Siria, la rivolta in un bagno di sangue: oltre 70 morti

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Le forze di sicurezza hanno sparato sulla folla scesa in piazza per chiedere la fine del monopolio del Bath, il partito al potere da quasi mezzo secolo, e l'instaurazione di un sistema democratico. La Casa Bianca: "Basta violenze". VIDEO

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La rivolta contro il regime di Assad in Siria finisce in un bagno di sangue: un massacro che ha visto la polizia spiegare forze senza precedenti e sparare sui manifestanti provocando oltre 70 morti. Tra questi, anche un bambino di 11 anni.
Migliaia di persone sono scese in piazza venerdì 22 aprile in tutte le principali città del Paese, non contente delle promesse del presidente Bashar Assad che, proprio giovedì 21 aprile, ha definitivamente abrogato lo stato di emergenza, in vigore dal 1963.
Per questo motivo, l'opposizione ha comunque deciso di portare avanti la protesta del 'Venerdì santo', così è stata battezzata per simboleggiare l'unità di musulmani e cattolici contro il regime. 'Grande venerdì' è poi circolato sui siti e sui blog che per tutta la giornata di venerdì hanno continuato ad aggiornare le vittime, in crescita esponenziale, al punto da segnare il peggior massacro dall'inizio della protesta il 15 marzo, che sino ad ora è costata la vita a 260 persone.
Il regime si è limitato a dare la colpa della strage a "bande armate" a "salafiti", mentre l'agenzia ufficiale Sana ha confermato che i poliziotti avrebbero usato gas lacrimogeni e idranti "per impedire gli scontri".
Il maggior numero di morti sarebbero stati registrati nella città di Azraa, vicino a Deraa, e a Douma, un sobborgo di Damasco. Le migliaia di manifestanti si erano riversati nelle piazze dopo la preghiera con cortei a Damasco, Aleppo, Deraa, Homs, Banias, Qamishli, e in alcune province remote del Paese, gridando "Liberta'" e "dignita' per il popolo siriano".

Il presidente Assad nei giorni scorsi aveva revocato lo stato di emergenza introdotto 48 anni fa con l'avvento del partito baathista  nel 1963, aveva abolito i tribunali speciali
e approvato un terzo decreto che prevede la possibilità di "manifestare pacificamente". Misure però subito giudicate "insufficienti" dall'opposizione, che ha continuato a chiedere
maggiori libertà. In particolare i 'comitati locali siriani' hanno richiesto la fine delle torture sui prigionieri. E sembra proprio che a infiammare la protesta siano stati i segni delle
percosse sui detenuti appena liberati da Assad. Tra le altre richieste anche quella di un'inchiesta indipendente sulle morti, che porti a procedimenti giudiziari per i colpevoli.
Chiesta anche la riforma della Costituzione, con un limite di due mandati per la presidenza, e la liberazione di tutti i prigionieri politici.

Intanto sul massacro in Siria è arrivato il monito della Casa Bianca che ha esortato il governo a "porre fine e a rinunciare" alle violenze contro i dimostranti.

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