In Thailandia dove è tornato l'ordine dopo le settimane di tensioni e scontri per la protesta delle camicie rosse. Il premier Abhisit Vejjajiva ha promesso un processo di riconciliazione nazionale ma dice no alle elezioni anticipate
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Tornano la calma e l'ordine nelle strade di Bangkok. Dopo giorni di violenti scontri tra le “camicie rosse”, sostenitori dell’ex premier Taksin Shinawatra, e l’esercito governativo, oggi si contano i danni di una rivolta che può essere considerata una delle più cruente degli ultimi anni della storia thailandese. Sono almeno 83 le persone rimaste uccise nella guerriglia urbana, tra le quali il giornalista italiano Fabio Polenghi, mentre soltanto questa mattina è stato annunciato il ritrovamento di 9 cadaveri all’interno del semidistrutto Central Wall, il maggiore centro commerciale della capitale thailandese. Dopo la resa delle “camicie rosse” e l’assalto dell’esercito al loro quartier generale, secondo quanto dichiarato questa mattina dal premier in carica, Abhisit Vejjajiva, nel corso di un intervento televisivo, il governo si sta muovendo per permettere rapidamente il ritorno alla normalità, mentre “il coprifuoco - proclamato per tre giorni - e le altre restrizioni verranno gradualmente rimossi”. Il primo ministro ha poi aggiunto di voler “superare le divisioni del Paese”, e ha ribadito che “il governo porterà avanti il programma di riconciliazione già proposto, basato sulla partecipazione, la democrazia e la giustizia”. Diverse sono infatti le questioni riguardanti la politica interna del Paese che dovranno essere affrontate prossimamente. Una di queste è rappresentata dalla richiesta di ricorrere elezioni anticipate, rivendicazione che era stata reiterata più volte dal movimento delle “camicie rosse”. Abhisit Vejjajiva, nel corso del suo ultimo intervento non ha però accennato ad alcuna consultazione elettorale, esprimendosi soltanto sulla necessità di indirizzare il Paese verso una risoluzione democratica del conflitto interno.
Secondo numerosi analisti, il percorso verso la pacificazione non si presenta affatto privo di ostacoli: se si andasse al voto in tempi brevi, risulterebbe vincitore l’ex premier Shinawatra - attualmente in esilio e accusato di corruzione - mentre se la situazione si stabilizzasse definitivamente, Vejjajiva potrebbe probabilmente governare fino al termine del suo mandato (fine 2011), ma dovrebbe fare i conti con possibili proteste da parte delle “camicie rosse”.
La Thailandia non è nuova a avvenimenti di questo tipo: dal secondo dopoguerra ad oggi, sono state numerose le rivolte interne al Paese e i colpi di stato conclusisi con una dura repressione da parte dell’esercito. Una nuova destabilizzazione della nazione però potrebbe essere fortemente negativa per l’equilibrio della regione: l’area, che è al centro della zona Asia-Pacifico contesa da Usa e Cina.
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Tornano la calma e l'ordine nelle strade di Bangkok. Dopo giorni di violenti scontri tra le “camicie rosse”, sostenitori dell’ex premier Taksin Shinawatra, e l’esercito governativo, oggi si contano i danni di una rivolta che può essere considerata una delle più cruente degli ultimi anni della storia thailandese. Sono almeno 83 le persone rimaste uccise nella guerriglia urbana, tra le quali il giornalista italiano Fabio Polenghi, mentre soltanto questa mattina è stato annunciato il ritrovamento di 9 cadaveri all’interno del semidistrutto Central Wall, il maggiore centro commerciale della capitale thailandese. Dopo la resa delle “camicie rosse” e l’assalto dell’esercito al loro quartier generale, secondo quanto dichiarato questa mattina dal premier in carica, Abhisit Vejjajiva, nel corso di un intervento televisivo, il governo si sta muovendo per permettere rapidamente il ritorno alla normalità, mentre “il coprifuoco - proclamato per tre giorni - e le altre restrizioni verranno gradualmente rimossi”. Il primo ministro ha poi aggiunto di voler “superare le divisioni del Paese”, e ha ribadito che “il governo porterà avanti il programma di riconciliazione già proposto, basato sulla partecipazione, la democrazia e la giustizia”. Diverse sono infatti le questioni riguardanti la politica interna del Paese che dovranno essere affrontate prossimamente. Una di queste è rappresentata dalla richiesta di ricorrere elezioni anticipate, rivendicazione che era stata reiterata più volte dal movimento delle “camicie rosse”. Abhisit Vejjajiva, nel corso del suo ultimo intervento non ha però accennato ad alcuna consultazione elettorale, esprimendosi soltanto sulla necessità di indirizzare il Paese verso una risoluzione democratica del conflitto interno.
Secondo numerosi analisti, il percorso verso la pacificazione non si presenta affatto privo di ostacoli: se si andasse al voto in tempi brevi, risulterebbe vincitore l’ex premier Shinawatra - attualmente in esilio e accusato di corruzione - mentre se la situazione si stabilizzasse definitivamente, Vejjajiva potrebbe probabilmente governare fino al termine del suo mandato (fine 2011), ma dovrebbe fare i conti con possibili proteste da parte delle “camicie rosse”.
La Thailandia non è nuova a avvenimenti di questo tipo: dal secondo dopoguerra ad oggi, sono state numerose le rivolte interne al Paese e i colpi di stato conclusisi con una dura repressione da parte dell’esercito. Una nuova destabilizzazione della nazione però potrebbe essere fortemente negativa per l’equilibrio della regione: l’area, che è al centro della zona Asia-Pacifico contesa da Usa e Cina.