WikiLeaks, scende in campo anche l'Onu: "Indagare sull'Iraq"
MondoL’Alto commissario per i diritti umani, Navi Pillary, ha chiesto a Washington e Baghdad di aprire delle indagini dopo le accuse di torture svelate dal sito web fondato da Assange. Dietro quei file lo spettro di gravi violazioni delle leggi internazionali
L'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha chiesto a Washington e Baghdad di indagare sulle accuse di torture emerse dai documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Iraq diffusi dal sito WikiLeaks. In un comunicato pubblicato sul sito dell'Onu, la Pillay sottolinea che secondo i documenti gli americani hanno continuato a consegnare prigionieri agli iracheni pur sapendo che questi praticavano la tortura.
Secondo la Pillay i documenti denunciano gravi violazioni delle leggi internazionali a protezione dei diritti umani e indicano come molti civili siano stati uccisi in maniera sommaria. Al momento l'Iraq non ha ratificato la sua adesione alla Convenzione contro la tortura e quindi i funzionari dell'Onu non possono esigere di ispezionare le carceri del Paese.
Intanto Mario Lozano, il militare americano che il 4 marzo 2005 sparò sull’auto che trasportava Giuliana Sgrena uccidendo Nicola Calipari, replica in un’intervista alla Stampa ai file svelati da WikiLeaks: "Quella notte arrivarono segnalazioni di una possibile autobomba diretta al nostro check point, ma la decisione di fare fuoco fu dovuta al fatto che non si fermò né quando è stato intimato l'alt, né dopo la raffica di avvertimento". "C'era una lista di vetture a rischio - racconta Lozano - Segnalazioni di autorità locali e non, informative dell'intelligence, precedenti attentati e indicazioni della gente del posto. Tutto questo viene analizzato ed elaborato e ne esce una lista come quella che mi venne consegnata la notte del 4 marzo 2005. Non posso escludere - continua - che sia arrivata una segnalazione dal ministero degli Interni iracheno, personalmente non ho parlato con nessuno se non con il superiore che in quel momento coordinava il check point 541e che mi ha consegnato la lista dei veicoli sospetti". "Non ricordo se vi fosse quella di Calipari, bisognerebbe ritrovare la lista o chiedere a chi la compilò".
E, dopo le ultime rivelazioni diffuse dal sito web fondato da Julian Assange, anche il movimento sciita Hezbollah denuncia "tutti i crimini terroristici commessi dalle forze d'occupazione americane in Iraq", le "pratiche delle truppe americane contro i civili iracheni e la violazione dei diritti della popolazione irachena". In una nota il gruppo sottolinea come "tutte le leggi internazionali e gli accordi ritengano le forze di occupazione responsabili per quel che accade nei territori che occupano". Hezbollah, auspicando che vengano processati i responsabili di "questi crimini", invita le Nazioni Unite a punire i responsabili delle "brutalità” commesse contro i civili iracheni. "Ci chiediamo se questo sia abbastanza per l'Onu e per il suo segretario generale Ban Ki-moon - si legge nel comunicato - per svegliarsi e per avviare un'indagine reale sugli orribili crimini commessi contro la popolazione irachena oppressa dall'inizio dell'occupazione sino ad oggi". Ma l’Onu per ora ha chiesto a Washington e a Baghdad di indagare.
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Secondo la Pillay i documenti denunciano gravi violazioni delle leggi internazionali a protezione dei diritti umani e indicano come molti civili siano stati uccisi in maniera sommaria. Al momento l'Iraq non ha ratificato la sua adesione alla Convenzione contro la tortura e quindi i funzionari dell'Onu non possono esigere di ispezionare le carceri del Paese.
Intanto Mario Lozano, il militare americano che il 4 marzo 2005 sparò sull’auto che trasportava Giuliana Sgrena uccidendo Nicola Calipari, replica in un’intervista alla Stampa ai file svelati da WikiLeaks: "Quella notte arrivarono segnalazioni di una possibile autobomba diretta al nostro check point, ma la decisione di fare fuoco fu dovuta al fatto che non si fermò né quando è stato intimato l'alt, né dopo la raffica di avvertimento". "C'era una lista di vetture a rischio - racconta Lozano - Segnalazioni di autorità locali e non, informative dell'intelligence, precedenti attentati e indicazioni della gente del posto. Tutto questo viene analizzato ed elaborato e ne esce una lista come quella che mi venne consegnata la notte del 4 marzo 2005. Non posso escludere - continua - che sia arrivata una segnalazione dal ministero degli Interni iracheno, personalmente non ho parlato con nessuno se non con il superiore che in quel momento coordinava il check point 541e che mi ha consegnato la lista dei veicoli sospetti". "Non ricordo se vi fosse quella di Calipari, bisognerebbe ritrovare la lista o chiedere a chi la compilò".
E, dopo le ultime rivelazioni diffuse dal sito web fondato da Julian Assange, anche il movimento sciita Hezbollah denuncia "tutti i crimini terroristici commessi dalle forze d'occupazione americane in Iraq", le "pratiche delle truppe americane contro i civili iracheni e la violazione dei diritti della popolazione irachena". In una nota il gruppo sottolinea come "tutte le leggi internazionali e gli accordi ritengano le forze di occupazione responsabili per quel che accade nei territori che occupano". Hezbollah, auspicando che vengano processati i responsabili di "questi crimini", invita le Nazioni Unite a punire i responsabili delle "brutalità” commesse contro i civili iracheni. "Ci chiediamo se questo sia abbastanza per l'Onu e per il suo segretario generale Ban Ki-moon - si legge nel comunicato - per svegliarsi e per avviare un'indagine reale sugli orribili crimini commessi contro la popolazione irachena oppressa dall'inizio dell'occupazione sino ad oggi". Ma l’Onu per ora ha chiesto a Washington e a Baghdad di indagare.
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