Gran Bretagna, Clegg non piace più al web

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Il vicepremier inglese Nick Clegg
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I primi cento giorni della coalizione tra conservatori e libdem non hanno fatto bene al vicepremier inglese, che anche su Twitter registra un calo di consensi. Un declino inaspettato considerato che in campagna elettorale era diventato il nuovo idolo 2.0

di Carola Frediani

Anche Twitter ha emesso il verdetto, e non è stato favorevole. I primi mesi di governo non sono stati facili per Nick Clegg, leader dei liberaldemocratici e vicepremier britannico all’ombra di David Cameron.
I sondaggi hanno infatti mostrato un calo di consensi per il numero due di Downing Street. Ora a questi si è aggiunta la sentenza della twittosfera.
E forse è il caso che la giovane promessa della politica d’Oltremanica corra ai ripari. Proprio in occasione dei primi 100 giorni della coalizione tra conservatori e libdem, Tweetminster, un sito che raccoglie e organizza i tweet politici, ha analizzato 5 milioni di aggiornamenti relativi al governo.

Le sue conclusioni non sono dissimili da quelle tratte da alcuni sondaggi d’opinione: mentre il premier David Cameron ha guadagnato consensi e più in generale il “sentimento” provato verso i Tories è rimasto stabile, Clegg ha subito un calo in popolarità.
Eppure pochi mesi fa Clegg era una specie di nuovo Obama: su Facebook gli utenti lo avevano votato come miglior candidato premier, mentre durante la campagna elettorale, dopo il primo dibattito televisivo, le ricerche online relative a Clegg erano improvvisamente impennate. Ma era stato proprio Twitter, lo scorso aprile, a difendere l’outsider della politica britannica dagli attacchi della stampa con una campagna ironica che consisteva nell’incolpare Clegg di ogni inconveniente o disgrazia.

Ora l’innamoramento della Rete per il vicepremier sembra essere scemato. Dallo studio dei cinguettii condotto da Tweetminster è inoltre emerso che i temi più sentiti nella twittosfera politica inglese sono le guerre in Iraq e Afganistan, il lavoro, i tagli alla spesa pubblica e anche la marea nera della Bp.
Mentre più in secondo piano risultano questioni come l’immigrazione, la criminalità, la riforma del sistema elettorale e sanitario. Di sicuro la stretta sulla spesa pubblica con l’obiettivo di risanare le finanze ha pesato molto sull’immagine di Clegg, che, almeno per quanto riguarda i suoi elettori, avrebbe dovuto tenere il timone del governo più a sinistra.
Ma per il leader libdem, che in questi giorni sta sostituendo il neopapà Cameron alla guida del Paese, l’autunno potrebbe rivelarsi ancora più caldo: i sindacati sono sul piede di guerra e hanno annunciato una mobilitazione ad ottobre contro i tagli al settore pubblico, mentre il prossimo mese si svolgerà il congresso nazionale del suo partito, dove non mancano gli scontenti.

Clegg, dal suo canto, continua a difendere l’intesa con i conservatori di Cameron: si tratta di un accordo “a lungo termine”, ha detto, per l’interesse della nazione.
Ma a complicargli la vita è arrivato uno studio dell’Istituto per gli studi fiscali (IFS), secondo il quale la manovra estiva del governo sarebbe chiaramente regressiva, andando a colpire soprattutto le classi più povere.

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