Manuel Zani: "Niente violenza, ma negati i miei diritti"

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L'italiano, che si trovava a bordo della nave assaltata dal commando israeliano, racconta la sua esperienza. Non conferma i maltrattamenti, ma parla di condizioni durissime: "In prigione non c'era da mangiare per tutti". TUTTI I VIDEO E LE FOTO

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Maltrattamenti? Non proprio, certo, diritti negati, nessuna telefonata ai familiari, ma botte proprio no. Manuel Zani, l'attivista italiano catturato a bordo di una delle navi della Freedom Flotilla dalle forze di sicurezza israeliana appena giunto a Roma con un volo delle linee aree turche provenienti da Istanbul dove era stato trasferito ieri sera, racconta le fasi concitate che hanno portato al suo arresto e a quello di altri centinaia di attivisti. "Noi - racconta dopo aver superato il muro umano di amici che lo hanno stretto in un abbraccio soffocante - insieme a Manuel Luppichini eravamo a bordo della nave per girare un documentario. Di quella notte, infatti, ricordo: navigavamo tranquillamente quando abbiamo visto i gommoni israeliani che hanno circondato  tutte le navi e sono saliti a bordo. Molti attivisti si sono chiusi nella cabina del comandante che era l'obiettivo delle forze militari israeliane. Nessun'arma sulla nave, gli attivisti hanno fatto scudo con i loro corpi, infatti dopo pochi minuti i militari si sono impadroniti della cabina di pilotaggio della nave".

"Sto bene - aggiunge Zani - non ho subito particolari maltrattamenti, a parte le fasi concitate dell'arresto. Nessuno degli attivisti presenti a bordo solo gli israeliani hanno usato manganelli e scosse elettriche per neutralizzare chi impediva loro di entrare nella cabina di comando. Ho saputo, invece, che Manolo è stato trattenuto in Israele, ma forse rientrerà già oggi, perché all'aeroporto di Tel Aviv ha cercato di difendere un palestinese e questo ha provocato la dura reazione degli israeliani". Zani ribadisce che a bordo non c'erano armi, ma solo pacifisti, la nave trasportava aiuti umanitari e generatori di corrente. Il suo materiale, quello girato nel corso della lunga navigazione, è stato tutto sequestrato, infatti Zani mostra una borsa tragicamente vuota. Della sua detenzione in un carcere speciale israeliano parla con toni drammatici: eravamo centinaia ma non c'era da mangiare per tutti, qualcuno rimaneva sempre senza. Poi racconta di essere stato portato in un tribunale: "O meglio  - spiega - in quello che c'è stato detto essere un giudice e che ci ha consegnato un foglio di carta scritto in ebraico, quindi del tutto incomprensibile, e pretendeva che noi lo firmassimo. Ci hanno detto che era la dichiarazione di ammissione di essere entrati in Israele illegalmente. Ma quando mai? Si chiede Zani. Noi siamo stati rapiti dagli israeliani mentre eravamo a 70 miglia dalla costa. Sono loro che ci hanno portato in territorio israeliano. Per questo il documento non lo abbiamo firmato".

Ma sei stato maltrattato? Insistono i cronisti. "No - risponde il giovane attivista romano - no nel senso classico della parola, vale a dire picchiato. Certo, mi hanno tenuto in un carcere senza avere contatti con l'esterno e questo non è stato proprio piacevole". Qualcuno gli chiede cosa farà ora? "Ancora non lo so - risponde Zani - certo è che vorrei tornare al più presto nella striscia di Gaza per dare il mio contributo contro questo embargo israeliano che è del tutto illegale. Gli israeliani mi hanno messo però un timbro sul passaporto che mi definisce persona non grata e quindi penso che per i prossimi dieci anni non ci potrò mettere piede. Ora tocca a voi, operatori dei media, continuare a fare pressioni affinchè l'embargo contro i palestinesi venga rimosso al più presto".

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