siriana diventata ormai il centro nevralgico delle manifestazioni contro il governo del presidente Bashar al-Assad. Durante le operazioni militari, continua l’attivista, sono rimaste uccise almeno cinque persone. Secondo l'agenzia di stampa ufficiale del Paese, invece, un soldato è stato ucciso "durante la caccia di bande terroristiche armate".
"Homs sta tremando per via delle esplosioni causate dai bombardamenti dei carri armati e per gli spari delle armi automatiche", ha detto Najati Tayara, militante d'opposizione. Tayara ha riferito che un siriano di religione cristiana è stato ucciso dal fuoco dei cecchini mentre si trovava davanti alla propria casa, nel quartiere di Inshaat.

Altre 13 persone sarebbero rimaste uccise negli scontri nella città meridionale di Harra. A riferirlo è Ammar Qurabi, capo dell'Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria. I carri armati, dice Qurabi, hanno colpito quattro case uccidendo 11 persone. Un bimbo e un’infermiera, poi, sarebbero morti sotto i colpi di arma da fuoco.
Quattro civili sarebbero stati uccisi anche a Tafas, nel sud del Paese. Le autorità siriane, che hanno vietato la presenza della maggior parte dei media internazionali, non hanno commentato la notizia delle vittime.

Le forze di sicurezza, dicono gli attivisti, continuano a compiere arresti di massa: da domenica scorsa sono state arrestate 300 persone mentre migliaia di siriani pro-democrazia sono stati fermati e picchiati negli ultimi due mesi. A Damasco sarebbe finito in prigione anche il leader dell'opposizione Mazen Adi, che fa parte del Partito democratico del popolo (fondato dal dissidente Riad al-Turk).

Il 16 aprile scorso il presidente Bashar al-Assad, la cui famiglia ha il controllo sulla Siria da 41 anni, aveva risposto alle proteste della piazza promettendo delle riforme. Dopo aver garantito la cittadinanza ai curdi e revocato lo stato di emergenza, in vigore da 48 anni, aveva parlato di una commissione governativa per elaborare una nuova legge elettorale. Ma poi, per reprimere le contestazioni, aveva inviato l’esercito a Daraa, dove il 18 marzo erano iniziate le manifestazioni, e in altre città. "Invito il presidente Assad ad ascoltare gli appelli del popolo per le riforme e la libertà, a desistere dagli arresti di massa di manifestanti pacifici e a cooperare con gli osservatori sui diritti umani", ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, durante una conferenza stampa a Ginevra.

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