Verrà la morte e avrà il tuo account

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Una pagina di 1000memories
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Con 1000memories anche il lutto diventa un'esperienza da condividere online. Una scelta che trova d'accordo sia scienziati che sacerdoti. Secondo la psicologa Ines Testoni dell'Università di Padova si tratta del "ritorno di una ritualità antica"

di David Saltuari

John ha battuto il videogame God of War in sole 72 ore, ha vinto la sfida di fanta-football con il nome di Mr. Kickass e ha regalato a un suo amico una fotografia autografata di Steven Seagal. John è morto. A 29 anni a St. Luis nel Missouri.
David, ha insegnato per anni letteratura inglese in una scuola superiore di Santa Barbara. E' morto a sessantasei anni, lasciando una moglie, due figlie quattro nipoti. Oltre ai suoi famigliari, oggi molti suoi studenti lo ricordano, scrivendo aneddoti o lasciando un pensiero.

Non c'è aspetto della quotidianità che ormai non venga servito o risolto online. Su Internet condividiamo le nostre foto della vacanze, scriviamo i nostri pensieri, troviamo ristoranti o andiamo a fare shopping, cerchiamo amici, compagni e, a volte, anche proposte di matrimonio. Ora, a dieci anni dalla esplosione del fenomeno web, anche l'ultimo aspetto delle nostre vite, il più nascosto, forse il più scomodo, la morte, trova il suo spazio in rete.

Una tendenza che non sorprende Don Diego Goso, autodefinitosi un curato di campagna digitale. Autore del blog Uno spillo, è uno dei sacerdoti più attenti ai fenomeni sul web. "La rete è lo specchio digitale della nostra realtà" - spiega il sacerdote a Sky.it - "La morte in rete ha una sua storia precisa, dall'inizio in cui si era dissacranti, si è passati a pagine create quando in famiglia moriva un cucciolo o un animale. Ora ho l'impressione che, con più serietà e serenità, ci si voglia dedicare anche agli esseri umani".

Il social network - A dare una risposta a questa, nuova, esigenza è nato 1000memories, un social network nato che cerca di trovare una forma condivisa di elaborazione del lutto. Chiunque abbia perso un familiare o un amico, può aprire una pagina e dedicarla al defunto, invitando tutti i suoi conoscenti a partecipare al ricordo. C'è chi posta un'immagine, chi scrive un episodio vissuto insieme, chi carica un filmato, chi semplicemente lascia un saluto o una frase. Il dolore della perdita viene così condiviso e trasformato nella costruzione di un ricordo condiviso della persona scomparsa.

Un  ritorno di rituali antichi - Ma quello che sembra un fenomeno della modernità, affonda invece le sue ragioni in motivazioni più antiche. E, secondo la psicologa Ines Testoni, direttrice del sito Endlife e a capo del seminario interdisciplinadre Death Studies and the end of life dell'università di Padova, è una scelta destinata a diventare sempre più frequente e normale. "La cultura del '900 ha cancellato tutti i percorsi sociali del lutto, lasciando soltanto il cordoglio privato". E di fronte a una perdita le persone vengono lasciate da sole "a gestire il proprio cordoglio", senza lasciare la possibilità di condividere la propria situazione.

"Fino all'ottecento" - sottolinea la Testoni - "il lutto è sempre stato qualcosa di condiviso: ai funerali c'erano i banchetti e il giorno dei morti era una ricorrenza sentita, un occasione per reincontrarsi e ricordare la persona scomparsa. La morte, insomma, era un’esperienza sociale. E Internet permette di recuperare questa dimensione". Un punto di vista laico, storico e antropologico, che però viene condiviso anche da un religioso come Don Diego Goso: "Il bisogno di tenersi accanto le persone amate fa parte della natura umana. Ne è esempio la cremazione, una pratica che si sta sempre più diffondendo, e che permette di tenersi materialmente in casa i resti dei proprio cari".

