Nuova Zelanda, nessuna speranza per i minatori intrappolati

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Le foto di alcuni dei 29 minatori di Pike River
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Seconda esplosione nella miniera di carbone di Pike River, la polizia crede che nessuno dei 29 lavoratori possa essere sopravvissuto. Tra i gas tossici e il pericolo di incidenti le squadre di soccorso ancora non si erano mosse

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Seconda esplosione nella miniera di carbone di Pike River, in Nuova Zelanda, dove dal 19 novembre sono intrappolati 29 lavoratori a 160 metri di profondità.
Dopo l'incidente, avvenuto nella notte del 23 novembre alle 14:37 (le 4:37 ora italiana), la polizia ha ammesso di non avere più speranze di trovare ancora in vita i minatori. "Crediamo che nessuno sia sopravvissuto e che tutti siano morti" ha dichiarato il portavoce della polizia Gary Knowles.
I familiari sono stati informati prima dell'annuncio ai media.

Dalle miniere continuano a fuoriuscire gas tossici: proprio a causa di questi e dell'alto rischio di incendi ed esplosioni nel sottosuolo le squadre di soccorso hanno dovuto posticipare l'avvio delle operazioni. Nelle gallerie erano stati inviati in avanscoperta due robot.
Il responsabile dell'impianto estrattivo, Peter Whittall, ha difeso le misure di sicurezza esistenti nella miniera, affermando inoltre che mai vi si era verificato un evento del genere.

Tra i minatori, di età compresa fra i 17 e i 62 anni, vi sono anche cinque stranieri: due britannici, due australiani e un sudafricano; due loro colleghi erano riusciti a fuggire, raggiungendo per conto proprio la superficie. I parenti dei dispersi, anche degli stranieri, sono tutti sul posto e attendono gli sviluppi. Ma dopo l'esplosione di stanotte la speranza di un altro miracolo come quello dei 33 minatori cileni è ormai sfumata.

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