Libia, videoconferenza tra Obama, Sarkozy, Merkel e Cameron

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L'Italia è esclusa, ma Frattini minimizza: "Non stanno decidendo nulla". Sul fronte bellico, l'esercito dei lealisti ferma l'avanzata dei ribelli verso Sirte, città natale di Gheddafi. FOTO E VIDEO

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Videoconferenza a 4, l'Italia non c'è - Barack Obama, David Cameron, Nicolas Sarkozy, Angela Merkel: gran consulto a quattro per la Libia lunedì 28 marzo in vista dell'importante vertice di Londra previsto per martedì 29, dove i Paesi impegnati nella missione faranno il punto sulle attività militari ma soprattutto dovrebbero delineare un piano di soluzione politica, una "exit strategy" dalla crisi libica.
Nella serata di lunedì, a sorpresa, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania hanno annunciato una inusuale videoconferenza dalle quattro capitali che non è passata inosservata. L'Italia "non conta più nulla", ha attaccato subito il Pd commentando la mancata partecipazione di Silvio Berlusconi all'evento.
Niente affatto, ha replicato immediatamente Franco Frattini: "L'Italia non sente affatto la sindrome dell'esclusione" e poi, ha aggiunto il ministro degli Esteri, Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania con questa videoconferenza "non decidono nulla". Ecco perché Frattini non crede che l'Italia possa sentirsi "isolata", soprattutto avendo il comando della missione navale della Nato.
"Nessuno schiaffo" all'Italia quindi, ripete più volte Frattini intervenendo alla trasmissione Otto e Mezzo su La7.

La Nato pronta ad assumere il comando - La Nato intanto, i cui aerei hanno cominciato a pattugliare i cieli libici, si appresta ad assumere il pieno comando delle operazioni militari in Libia, compresa la cosiddetta 'No Fly-zone plus' che include raid aerei e bombardamenti su bersagli di terra. L'Alleanza ha però garantito assoluta imparzialità tra le due parti in lotta sul terreno, indicando nella protezione dei civili il suo obiettivo primario.
Sul fronte diplomatico, la Turchia ha ribadito di essere disponibile a svolgere un'opera di mediazione tra il colonnello e gli insorti per giungere ad un rapido cessate il fuoco ed impedire che la Libia si trasformi "in un secondo Iraq" o "in un nuovo Afghanistan". Ankara, secondo quanto annunciato dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan, prevede anche di assumere la gestione dell'aeroporto di Bengasi, nelle mani degli insorti, per facilitare il trasporto e la distribuzione degli aiuti umanitari in arrivo in Cirenaica.

Si combatte per Sirte - Sul fonte bellico, intanto, prosegue l'avanzata dei ribelli verso ovest, arrestandosi a 60km da Sirte.
Supportata dai raid aerei della coalizione - lunedì 28 marzo i francesi hanno annunciato di aver attaccato e colpito un importante centro di comando vicino a Tripoli -, il regime ha visto cadere in tre giorni una dietro l'altra le principali città tra Bengasi e Sirte, da Ajdabiya ai fondamentali centri petroliferi di Ras Lanuf e Marsa el Brega. I caccia della coalizione hanno bombardato all'alba di lunedì 28 anche la città di Sebha, 750 km a sud Tripoli, roccaforte della tribù dei Gaddafya di cui fa parte lo stesso colonnello e sede di diversi siti militari. L'agenzia libica Jana parla di "molte vittime" senza però fornire cifre.
I ribelli, bloccati dalle truppe lealiste appena fuori Ben Jawad, sono riusciti ad avanzare solo per poche decine di chilometri. L'esercito del colonnello, che sembrava essersi squagliato nelle ultime 72 ore, ha bloccato una colonna di ribelli ad Harawa, un villaggio a circa 60 km da Sirte, dove è infuriata la battaglia per ore. Diversi ribelli, secondo alcune testimonianze, sarebbero caduti sotto il fuoco incrociato dei cecchini e dei colpi dell'artiglieria pesante dell'armata di Gheddafi, che avrebbe distrutto numerosi mezzi sui quali avanzavano gli insorti. I problemi logistici per i ribelli sono gravi, ma si starebbe comunque preparando il rush finale verso l'Ovest ancora controllato dal regime.

Cessate il fuoco a Misurata -
Dopo giornate di intense battaglie, Tripoli ha annunciato tra l'altro un cessate il fuoco a Misurata, la sola città dell'ovest del Paese sotto il controllo degli insorti negli ultimi giorni: "Le unità anti-terrorismo hanno smesso di sparare contro gruppi armati di terroristi" e ora a Misurata regnano "la sicurezza e la tranquillità", ha sostenuto il ministero degli Esteri libico. Dal canto suo intanto il Consiglio nazionale di transizione, il Cnt che rappresenta gli insorti, ha promesso clemenza ai sostenitori di Gheddafi che abbandoneranno il leader libico.

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