Questo il bilancio secondo Al Arabiya, che cita un membro della Corte penale internazionale. Un video mostra le fosse comuni per seppellire i cadaveri. Gli Usa: "Governo libico sarà giudicato responsabile". L'Ue è d'accordo sulle sanzioni. LO SPECIALE
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Sta assumendo dimensioni spaventose il massacro in corso in Libia: secondo Al Arabiya, che ha citato un membro della Corte penale internazionale, dall'inizio degli scontri ci sarebbero 10 mila morti e 50 mila feriti. E, intanto, un video pubblicato dal sito Onedayonearth mostra alcuni cittadini che scavano fosse comuni a Tripoli. Le immagini mostrano le fosse sulla spiaggia antistante il lungomare della capitale libica e tanti uomini al lavoro, in quello che appare come un grande cimitero.
Gheddafi arruola altri mercenari - E a conferma che i propositi di Gheddafi continueranno ad essere realizzati nonostante il migliaio di vittime, è la notizia, riferita dal tabloid belgradese Alo, secondo cui in questi giorni centinaia di mercenari serbi sono arrivati in Libia per difendere il regime.
Le formazioni si chiamano "Cani di guerra" (Psi rata) e sono pagati da Gheddafi profumatamente con compensi che arrivano anche ad alcune decine di migliaia di dollari. Sono stati fra i primi ad arrivare in Libia dal momento che vivevano in paesi africani vicini, dove lavoravano come istruttori delle locali Forze armate e come guardie del corpo di alcuni dittatori-presidenti come lo zairese Mobutu Sese Seko. I mercenari serbi, precisa il giornale, sono ex militari, ex poliziotti ed ex membri dei 'Berretti Rossi', il corpo creato dal defunto leader serbo Slobodan Milosevic, molti di loro hanno legami con la Legione straniera. Con loro, sono arrivati in Libia numerosi mercenari da altri paesi africani, come il Sudan.
Frattini: "Basta bagno di sangue" - "Siamo in una situazione grave, gravissima", il cui "tragico bilancio sarà un bagno di sangue" ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini nel suo intervento alla Camera. Una situazione "resa ancora più grave dai propositi espressi ieri da Gheddafi - spiega il ministro - in cui la volontà di colpire il suo stesso popolo, determina una situazione di guerra civile".
Frattini si riferisce al discorso del leader libico Muammar Gheddafi, che martedì è comparso in tv minacciando una repressione ben peggiore. "Non sono un presidente, sono un leader, un rivoluzionario e resisterò fino alla morte. Morirò da martire", ha detto nella sfida che per un'ora e un quarto ha lanciato promettendo una lotta senza tregua: "Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo".
E intanto continuano le difficoltà per gli italiani di rientrare dalla Libia. Alitalia garantisce due voli al giorno, ma la vera difficoltà è raggiungere l'aeroporto di Tripoli. E molti accusano: "Il consolato ci ha lasciati soli".
Gli Usa: "Governo libico sarà giudicato responsabile" - "Il governo libico verrà giudicato responsabile delle azioni intraprese" contro i manifestanti anche davanti alla giustizia internazionale. Lo ha oggi detto il segretario di Stato Usa Hillay Clinton, ribadendo che "le violenze sono inaccettabili" oltre alla volontà di lavorare di concerto con le istituzioni internazionali. Incontrando brevemente la stampa al Dipartimento di Stato, a Washington, la Clinton ha ripetuto alcune delle frasi pronunciate nei giorni scorsi, riaffermando "la forte condanna della violenza contro i manifestanti, che deve cessare immediatamente", ed esprimendo “profondo rammarico per le perdite di vita". Il segretario di Stato ha insistito sulla necessità che la comunià internazionale parli "con una sola voce" e ha sottolineato l'approvazione, ieri, "di una forte dichiarazione (di condanna delle violenze) da parte delle Nazioni Unite".
