Giallo sulla liberazione della leader dell’opposizione: gli arresti domiciliari si concludono il 13 novembre ma, dopo l’annuncio di un rilascio anticipato, le trattative sarebbero ancora in corso. Decine di sostenitori e giornalisti attendono a Rangoon
Gli arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi scadono il 13 novembre ma alcune fonti locali invece, sostengono che le parti sono ancora impegnate in negoziati.
A Rangoon sale intanto l'attesa per il possibile rilascio della donna, premio Nobel per la pace del 1991 e leader dell'opposizione in Birmania: la 65enne ha passato 15 degli ultimi 21 anni reclusa, tra detenzione e arresti domiciliari. San Suu Kyi ha però già fatto sapere tramite il suo avvocato che non accetterà una liberazione sottoposta a condizioni, per esempio la rinuncia all'impegno politico: proprio per questo, dopo l'iniziale entusiasmo, si è diffusa la convinzione che le trattative siano ancora in corso.
Aung San Suu Kyi avrebbe dovuto essere liberata già nel maggio 2009, ma la breve ospitalità data ad un intruso americano le costarono ulteriori 18 mesi di detenzione per aver violato i termini dei suoi arresti domiciliari. Solo un pretesto, secondo molti, per escluderla dalla ultime elezioni, in cui il conteggio parziale indica il partito del regime in testa con il 75% dei voti scrutinati.
Secondo fonti della "Lega nazionale per la democrazia" (Ndl), il partito guidato da Suu Kyi prima dello scioglimento forzato per aver boicottato le elezioni, i documenti relativi al rilascio sarebbero stati firmati la mattina del 12 novembre. Nella sede del partito, secondo l'agenzia Mizzima, si sono già radunati 500 attivisti ai quali però è stato detto di ritornare a casa, mentre viene segnalata una maggiore presenza delle forze di polizia all'esterno della residenza della donna.
A Rangoon sale intanto l'attesa per il possibile rilascio della donna, premio Nobel per la pace del 1991 e leader dell'opposizione in Birmania: la 65enne ha passato 15 degli ultimi 21 anni reclusa, tra detenzione e arresti domiciliari. San Suu Kyi ha però già fatto sapere tramite il suo avvocato che non accetterà una liberazione sottoposta a condizioni, per esempio la rinuncia all'impegno politico: proprio per questo, dopo l'iniziale entusiasmo, si è diffusa la convinzione che le trattative siano ancora in corso.
Aung San Suu Kyi avrebbe dovuto essere liberata già nel maggio 2009, ma la breve ospitalità data ad un intruso americano le costarono ulteriori 18 mesi di detenzione per aver violato i termini dei suoi arresti domiciliari. Solo un pretesto, secondo molti, per escluderla dalla ultime elezioni, in cui il conteggio parziale indica il partito del regime in testa con il 75% dei voti scrutinati.
Secondo fonti della "Lega nazionale per la democrazia" (Ndl), il partito guidato da Suu Kyi prima dello scioglimento forzato per aver boicottato le elezioni, i documenti relativi al rilascio sarebbero stati firmati la mattina del 12 novembre. Nella sede del partito, secondo l'agenzia Mizzima, si sono già radunati 500 attivisti ai quali però è stato detto di ritornare a casa, mentre viene segnalata una maggiore presenza delle forze di polizia all'esterno della residenza della donna.