Il terrorista, in una lunga intervista rilasciata a un periodico brasiliano, sottolinea il "coraggio" dell'ex presidente Lula, che ha detto "no" alla sua estradizione in Italia
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"E' stato fabbricato un mostro che non ha nulla a che vedere con me". Dopo un lungo silenzio torna a parlare Cesare Battisti. In un'interista esclusiva che uscirà la prossima settimana sulla rivista 'Brasil de Fato', l'ex terrorista sostiene di essere "un perseguitato" e che il suo caso è sfuggito alla sfera politica, diventando una moneta di scambio, non solo sul piano internazionale, ma anche di politica interna brasiliana.
La mancata estradizione durante il governo di Inacio Lula da Silva è stata "coraggiosa", ma adesso l'obiettivo principale della destra brasiliana è quello di creare problemi al governo di Dilma Rousseff.
Anticipando la pubblicazione cartacea dell'intervista, in edicola dal prossimo 27 gennaio, il magazine ha presentato alcuni stralci dell'incontro con l'ex terrorista, in Brasile dal marzo 2007. "E' difficile parlarne", dice Battisti rispondendo al giornalista che gli chiede di dare una valutazione sull'impatto della sua vicenda in Italia e in Brasile. "E' la ragione per cui sono stato traumatizzato e ho avuto bisogno di uno psichiatra. Se vedo qualcosa anche che non ha nulla a che vedere direttamente con me... il mio cuore ha un sobbalzo, non mi controllo più, cado in uno stato di semi-incoscienza. Ieri per esempio ho visto una notizia che parlava di Berlusconi con le sue prostitute: solo con l'annuncio di notizie sull'Italia, comincio a tremare. Hanno fabbricato un mostro che non ha nulla a che vedere con me". "Mi perseguitano - insiste Battisti - perché sono uno scrittore, ho un'immagine pubblica. Se non fosse così, sarei uno qualunque, come tanti italiani che hanno lasciato il Paese per lo stesso motivo. Sono un perseguitato dalla Stato italiano e dalla giustizia brasiliana. Una persecuzione che non è indipendente".
"Non esiste un Paese al mondo in cui l'estradizione non è decisa dal capo dell'Esecutivo.
Immaginate se questa decisione presa dal potere giudiziario brasiliano fosse avvenuta in un altra Paese, come la Francia per esempio. Sarebbe assurdo, impensabile. E quando la vicenda è diventata un caso internazionale, è stata trasformata in una moneta di scambio per molte cose. Se Lula avesse preso questa decisione prima gli avrebbero dato addosso, perché sconfiggere me era anche sconfiggere Lula. Ora, l'obiettivo principale della destra brasiliana, in questo caso, è mettere in difficoltà il governo di Dilma".
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