Sarkozy alle Ue: "Subito sanzioni" - Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Tra le più decise e reattive, quelle francesi. Il presidente Sarkozy ha chiesto all'Unione Europea di adottare "sanzioni rapide e concrete" contro la Libia e di sospendere i rapporti economici e finanziari con il Paese nordafricano. In un comunicato diffuso dall'Eliseo, Sarkozy ha detto che "la comunità internazionale non può restare a guardare queste enormi violazioni dei diritti umani".
L'Ue: "Diecimila cittadini europei in Libia" - Qualche ora dopo la richiesta di Sarkozy, la Commissione Europea ha espresso una "condanna unanime per l'uso della forza in Libia e ha affermato che "è inaccettabile che un leader minacci i propri cittadini". E' quanto ha detto il portavoce della Commissione Europea, Olivier Bailly, dopo una riunione del Collegio dei Commissari e riportando la posizione del presidente Manuel Barroso, dei vicepresidenti e della rappresentante per la Politica Estera Ue Catherine Ashton.
L'Ue - ha informato il portavoce - ha messo a disposizione il coordinamento fra gli Stati membri per "l'evacuazione dei circa 10 mila cittadini europei" presenti in Libia. Lo ha riferito il portavoce della Commissione Europea, Olivier Bailly, precisando che saranno attivate anche le procedure per l'evacuazione "in particolare via mare". Inoltre, a quanto si apprende, al termine della riunione dei 27 ambasciatori l'Unione Europea avrebbe dimostrato la volontà comune di procedere con le sanzioni contro la Libia.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu - Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha detto che in Libia sono in atto "gravi violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani". Parlando con i giornalisti alle Nazioni Unite, Ban ha ribadito che "le violenze vanno fermate" e che "i responsabili di questo bagno di sangue devono essere puniti". Arriva inoltre la ferma condanna di Maria Luiza Ribeiro Viotti, ambasciatrice del Brasile all'Onu e presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, ha letto alla stampa la dichiarazione in cui si esprime "profondo rammarico per la morte di centinaia di persone".
Il documento, approvato all'unanimità dai Quindici, si appella "al governo della Libia, che ha la responsabilità di proteggere i civili", ed esprime "profonda preoccupazione per la situazione dei cittadini stranieri"presenti in Libia. Mark Llyal Grant, ambasciatore britannico al Palazzo di Vetro, ha indicato che "di sicuro il Consiglio di Sicurezza si riunirà di nuovo" per discutere degli sviluppi nel Paese.
Delegazione libica dalla parte degli insorti - Intanto, continuano le defezioni di uomini vicini al regime. Ibrahim Dabbashi, il numero due della delegazione libica all'Onu che ha detto di non riconoscere più Gheddafi come suo leader, ha sostenuto dal canto suo che la dichiarazione è un messaggio "buono" anche se "non abbastanza forte". Dabbashi, che sarebbe ancora in carica nonostante il suo ambasciatore, Mohammed Salghadi, abbia confermato il proprio appoggio a Gheddafi, ha ribadito che nel Paese "è in corso un genocidio" nella "parte occidentale della Libia". Ma le defezioni non riguardano solo gli ambasciatori. Le unità dell'esercito libico dispiegate nella provincia di Jabal al-Akhdar, nella Cirenaica, sono passate con i manifestanti che da giorni protestano per chiedere le dimissioni del leader libico Muammar Gheddafi. Lo ha annunciato uno degli ufficiali che si trova nei dintorni della città di al-Bayda, capoluogo della provincia, alla tv araba Al-Jazeera.
Il governo libico ammette le vittime - Per la prima volta il regime ammette che gli scontri degli ultimi giorni hanno provocato vittime. Il bilancio ufficiale delle proteste parla solo di 300 uccisi: 189 civili e 111 soldati. Il maggior numero di vittime, stando ai numeri forniti dal governo, si è registrato a Bengasi, nell'est del paese, la città da cui è partita la rivolta contro Gheddafi che si è poi estesa a tutto il paese. Secondo il governo libico, a Bengasi sono stati uccisi 104 civili e 10 soldati. Nei giorni scorsi anche il figlio del colonnello, Seif al-Islam, aveva confermato che 300 persone, di cui 58 militari, erano morte negli scontri. In ogni caso, numeri ben diversi (e di minore portata) rispetto a quelli diffusi da alcune Ong.