La storia - A fondare 1000memories, insieme a Rudy Adler e Brett Huneycutt è stato Jonathan Good, poco più che trentenne, che a un certo punto della sua vita si è trovato ad affrontare un lutto imprevisto. E ha scoperto quali sono gli effetti di una scomparsa sul web. A Sky.it spiega: "Di fronte alla perdita di una persona cara la situazione più spiacevole in cui oggi ci si può trovare e dover gestire il persistere dell'identità online di chi si ne è andato." Facebook, per esempio, ha risolto la questione creando un servizio che permette di segnalare il decesso di un iscritto, congelando in qualche modo il suo account. "Questo però porta spesso a una situazione spiacevole per la famiglia e per gli amici, che si trovano a gestire una presenza in rete su cui non possono mettere le mani o che viene semplicemente cancellata". Per questo Good, insieme ai suoi soci ha fondato 1000memories nel luglio del 2010, riscuotendo da subito attenzione dai navigatori e dai media. Sul numero degli iscritti per ora Good preferisce non dire nulla, anche se ammette "che siamo rimasti sorpresi da quanti utenti hanno deciso di usufruire del servizio". Tra cui, spiega, anche molti italiani.

Come funziona - A differenza di altri siti, come Legacy.com e Respectance.com, nati in precedenza, 1000memories è un servizio totalmente gratuito. Spiega Good,  "il nostro modello di business prevede che in futuro introdurremo alcuni servizi extra, come per esempio la possibilità di stampare in un libro le pagine create in memoria di qualcuno o altri servizi simili. Ma la gestione online dei profili resterà sempre gratuita." Molto attenta è anche la gestione della privacy. "Chi crea la pagina - spiega Good - può impostare il livello di visibilità che vuole dare al profilo che sta creando. Lo può tenere visibile solo a coloro che invita a partecipare o renderlo pubblico". Aprire un profilo è molto semplice. "Il momento dopo una scomparsa è uno dei più delicati, e non volevamo appesantirlo obbligando le persone a passare attraverso troppe trafile. Noi in ogni caso monitoriziamo in background tutti i profili, per evitare eventuali usi sbagliati".

Come quando si cammina per un cimitero, curiosando tra le date sulle lapidi, navigando tra i profili pubblici di 1000memories si scoprono soprattutto centinaia di storie. Ogni pagina, fatta di immagini e ricordi, racconta una vita diversa. Alcune sono state felici, altre tristi, certe lunghe, altre, tragicamente, brevi. Ma tutte le pagine sono unite dal bisogno di costruire collettivamente il ricordo di una persona.

Un problema o un aiuto? - Ma non c'è il rischio che, dovendo tenere in vita il profilo di una persona scomparsa, il distacco risulti più difficile? Non ne è convinto don Diego Goso che osserva come questi siti "agevolano comportamenti che esistono già. Da sempre, subito dopo la scomparsa di una persona” - continua il sacerdote – “i parenti più stretti vanno al cimitero anche più volte al giorno. Col passare del tempo le visite si diradano sempre di più, fino a farsi più rare. Anche nella gestione del ricordo online, immagino che all'inizio gli aggiornamenti siano più frequenti per poi diradarsi fino a quando la memoria della persona defunta viene in qualche modo stabilizzata".

Anche secondo Ines Testoni bisogna stare attenti a non fare moralismo. "Esiste un psicologismo spicciolo che giudica in maniera negativa questo desiderio di permanenza della persona scomparsa. In realtà tutti continuano a dialogare con le persone defunte, è normale. Ma mentre una volta questa esigenza aveva anche delle risposte sociali (la credenza negli spiriti per esempio), oggi gli individui sono lasciati soli con questo schizofrenismo di dialogare con l'identità del defunto sapendo che non è una cosa reale". La condivisione in rete del proprio ricordo con il ricordo della stessa persona costruita anche da altri, permette invece di recuperare anche il dialogo interiore con il defunto.

Internet, uno spazio che permette di sognarci oltre il corpo - Ma la docente dell'ateneo padovano, si spinge anche oltre, ritrovando in questo nuovo uso della rete il ritorno di rituali antichi. "Internet è uno spazio che permette di sognarci oltre il nostro corpo, un luogo in cui esistiamo con le nostre identità al di là della nostra esistenza fisica. In fondo, gli antichi, quando imbalsamavano corpi era proprio questo che cercavano di fare: separare l'identità dell'individuo dalle sue spoglie mortali per affidarla a un'esistenza ultaterrena. E la rete è uno spazio psichico, in un certo senso già ultraterreno, in cui questo accade." Per la Testoni, insomma, questa forma di lutto, in grado di unire rituali antichissimi con forme di condivisione moderne, non può che essere un bene.
I problemi dell'individuo, le sue domande private tornano così a trovare risposte elaborate in modo collettivo, in uno spazio dove il cordoglio privato torna all'antica elaborazione del lutto. L'unica risposta che l'umanità ha saputo finore dare  alla domanda sulla Morte.

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