Continuano le proteste dopo la fuga dell'ex presidente. Centinaia di persone assediano la sede del partito di governo. Avviata un'inchiesta contro i 33 parenti del governatore appena deposto. VIDEO
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Manette, inchieste e ancora caos. Non si placa la situazione a Tunisi, dove la polizia ha tentato di disperdere con salve in aria una manifestazione, di fronte alla sede dell'antico partito di Ben Ali, il Raggruppamento Costituzionale Democratico, per chiederne la dissoluzione e che nessun membro faccia parte del nuovo governo.
La marcia di protesta, a Tunisi, ha raggiunto il quartier generale del partito del deposto presidente: per cercare di tenere a bada la folla, circa un migliaio di persone - alcune delle quali tentavano di scalare il muro di cinta - sono stati sparati colpi d'arma da fuoco d'avvertimento.
Tutti i ministri del governo di unità nazionale hanno già lasciato l'RCD, ma i tunisini li vogliono fuori dal governo. E uno di loro si è già dimesso.
Zuhier Al Mudaffar, nominato ministro dello Stato nell'ufficio del premier, ha annunciato che uscirà dal governo "nell'interesse del Paese".
E lo stesso comitato centrale dell'Rcd si è disciolto proprio nel giorno della prima riunione dell'esecutivo di Mohammed Ghannouci, rinviata da mercoledì 19 gennaio. Intanto la tv nazionale tunisina ha confermato l'inchiesta contro i 33 parenti del deposto presidente, arrestati negli ultimi giorni e sospettati di "crimini" contro la Tunisia.
L'emittente pubblica non ha specificato i nomi dei detenuti ma ha trasmesso le immagini del 'tesoro' messo al sicuro: collane di perle, braccialetti di diamanti, zaffiri, monete d'oro e carte di credito sequestrate nel corso degli arresti e in circostante non specificate.
La Presse, un quotidiano locale che fino a poco tempo fa sosteneva il regime, ha pubblicato le foto dei beni sequestrati e citato anche il presidente dei musei tunisini, che ha chiesto alle autorità di ordinare "il sequestro dei pezzi archeologici di cui sono zeppi i palazzi e le case appartenute ai membri più in vista dell'entourage dell'ex presidente".
Nel mirino dell'inchiesta, oltre al deposto presidente, la sua seconda moglie, Leila Trabelsi, "i fratelli, i generi e i nipoti" di lei. Secondo i media tunisini, i beni del clan "potrebbero essere espropriati".
E nel mirino della Banca centrale tunisina è finita anche la banca Ziytouna, proprietà del genero di Ben Ali, uno dei maggiori magnati nel Paese. Alla guida della Commissione anti-corruzione, voluta dal nuovo governo tunisino e' stato nominato un avvocato, attivista per i diritti umani, Abdelfattah Amor, per anni all'opposizione di Ben Ali, che ha promesso "un lavoro oggettivo, senza spirito di vendetta, ma neanche compiacenza".
Il suo compito non sembra facile: dovrà far fronte alla forza di inerzia degli uomini del vecchio regime, ancora in gran parte in posizioni di comando, ma anche alle enormi aspettative della popolazione.
Secondo la denuncia presentata mercoledì 19 gennaio a Parigi da tre Ong, "la fortuna personale" dell'ex presidente tunisino, e della sua seconda moglie, Leila Trabelsi, è di 5 miliardi di dollari.
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Manette, inchieste e ancora caos. Non si placa la situazione a Tunisi, dove la polizia ha tentato di disperdere con salve in aria una manifestazione, di fronte alla sede dell'antico partito di Ben Ali, il Raggruppamento Costituzionale Democratico, per chiederne la dissoluzione e che nessun membro faccia parte del nuovo governo.
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E lo stesso comitato centrale dell'Rcd si è disciolto proprio nel giorno della prima riunione dell'esecutivo di Mohammed Ghannouci, rinviata da mercoledì 19 gennaio. Intanto la tv nazionale tunisina ha confermato l'inchiesta contro i 33 parenti del deposto presidente, arrestati negli ultimi giorni e sospettati di "crimini" contro la Tunisia.
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La Presse, un quotidiano locale che fino a poco tempo fa sosteneva il regime, ha pubblicato le foto dei beni sequestrati e citato anche il presidente dei musei tunisini, che ha chiesto alle autorità di ordinare "il sequestro dei pezzi archeologici di cui sono zeppi i palazzi e le case appartenute ai membri più in vista dell'entourage dell'ex presidente".
Nel mirino dell'inchiesta, oltre al deposto presidente, la sua seconda moglie, Leila Trabelsi, "i fratelli, i generi e i nipoti" di lei. Secondo i media tunisini, i beni del clan "potrebbero essere espropriati".
E nel mirino della Banca centrale tunisina è finita anche la banca Ziytouna, proprietà del genero di Ben Ali, uno dei maggiori magnati nel Paese. Alla guida della Commissione anti-corruzione, voluta dal nuovo governo tunisino e' stato nominato un avvocato, attivista per i diritti umani, Abdelfattah Amor, per anni all'opposizione di Ben Ali, che ha promesso "un lavoro oggettivo, senza spirito di vendetta, ma neanche compiacenza".
Il suo compito non sembra facile: dovrà far fronte alla forza di inerzia degli uomini del vecchio regime, ancora in gran parte in posizioni di comando, ma anche alle enormi aspettative della popolazione.
Secondo la denuncia presentata mercoledì 19 gennaio a Parigi da tre Ong, "la fortuna personale" dell'ex presidente tunisino, e della sua seconda moglie, Leila Trabelsi, è di 5 miliardi di dollari.