L'ambasciatore italiano: "Non confermo bombardamenti" - “Non posso confermare che ci siano stati bombardamenti o azioni di questo genere a Tripoli perché ce ne saremmo accorti. Ritengo che i titoli dei giornali siano stati perlomeno esagerati” ha detto a SkyTG24 Vincenzo Schioppa, ambasciatore a Tripoli.
Tutti i video sugli scontri:
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Gheddafi arruola altri mercenari - E a conferma che i propositi di Gheddafi continueranno ad essere realizzati nonostante il migliaio di vittime, è la notizia, riferita dal tabloid belgradese Alo, secondo cui in questi giorni centinaia di mercenari serbi sono arrivati in Libia per difendere il regime.
Le formazioni si chiamano "Cani di guerra" (Psi rata) e sono pagati da Gheddafi profumatamente con compensi che arrivano anche ad alcune decine di migliaia di dollari. Sono stati fra i primi ad arrivare in Libia dal momento che vivevano in paesi africani vicini, dove lavoravano come istruttori delle locali Forze armate e come guardie del corpo di alcuni dittatori-presidenti come lo zairese Mobutu Sese Seko. I mercenari serbi, precisa il giornale, sono ex militari, ex poliziotti ed ex membri dei 'Berretti Rossi', il corpo creato dal defunto leader serbo Slobodan Milosevic, molti di loro hanno legami con la Legione straniera. Con loro, sono arrivati in Libia numerosi mercenari da altri paesi africani, come il Sudan.
Frattini: "Basta bagno di sangue" - "Siamo in una situazione grave, gravissima", il cui "tragico bilancio sarà un bagno di sangue" ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini nel suo intervento alla Camera. Una situazione "resa ancora più grave dai propositi espressi ieri da Gheddafi - spiega il ministro - in cui la volontà di colpire il suo stesso popolo, determina una situazione di guerra civile".
Frattini si riferisce al discorso del leader libico Muammar Gheddafi, che martedì è comparso in tv minacciando una repressione ben peggiore. "Non sono un presidente, sono un leader, un rivoluzionario e resisterò fino alla morte. Morirò da martire", ha detto nella sfida che per un'ora e un quarto ha lanciato promettendo una lotta senza tregua: "Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo".
E intanto continuano le difficoltà per gli italiani di rientrare dalla Libia. Alitalia garantisce due voli al giorno, ma la vera difficoltà è raggiungere l'aeroporto di Tripoli. E molti accusano: "Il consolato ci ha lasciati soli".
Gli Usa: "Governo libico sarà giudicato responsabile" - "Il governo libico verrà giudicato responsabile delle azioni intraprese" contro i manifestanti anche davanti alla giustizia internazionale. Lo ha oggi detto il segretario di Stato Usa Hillay Clinton, ribadendo che "le violenze sono inaccettabili" oltre alla volontà di lavorare di concerto con le istituzioni internazionali. Incontrando brevemente la stampa al Dipartimento di Stato, a Washington, la Clinton ha ripetuto alcune delle frasi pronunciate nei giorni scorsi, riaffermando "la forte condanna della violenza contro i manifestanti, che deve cessare immediatamente", ed esprimendo “profondo rammarico per le perdite di vita". Il segretario di Stato ha insistito sulla necessità che la comunià internazionale parli "con una sola voce" e ha sottolineato l'approvazione, ieri, "di una forte dichiarazione (di condanna delle violenze) da parte delle Nazioni Unite".
Sarkozy alle Ue: "Subito sanzioni" - Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Tra le più decise e reattive, quelle francesi. Il presidente Sarkozy ha chiesto all'Unione Europea di adottare "sanzioni rapide e concrete" contro la Libia e di sospendere i rapporti economici e finanziari con il Paese nordafricano. In un comunicato diffuso dall'Eliseo, Sarkozy ha detto che "la comunità internazionale non può restare a guardare queste enormi violazioni dei diritti umani".
