Nel 1986 gli americani uccisero la figlia durante il raid ordinato da Reagan. Venticinque anni dopo, la madre non ha dubbi su Gheddafi: "Spero che stavolta lo prendano". FOTO E VIDEO
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Venticinque anni fa a Tripoli gli americani gli uccisero la figlia, ma oggi i genitori di una ragazza vittima civile del raid ordinato da Ronald Reagan contro Muammar Gheddafi appoggiano l'intervento straniero in Libia.
Poco dopo le due del mattino del 15 aprile 1986 tre bombe sganciate da un F-111 decollato dalla base britannica di Lakenheath e dirette allo stesso campo del colonnello attaccato domenica notte finirono accanto alla casa di Rafaat al Ghosain, nel quartiere dell'ambasciata francese.
Rafaat - 'Fafo' il suo soprannome in famiglia - aveva 18 anni: in vacanza da Londra, dove l'anno prima aveva finito il liceo. Un 'danno collaterale' del raid 'El Dorado Canyon, ordinato da Reagan con il beneplacito di Margaret Thatcher contro il 'cane pazzo' di Tripoli in rappresaglia dell'attentato a una discoteca di Berlino, eppure oggi i suoi genitori stanno dalla parte dei ribelli che vogliono vedere la fine del regime di Gheddafi, con la coalizione internazionale che sta cercando di aiutarli.
La storia di Rafaat e della sua famiglia è tornata alla luce grazie a Robert Fisk, il più famoso corrispondente di guerra britannico, mentre in Medio Oriente infuria la polemica sulle vittime civili di 'Odissey dawn': "Era una bellissima ragazza, un'artista promettente la cui morte passò inosservata negli Stati Uniti, come se le vite dei civili arabi avessero minor valore di quelle di noi occidentali".
25 anni fa Fisk era ai funerali di Rafaat a Tripoli. I Ghosain sono palestinesi del Libano, il padre, un ingegnere chimico, lavorava per una società petrolifera: "Quando vidi le bandiere palestinese e libanese sopra una delle bare mi avvicinai alla madre: "Siamo musulmani ma abbiamo un solo Dio. Siamo un solo popolo. Spero che Reagan lo capisca", gli disse la donna, che anche lei, come il marito e l'altra figlia, era rimasta ferita. Per anni il padre di Rafaat, Bassam, ha cercato giustizia.
La figlia dormiva nella stanza della televisione quando cadde la bomba da una tonnellata che rase al suolo la casa dei vicini e la cui onda d'urto abbattè una parete della loro uccidendo la ragazza.
"Era stesa per terra, con la testa girata. I capelli intatti, solo un piccolo filo di sangue che le usciva dalla fronte", ha rievocato oggi.
Ora i Ghosain vivono a Beirut: "Siamo diventati amici", ha scritto Fisk sull'Independent: "Ho spesso scritto di loro ma è stato con trepidazione che li ho chiamati dopo l'inizio dei raid. La mamma di Rafaat, Saniya, ha risposto al telefono" e il giornalista è rimasto sorpreso dalla reazione: "Spero che stavolta lo prendano", gli ha detto la donna. E alla richiesta di precisazioni, ha spiegato: "Si, sto parlando di Gheddafi".
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