Cira Antignano a SkyTG24: “Mio figlio mi diceva che gli italiani in carcere non venivano trattati bene. Che se si ammalavano non venivano curati”. Intanto, il ministro Frattini ha chiesto spiegazioni alla Francia sul ragazzo deceduto in cella a Grasse
“Voglio arrivare alla verità perché mio figlio non è morto d’infarto”. Lo chiede a gran voce Cira Antignano, la madre di Daniele Franceschi, il viareggino di 36 anni morto in carcere a Grasse il 25 agosto scorso, forse per violenze subite nella detenzione. “Non credo e non ho mai creduto che la causa possa essere quella, come sostengono le autorità francesi. Il corpo di mio figlio è tornato in Italia in condizioni pietose, a tal punto che non volevano neanche farmelo vedere” continua la donna intervistata a SkyTG24 nel giorno in cui sul caso è intervenuto anche il titolare della Farnesina Franco Frattini, chiedendo risposte alla Francia. “Il ministro mi ha assicurato che porterà avanti le cose perché bisogna arrivare alla verità”.
Poi, Cira Antignano ricorda i racconti dal carcere del figlio: “Mi diceva che gli italiani non venivano trattati bene dalle guardie. Si lamentava per il mangiare e perché non venivano curati. In una lettera mi aveva scritto che una volta aveva la febbre molto alta, 41, suonava il campanello ma nessuno rispondeva. Così cercava di guarire da solo, mettendosi sulla fronte il ghiaccio del frigorifero”. Testimonianze contenute non solo nelle lettere che Daniele inviava alla madre, ma anche nei suoi diari, di cui però, non c’è più traccia. “Scriveva sempre, dalla mattina alla sera, si appuntava qualsiasi cosa. Il diario esiste e me lo devono restituire”.
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Poi, Cira Antignano ricorda i racconti dal carcere del figlio: “Mi diceva che gli italiani non venivano trattati bene dalle guardie. Si lamentava per il mangiare e perché non venivano curati. In una lettera mi aveva scritto che una volta aveva la febbre molto alta, 41, suonava il campanello ma nessuno rispondeva. Così cercava di guarire da solo, mettendosi sulla fronte il ghiaccio del frigorifero”. Testimonianze contenute non solo nelle lettere che Daniele inviava alla madre, ma anche nei suoi diari, di cui però, non c’è più traccia. “Scriveva sempre, dalla mattina alla sera, si appuntava qualsiasi cosa. Il diario esiste e me lo devono restituire”.
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