L'Ue: "Diecimila cittadini europei in Libia" - Qualche ora dopo la richiesta di Sarkozy, la Commissione Europea ha espresso una "condanna unanime per l'uso della forza in Libia e ha affermato che "è inaccettabile che un leader minacci i propri cittadini". E' quanto ha detto il portavoce della Commissione Europea, Olivier Bailly, dopo una riunione del Collegio dei Commissari e riportando la posizione del presidente Manuel Barroso, dei vicepresidenti e della rappresentante per la Politica Estera Ue Catherine Ashton.
L'Ue - ha informato il portavoce - ha messo a disposizione il coordinamento fra gli Stati membri per "l'evacuazione dei circa 10 mila cittadini europei" presenti in Libia. Lo ha riferito il portavoce della Commissione Europea, Olivier Bailly, precisando che saranno attivate anche le procedure per l'evacuazione "in particolare via mare". Inoltre, a quanto si apprende, al termine della riunione dei 27 ambasciatori l'Unione Europea avrebbe dimostrato la volontà comune di procedere con le sanzioni contro la Libia.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu - Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha detto che in Libia sono in atto "gravi violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani". Parlando con i giornalisti alle Nazioni Unite, Ban ha ribadito che "le violenze vanno fermate" e che "i responsabili di questo bagno di sangue devono essere puniti". Arriva inoltre la ferma condanna di Maria Luiza Ribeiro Viotti, ambasciatrice del Brasile all'Onu e presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, ha letto alla stampa la dichiarazione in cui si esprime "profondo rammarico per la morte di centinaia di persone".
Il documento, approvato all'unanimità dai Quindici, si appella "al governo della Libia, che ha la responsabilità di proteggere i civili", ed esprime "profonda preoccupazione per la situazione dei cittadini stranieri"presenti in Libia. Mark Llyal Grant, ambasciatore britannico al Palazzo di Vetro, ha indicato che "di sicuro il Consiglio di Sicurezza si riunirà di nuovo" per discutere degli sviluppi nel Paese.
Delegazione libica dalla parte degli insorti - Intanto, continuano le defezioni di uomini vicini al regime. Ibrahim Dabbashi, il numero due della delegazione libica all'Onu che ha detto di non riconoscere più Gheddafi come suo leader, ha sostenuto dal canto suo che la dichiarazione è un messaggio "buono" anche se "non abbastanza forte". Dabbashi, che sarebbe ancora in carica nonostante il suo ambasciatore, Mohammed Salghadi, abbia confermato il proprio appoggio a Gheddafi, ha ribadito che nel Paese "è in corso un genocidio" nella "parte occidentale della Libia". Ma le defezioni non riguardano solo gli ambasciatori. Le unità dell'esercito libico dispiegate nella provincia di Jabal al-Akhdar, nella Cirenaica, sono passate con i manifestanti che da giorni protestano per chiedere le dimissioni del leader libico Muammar Gheddafi. Lo ha annunciato uno degli ufficiali che si trova nei dintorni della città di al-Bayda, capoluogo della provincia, alla tv araba Al-Jazeera.
Il governo libico ammette le vittime - Per la prima volta il regime ammette che gli scontri degli ultimi giorni hanno provocato vittime. Il bilancio ufficiale delle proteste parla solo di 300 uccisi: 189 civili e 111 soldati. Il maggior numero di vittime, stando ai numeri forniti dal governo, si è registrato a Bengasi, nell'est del paese, la città da cui è partita la rivolta contro Gheddafi che si è poi estesa a tutto il paese. Secondo il governo libico, a Bengasi sono stati uccisi 104 civili e 10 soldati. Nei giorni scorsi anche il figlio del colonnello, Seif al-Islam, aveva confermato che 300 persone, di cui 58 militari, erano morte negli scontri. In ogni caso, numeri ben diversi (e di minore portata) rispetto a quelli diffusi da alcune Ong.
L'ambasciatore italiano: "Non confermo bombardamenti" - “Non posso confermare che ci siano stati bombardamenti o azioni di questo genere a Tripoli perché ce ne saremmo accorti. Ritengo che i titoli dei giornali siano stati perlomeno esagerati” ha detto a SkyTG24 Vincenzo Schioppa, ambasciatore a Tripoli.
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