La motonave Rosalia D'Amato, partita dal Brasile e diretta in Iran con a bordo 22 persone, è stata attaccata intorno alle 4 del mattino. Sei membri dell'equipaggio sono connazionali
Attaccata e sequestrata dai pirati, la scorsa notte, in pieno mare Arabico, la nave italiana "Rosalia D'Amato". A bordo, secondo quanto si è appreso, una ventina di uomini di equipaggio, di cui 6 italiani. I fatti, sempre secondo quanto è stato possibile ricostruire, si sono verificati intorno alle 4 di notte, ora italiana, quando la motonave - partita dal Brasile e diretta in Iran - si trovava a circa 400 miglia dalle coste dell'Oman. Due barchini si sono avvicinati con a bordo dei pirati che si sono impossessati della nave italiana: tutto sarebbe avvenuto senza sparare; nessuna conseguenza per l'equipaggio.
"Sono riuscito ad avere notizie circa tre quarti d'ora fa parlando con il comandante Orazio Lanza. Mi è stato riferito che stavano tutti bene poi la telefonata si è interrotta bruscamente" ha detto Carlo Miccio, responsabile della società armatrice "Perseverenza Navigazione", a cui fa capo la nave "Rosalia D'Amato".
"Ci siamo già messi in contatto con i familiari del personale a bordo, composto da 21 persone di cui 6 italiani (quattro sono della Campania e due della Sicilia)", ha aggiunto il comandante Miccio. "Subito dopo l'interruzione delle comunicazioni con il comandante Lanza - ha detto ancora Miccio - mi sono messo in contatto con la Farnesina e con il Centro di Coordinamento di Roma".
Contatti sono stati messi in piedi anche con la fregata della marina militare italiana "Espero", una delle unità navali della missione internazionale "Atlanta" che opera contro la pirateria nell'Oceano indiano e nel Golfo Aden.
L'Unità di Crisi della Farnesina in una nota comunica che segue l'evoluzione della vicenda in stretto raccordo con il ministero della Difesa. Come in analoghi episodi di sequestro di navi, il ministero degli Esteri fa appello agli organi di stampa perché mantengano il necessario riserbo per favorire la liberazione degli ostaggi.
La motonave "Rosalia D'Amato", sequestrata la scorsa notte nel mare Arabico, è della società armatrice di Napoli "Fratelli D'Amato", la stessa proprietaria della petroliera Savina Caylyn, anch'essa caduta nelle mani dei pirati. Quest'ultima nave, 105 mila tonnellate, con 22 persone a bordo, 5 italiani e 17 indiani, venne attaccata e sequestrata l'8 febbraio scorso quando si trovava in pieno Oceano Indiano.
"Sono riuscito ad avere notizie circa tre quarti d'ora fa parlando con il comandante Orazio Lanza. Mi è stato riferito che stavano tutti bene poi la telefonata si è interrotta bruscamente" ha detto Carlo Miccio, responsabile della società armatrice "Perseverenza Navigazione", a cui fa capo la nave "Rosalia D'Amato".
"Ci siamo già messi in contatto con i familiari del personale a bordo, composto da 21 persone di cui 6 italiani (quattro sono della Campania e due della Sicilia)", ha aggiunto il comandante Miccio. "Subito dopo l'interruzione delle comunicazioni con il comandante Lanza - ha detto ancora Miccio - mi sono messo in contatto con la Farnesina e con il Centro di Coordinamento di Roma".
Contatti sono stati messi in piedi anche con la fregata della marina militare italiana "Espero", una delle unità navali della missione internazionale "Atlanta" che opera contro la pirateria nell'Oceano indiano e nel Golfo Aden.
L'Unità di Crisi della Farnesina in una nota comunica che segue l'evoluzione della vicenda in stretto raccordo con il ministero della Difesa. Come in analoghi episodi di sequestro di navi, il ministero degli Esteri fa appello agli organi di stampa perché mantengano il necessario riserbo per favorire la liberazione degli ostaggi.
La motonave "Rosalia D'Amato", sequestrata la scorsa notte nel mare Arabico, è della società armatrice di Napoli "Fratelli D'Amato", la stessa proprietaria della petroliera Savina Caylyn, anch'essa caduta nelle mani dei pirati. Quest'ultima nave, 105 mila tonnellate, con 22 persone a bordo, 5 italiani e 17 indiani, venne attaccata e sequestrata l'8 febbraio scorso quando si trovava in pieno Oceano Indiano.