La Nuova Zelanda col fiato sospeso per le sorti dei minatori

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Da tre giorni 29 operai si trovano intrappolati a 160 metri di profondità per un’esplosione avvenuta a Pike River. I gas tossici non permettono ancora ai soccorritori di scendere nel pozzo principale. La speranza è che possa ripetersi il miracolo cileno

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Per il terzo giorno consecutivo sono rimaste in fase di stallo le operazioni di soccorso dei 29 minatori intrappolati da venerdì scorso, in seguito a un'esplosione, a circa 160 metri di profondità nella miniera di carbone di Pike River, situata in una remota area di montagna sull'Isola Meridionale della Nuova Zelanda. Con ogni probabilità, almeno fino a martedì non sarà dato il via libera alle squadre di soccorso per scendere nel pozzo principale, che si teme sia invaso dai gas tossici, sprigionati dall'incendio divampato nella miniera. Per la prima volta dall'inizio dell'emergenza, i soccorritori hanno ammesso che occorre prepararsi a "una possibile perdita di vite umane", anche se "restiamo ancora ottimisti, aperti a tutte le soluzioni".

Gli esperti dal canto loro non hanno escluso che i minatori possano essere sopravvissuti allo scoppio, ma hanno ammonito che occorre comunque fare presto se si vuole mantenere qualche speranza di salvarne almeno una parte. Il problema è soprattutto la disponibilità di aria respirabile: le bombole di ossigeno in dotazione ai dispersi avevano infatti un'autonomia di poco più di sessanta minuti, e prima di dodici ore non sarà possibile avere i risultati dei test sulla qualità dell'aria nei cunicoli, che saranno effettuati con un robot.

I minatori potrebbero anche aver trovato una sacca d'aria dove rifugiarsi, ma non si sa se dispongano di cibo e acqua a sufficienza; sempre che l'esplosione non li abbia uccisi sul colpo. Il responsabile dell'impianto estrattivo, Peter Whittall, ha comunque difeso le misure di sicurezza esistenti nella miniera, affermando inoltre che mai vi si era verificato un evento del genere. Tra i minatori, di età compresa fra i 17 e i 62 anni, vi sono anche cinque stranieri: due britannici, due australiani e un sudafricano; due loro colleghi erano riusciti a fuggire, raggiungendo per conto proprio la superficie. I parenti dei dispersi, anche degli stranieri, sono tutti sul posto e attendono gli sviluppi, auspicando che possa ripetersi il miracolo dei 33 minatori cileni tratti in salvo dopo ben due mesi.


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