Brasile, racconto dall'inferno di Teresopolis

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Un'immagine del Brasile colpito dal maltempo
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Alluvioni, frane e smottamenti hanno inghiottito comunità intere seminando morte e disperazione. Nel caos i sopravvissuti cercano notizie di parenti e amici, mentre cresce il rischio di infezioni. E il maltempo continua a non dare tregua. IL REPORTAGE

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di Emiliano Guanella

TERESOPOLIS – Piove a dirotto sulla terra umida delle decine di comunidades, i quartieri popolari arroccati sulle dolci montagne di Rio de Janeiro, in mezzo alla foresta atlantica, sventrata dalla tromba d’aria della notte tra mercoledì e giovedì, dall’acqua che è caduta in maniera devastante, assassina, implacabile. Nel centro di Teresopolis si trova l’Istituto Medico Legale, meta del pellegrinaggio triste di centinaia di persone che da giorni non hanno notizie dei loro cari. Sfogliano un album di foto, poi l’ultimo controllo, la conferma della morte. Centinaia di corpi, l’aria irrespirabile, mascherine bianche per coprirsi la bocca.
Storie di assurda fatalità, come quella di Maria, giovane madre di tre figli. Il suo quartiere si è salvato ma Luis, il primogenito di 14 anni, era rimasto a casa di un amico, stava godendosi le vacanze estive. Era al Bairro Posse, uno dei più colpiti, sono rimaste in piedi solo il venti per cento delle case, è stato portato via dalla corrente.

Al Posse ci si arriva per una strada sinuosa, la coda di automobili è lunghissima, è pieno di poliziotti, soldati dell’esercito, ogni tanto passano i camion dei pompieri, le ambulanze, le macchine con i vetri scuri delle pompe funebri. Sulla pendenza della montagna si vede la striscia di morte delle frane, degli smottamenti che sono cresciuti scendendo verso valle, portandosi via tutto quello che hanno trovato nel cammino. I vicoli della favela sono diventati così fiumi di detriti, pezzi intere di case, vite che vanno in frantumi.
L’inferno è scoppiato alle tre e mezzo di notte, la pioggia cadeva da diverse ore ma da queste parti, in estate, è una cosa normale.
“Sembrava una cosa abituale – mi racconta in lacrime Evelin, un fratello disperso, un cugino identificato ieri all’obitorio – eppure ad un certo punto i tuoni sono diventati più frequenti. Ci siamo svegliati di soprassalto e fuori l’acqua era già alta, mezzo metro almeno, con la corrente fortissima. Non si poteva uscire, abbiamo iniziato a pregare. Io vivo con mio marito e mio madre, la nostra casa ha retto, ma quella di mio fratello no, è tutto crollato, non sappiamo nulla di lui”. Al Bairro Espanhol lavorano senza fermarsi le ruspe. Sono cadute le case più alte, sono venuti giù i tralicci della corrente elettrica, la gente non si fida e molti caricano quello che possono sull’auto, destinazione un rifugio sicuro, chi ce l’ha.
Mario Viveiros fa l’imbianchino, la casa che avrebbe dovuto lavorare durante tutto il mese di gennaio è crollata lì vicino. “La mia invece è rimasta in piedi, ma è inagibile, la polizia mi ha permesso di entrare per portare via qualche documento, ma mi ha avvisato che dovranno buttarla giù perché è pericolante. Ricomincio da capo, ringrazio Dio perché ha risparmiato la mia famiglia, ma non so come farò a ripartire da zero”.

La gente di Teresopolis telefona alle radio locali per sapere qualcosa dei propri famigliari. Sono quasi tutte chiamate disperate. Alcune invece sono nel segno del sollievo perché grazie soprattutto al passaparola, in una città dove le linee di telefono e i cellulari funzionano a singhiozzo, i loro parenti sono stati trovati. Si raccontano le imprese eroiche, i piccoli miracoli. La ormai famosa donna tratta in salvo da un vicino che le ha lanciato una corda salvandola dal fiume in piena che stava per risucchiare anche il tetto del palazzo dove viveva. L’uomo sbucato vivo dalle macerie dopo tre giorni e che proprio oggi compie 42 anni. C’è la gara di solidarietà di tutto il Brasile, tonnellate di alimenti caricati su camion, jeep, automobili che vengono smistate nelle palestre e negli stadi comunali. Molta buona volontà, ma altrettanta disorganizzazione, manca la coordinazione dei vari corpi di polizia impegnati sul posto. E ci sono i centri isolati, dove si arriva solo in elicottero. Lì i vicini hanno iniziato a seppellire da soli i loro morti. Non si può aspettare, il clima umido aumenta l’odore forte dei cadaveri e il pericolo di infezioni è alto. Il cielo intanto, continua ad essere grigio, con forti piogge previste per i prossimi giorni. L’emergenza non è affatto finita.

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