Libia, spari sui civili a Zawiya. "Un massacro"

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I carroarmati del raìs sono entrati nella città che era passata in mano agli insorti. Un testimone: "Aprono il fuoco sulle case". Il Consiglio nazionale dei ribelli si dichiara "il solo rappresentante del Paese". Il regime all'Onu: sospendere le sanzioni

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Battaglia tra lealisti e insorti a Zawiya
- E' guerra vera alle porte di Tripoli. Sabato di aspri combattimenti e di sangue a Zawiya, la città vicino alla Capitale che tra le prime era passata in mano ai ribelli e che ora è al centro di una drammatica battaglia tra i soldati fedeli al rais e gli insorti. In serata un bilancio approssimativo raccontava di decine di morti (50 per i ribelli, 30 per fonti mediche) e centinaia di feriti. Ma una stima reale è impossibile in una realtà dove lugubri testimonianze riferiscono di gruppi di cadaveri portati via con i camion per ripulire la scena ed i giornalisti vengono accuratamente tenuti lontani con la scusa di voler "garantire" la loro sicurezza.

I carri armati inviati da Muammar Gheddafi si sono fatti largo "sparando su qualsiasi cosa", anche su una moschea in cui poco prima avevano cercato rifugio centinaia di persone, come hanno raccontato le voci giunte dalla città bombardata, ma i ribelli a fine giornata hanno detto di essere riusciti a respingere i due attacchi delle truppe di Tripoli.

Se rimane incerto il bilancio numerico diventa di ora in ora più chiaro che si è trattato di un "massacro", come l'ha definito un medico della città. I governativi sono entrati a Zawiya già nella mattina di sabato con i carri armati, dopo aver bombardato con i mortai il centro cittadino, dove erano asserragliati i ribelli. "Ci sono decine di morti, stanno sparando anche sulla moschea. Al Zawiya è una città martire", ha detto un abitante contattato telefonicamente dall'inviato dell'Ansa a Tripoli. I soldati si sono poi ritirati, facendo esultare gli insorti che credevano di aver respinto l'attacco. Dopo alcune ore, invece, i soldati, che nel frattempo si erano radunati alla periferia, hanno ricominciato a bombardare la città ed hanno fatto nuovamente ingresso nel centro con molti carri armati. "Sono entrati con una ventina di carri armati. Sparano su tutto e tutti, sulle case e anche sulla moschea, dove sono rifugiate centinaia di persone. Non possiamo nemmeno soccorrere i feriti perché sparano in maniera indiscriminata", ha detto alla Reuters un residente.

Situazione calma invece a Tripoli. Dopo le proteste e gli scontri di venerdì davanti ad alcune moschee al termine della preghiera, molti negozi sabato hanno riaperto i battenti e le strade si sono affollate.

La Libia all'Onu: "Sospendere le sanzioni" -  In questo clima, il governo del rais chiede la sospensione delle sanzioni contro il regime, sostenendo di aver fatto solo un uso "modico" della forza contro gli insorti. La controffensiva diplomatica è stata intanto affidata al ministro degli Esteri, Mussa Kussa, che in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha sostenuto che le sanzioni imposte contro Gheddafi, i suoi familiari e alcuni alti dignitari del regime sono ingiuste e ne ha chiesto la sospensione.

Il governo di Muammar Gheddafi ha inoltre chiesto alla Lega Araba di revocare la sospensione della LIbia dall'assemblea dei Ventidue. "La Libia si è messa in contatto
con il segretario generale (Amr Moussa) chiedendo alla Lega di ritornare sulla sua decisione", ha detto il viceministro degli Esteri Khaled Kaaim. Il 22 febbraio scorso l'organizzazione ha deliberato di sospendere la partecipazione della Libia a tutte
le sue riunioni a causa della repressione messa in atto contro le proteste di massa contro il regime di Muammar Gheddafi.

Intanto il consiglio nazionale dei ribelli ha tenuto la sua prima riunione a Bengasi e si è dichiarato il "solo rappresentante" della Libia.

Berlusconi: "Serve piano Marshall" - "Siamo tutti concordi che dobbiamo muoverci insieme e che l'Europa deve preparare un Piano Marshall di sostegno di tutti i Paesi che stanno compiendo questo cambiamento". Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi lasciando questa sera il vertice del Ppe di Helsinki nel quale si Š discusso anche di Libia e crisi nel Mediterraneo. "Io ho parlato del piano umanitario che stiamo realizzando e ho invitato gli altri Paesi a fare altrettanto: c'e' stato totale accordo", ha sintetizzato Berlusconi.

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