Il dramma di Haiti tra violenza, elezioni e colera

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Nell'isola devastata dal terremoto, l'epidemia (che molti imputano ai caschi blu) ha già fatto un migliaio di morti. E la situazione non sembra destinata a migliorare, come racconta a Sky.it un operatore di una organizzazione umanitaria. VIDEO E FOTO

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di Alberto Giuffrè

L'acqua inquinata ha portato il colera, che in pochi giorni ha ucciso un migliaio di persone e ne ha mandate all’ospedale circa 17 mila. Ma di inquinata, ad Haiti, c’è anche una campagna elettorale che sta aumentando le tensioni sociali e sta spegnendo le speranze della popolazione, già soffocate dal terremoto che nel gennaio del 2010 ha provocato più di 222 mila vittime coinvolgendo più di 3 milioni di abitanti.
E' difficile tornare alla normalità in un Paese che la normalità non l'ha mai conosciuta. Lo racconta a Sky.it un operatore di un'organizzazione umanitaria che ha lavorato nell'isola e che ha accettato di parlare della sua esperienza chiedendo di restare anonimo. Valerio (il nome è di fantasia) ha la qualifica di "Disaster manager". Ha trascorso quasi due mesi ad Haiti e adesso che è tornato in Italia continua a seguire giorno dopo giorno la situazione nel Paese.

Una canzone per prevenire il colera – Il colera è un'infezione intestinale che porta rapidamente alla morte. Alla fine di ottobre parte della popolazione ha iniziato a manifestare sintomi tipici come diarrea, vomito e febbre alta. Subito dopo sono arrivate le prime morti con casi anche nella vicina Santo Domingo e in Florida.
Ma come si fa per limitare i danni? "Occorre lavarsi bene le mani e non entrare in contatto con acqua contaminata", spiega Valerio. "C'è un metodo che noi insegniamo. Forse farà ridere ma è diffuso a livello internazionale: consiste nel cantare per due volte di fila la canzoncina 'Happy Birthday' mentre ci si lava le mani. È un modo per assicurarsi che la pulizia di tutte le dita avvenga in maniera efficace anche senza il sapone".
Mentre gli operatori delle ong utilizzano mascherine e guanti per diffondere i messaggi di prevenzione ai cittadini viene diffuso soprattutto con gli sms. "Può sembrare strano – continua Valerio – ma ad Haiti sono molto diffusi i cellulari. Le compagnie telefoniche hanno ricevuto dei finanziamenti dopo il terremoto e vendono gli apparecchi con delle ricariche per 10 dollari, che comunque è una cifra considerevole".
Intanto Medici Senza Frontiere, che nel Nord del Paese ha aperto un nuovo centro per trattare il virus, ha lanciato un allarme alle organizzazioni che operano nell’isola: “Le previsioni a breve e lungo termine indicano che la situazione peggiorerà”.

Le accuse ai caschi blu – Lunedì 15 novembre i caschi blu uccidono due manifestanti che protestavano contro l'Onu. Un'altra vittima si registra il 18 novembre. Le Nazioni unite spiegano: “È stata legittima difesa”. Ma alla base dell proteste della folla c'è proprio l'accusa che siano stati i caschi blu a portare il colera, come spiega anche Valerio: “Si è diffusa la voce che alcuni militari provenienti dal Nepal avessero causato la diffusione del virus perché i loro bagni avrebbero scaricato direttamente sul letto del fiume".
Il portavoce della Nazioni unite Farhan Haq ha detto che "non c'è alcun tipo di prova conclusiva" che l'epidemia sia dovuta alla presenza dei Caschi Blu del Nepal. "Continueremo a cercare più informazioni per capire la dinamica del contagio - ha detto Haq durante la consueta conferenza stampa al Palazzo di Vetro - al momento, comunque, la missione dell'Onu non è in possesso di alcun tipo di prova conclusiva". Nei giorni scorsi diversi esperti di epidemiologia avevano sottolineato che il colera non è una malattia tipica dei Caraibi e che potrebbe essere stata portata ad Haiti dai militari del Nepal, dove è più comune.

La campagna elettorale, inquinata come l'acqua – A fomentare gli scontri con le forze delle nazioni unite pare abbiano contribuito anche le pressioni e le manipolazioni dei candidati alla presidenza per le prossime elezioni. Nel pieno dell'emergenza umanitaria Haiti sta vivendo anche una campagna elettorale turbolenta che culminerà con il voto del 28 novembre. Alcuni aspiranti presidenti, come il rapper Wyclef Jean, si sono ritirati dalla corsa per ragioni poco chiare. “Ci sono una ventina di candidati”, racconta l'operatore, “che riescono a manipolare la popolazione affidandosi ai capi campo, una sorta di sindaci delle tendopoli. Li prendono e gli promettono soldi, lavoro o semplicemente delle magliette”. Ma è un giro che riguarda una parte degli haitiani. “Qui la popolazione è rassegnata. Ha perso ogni speranza di riscatto, non crede che la politica possa risolvere i problemi”.

Secondo quanto scrive il Corriere della Sera c'è un interesse a fare saltare il voto. "E' il governo a fomentare le violenze per rinviare le elezioni", spiega sul quotidiano il colonnello Mauricio Cruz che comanda il contingente brasiliano. Il giornale cita a sostegno di questa ipotesi gli ultimi sondaggi che, dall'inizio dell'epidemia hanno visto il candidato del presidente uscente René Preval, Jude Celestin, scendere dal primo al terzo posto, a favore della principale sfidante democratica.

Il ritorno dei rapimenti – Tra i danni causati dal terremoto c'è anche il crollo di due carceri che ha rimesso in libertà 4500 detenuti. Molti di loro si sono riorganizzati in bande dedite al business dei rapimenti. “Le vittime possono essere sia operatori delle ong che persone del posto, dal momento che in alcune zone di Port Au Prince vivono famiglie benestanti”. Il riscatto? “Vengono chiesti intorno ai 12 mila dollari, che non sono neanche una cifra altissima”. E intanto il coprifuoco per i volontari, che prima era alle 18, è stato anticipato alle 12.

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