Le organizzazioni che stanno aiutando le popolazioni alluvionate rischierebbero attacchi da parte dei talebani. "Non pensiamo al ritiro" dicono i volontari italiani
Alluvione in Asia: LE IMMAGINI
Alluvione in Pakistan: LA FOTOGALLERY
(in fondo al pezzo tutti i video)
Il Dipartimento di Stato americano ha riferito oggi di avere avuto informazioni circa la possibilità che gli operatori umanitari che si trovano in Pakistan per aiutare le popolazioni colpite dalle inondazioni divengano obiettivi per attentati.
I talebani, infatti, con una dichiarazione che lascia desumere una minaccia di attentati, hanno definito "inaccettabile" la presenza nel paese alluvionato di operatori umanitari stranieri. Il portavoce del Movimento dei talebani pachistani, il Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp, già responsabile di attentati che hanno causato migliaia di morti) ha sostenuto che gli Stati Uniti e altri paesi non si stanno concentrando solo sui bisogni degli alluvionati ma hanno anche altre "intenzioni": "nessun sostegno sta arrivando alle persone colpite e, dal momento che le vittime non ricevono aiuto, quest'orda di stranieri per noi non è affatto accettabile". "Quando diciamo che qualcosa è inaccettabile per noi, ognuno può tirarne le conclusioni", ha aggiunto il portavoce Azam Tariq in dichiarazioni all'agenzia Ap.
"La sicurezza dei nostri operatori ci sta molto a cuore, ma in questa fase non pensiamo al ritiro" ha dichiarato Marco Bertotto, direttore di Agire (che riunisce cinque Ong italiane presenti in Pakistan). Le Ong di Agire, che hanno in Pakistan otto operatori italiani e molti stranieri, "stanno facendo ciò che le risorse a disposizione e le condizioni sul terreno permettono", spiega Bertotto, che ammette: "C'è un tema sicurezza sul quale già da tempo sono state prese delle precauzioni".
Insomma, al momento per gli operatori umanitari non cambia nulla, la cautela c'è ma è quella di sempre. Certo, aggiunge, "si sta in queste ore discutendo su come mettere a punto le procedure di sicurezza che già ci sono, ma valuteremo di volta in volta sul terreno le circostanze". "La nostra presenza - puntualizza - è legata esclusivamente ad obiettivi umanitari. Ci teniamo a ribadirlo. Non sottovalutiamo la difficoltà di lavorare in un contesto come il Pakistan, ma le nostre organizzazioni sono in quel Paese solo per assistere la popolazione".
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Il Dipartimento di Stato americano ha riferito oggi di avere avuto informazioni circa la possibilità che gli operatori umanitari che si trovano in Pakistan per aiutare le popolazioni colpite dalle inondazioni divengano obiettivi per attentati.
I talebani, infatti, con una dichiarazione che lascia desumere una minaccia di attentati, hanno definito "inaccettabile" la presenza nel paese alluvionato di operatori umanitari stranieri. Il portavoce del Movimento dei talebani pachistani, il Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp, già responsabile di attentati che hanno causato migliaia di morti) ha sostenuto che gli Stati Uniti e altri paesi non si stanno concentrando solo sui bisogni degli alluvionati ma hanno anche altre "intenzioni": "nessun sostegno sta arrivando alle persone colpite e, dal momento che le vittime non ricevono aiuto, quest'orda di stranieri per noi non è affatto accettabile". "Quando diciamo che qualcosa è inaccettabile per noi, ognuno può tirarne le conclusioni", ha aggiunto il portavoce Azam Tariq in dichiarazioni all'agenzia Ap.
"La sicurezza dei nostri operatori ci sta molto a cuore, ma in questa fase non pensiamo al ritiro" ha dichiarato Marco Bertotto, direttore di Agire (che riunisce cinque Ong italiane presenti in Pakistan). Le Ong di Agire, che hanno in Pakistan otto operatori italiani e molti stranieri, "stanno facendo ciò che le risorse a disposizione e le condizioni sul terreno permettono", spiega Bertotto, che ammette: "C'è un tema sicurezza sul quale già da tempo sono state prese delle precauzioni".
Insomma, al momento per gli operatori umanitari non cambia nulla, la cautela c'è ma è quella di sempre. Certo, aggiunge, "si sta in queste ore discutendo su come mettere a punto le procedure di sicurezza che già ci sono, ma valuteremo di volta in volta sul terreno le circostanze". "La nostra presenza - puntualizza - è legata esclusivamente ad obiettivi umanitari. Ci teniamo a ribadirlo. Non sottovalutiamo la difficoltà di lavorare in un contesto come il Pakistan, ma le nostre organizzazioni sono in quel Paese solo per assistere la popolazione".