Eugenio Vagni è vivo ed è ancora nelle mani dei sequestratori. "E' vero che sta male, ma è vivo" ha dichiarato un portavoce del Ministero dell'Interno filippino
Eugenio Vagni è vivo, è ancora nelle mani dei sequestratori e i negoziati per il suo rilascio vanno avanti. Questo quanto dichiarato dal portavoce del Ministero dell'Interno filippino che ha aggiunto: "E' vero che sta male, ma è vivo".
Nonostante le forze armate siano pronte, il governo "è ottimista su una soluzione pacifica della crisi".
Il blitz per la sua liberazione è stato autorizzato, ma non eseguito. Lo hanno reso noto fonti delle autorità filippine e il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. "La situazione è molto fluida, non confermiamo le dichiarazioni rilasciate dalle autorità locali circa il trasferimento in altre mani" ha detto il capo della Farnesina, "vogliamo capire davvero cosa stia accadendo, sappiamo che le condizioni di salute sono immutate: l'ostaggio ha difficoltà di movimento ma non è in condizioni gravi".
"La nostra priorità è recuperarlo sano e salvo" ha detto il portavoce dell'esercito filippino, colonnello Edgard Arevalo, al quotidiano 'Philippine Enquirer' a proposito dell'ingegnere italiano da settimane nelle mani della guerriglia filippina.
"I negoziati non sono stati ancora abbandonatui" ha detto il genarle Gaudencio Pangilinan, "anche se il governatrore di Sului, Sakur Tan, ci ha dato luce verde per intervenire, lo faremo solo se ci sara' un amplissimo margine di possibilità di recuperae salvare l'ostaggio senza corree rischi per la sua integrità".
Sulle sorti di Vagni e sull'operato delle forze di sicurezza di Manila regna la confusione. Un messaggio criptico che il senatore Richard Gordon aveva ricevuto dal capo dei sequestratori, Albader Parad - "Dio avrà cura di lui, qualunque cosa succeda" - aveva fatto pensare che l'ostaggio fosse stato abbandonato nella foresta di fronte all'incalzare dell'offensiva militare.
Ma Arevalo ha ribadito al giornale che "allo stato attuale, Vagni è ancora nella mani dei rapitori, che fanno parte di Abu Sayyaf". Di quale gruppo dell'organizzazione fondamentalista, però, non è chiaro. A Zamboanga i miliziani si sono divisi in quattrogruppi. Due sono stati inseguiti fino a Talipao e si presume che Vagni sia con uno di questi. I militari hanno posto l'assedio intorno all'area costiera di Talipao, ma ad oggi "non c'e traccia di Vagni" ha detto il ministro dell'Interno Ronald Puno.
Il senatore Gordon ha anche aggiunto che, secondo indiscrezioni non confermate, i sequestratori avrebbero chiesto un riscatto di 200 milioni di pesos filippini - equivalenti a poco piu' di 3,1 milioni di euro - per la liberazione di Vagni; la stessa cifra che sarebbe stata pagata per il rilascio dello svizzero Andreas Notter lo scorso fine settimana.
Vagni, originario di Montevarchi (Toscana), è l'ultimo di tre dipendenti del comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) rapiti nel sud delle Filippine, il 15 gennaio scorso all'uscita da una prigione in cui i tre avevano compiuto un sopralluogo nell'ambito di un progetto di ristrutturazione idrica.
TUTTE LE NOTIZIE SUL CASO DI EUGENIO VAGNI
Nonostante le forze armate siano pronte, il governo "è ottimista su una soluzione pacifica della crisi".
Il blitz per la sua liberazione è stato autorizzato, ma non eseguito. Lo hanno reso noto fonti delle autorità filippine e il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. "La situazione è molto fluida, non confermiamo le dichiarazioni rilasciate dalle autorità locali circa il trasferimento in altre mani" ha detto il capo della Farnesina, "vogliamo capire davvero cosa stia accadendo, sappiamo che le condizioni di salute sono immutate: l'ostaggio ha difficoltà di movimento ma non è in condizioni gravi".
"La nostra priorità è recuperarlo sano e salvo" ha detto il portavoce dell'esercito filippino, colonnello Edgard Arevalo, al quotidiano 'Philippine Enquirer' a proposito dell'ingegnere italiano da settimane nelle mani della guerriglia filippina.
"I negoziati non sono stati ancora abbandonatui" ha detto il genarle Gaudencio Pangilinan, "anche se il governatrore di Sului, Sakur Tan, ci ha dato luce verde per intervenire, lo faremo solo se ci sara' un amplissimo margine di possibilità di recuperae salvare l'ostaggio senza corree rischi per la sua integrità".
Sulle sorti di Vagni e sull'operato delle forze di sicurezza di Manila regna la confusione. Un messaggio criptico che il senatore Richard Gordon aveva ricevuto dal capo dei sequestratori, Albader Parad - "Dio avrà cura di lui, qualunque cosa succeda" - aveva fatto pensare che l'ostaggio fosse stato abbandonato nella foresta di fronte all'incalzare dell'offensiva militare.
Ma Arevalo ha ribadito al giornale che "allo stato attuale, Vagni è ancora nella mani dei rapitori, che fanno parte di Abu Sayyaf". Di quale gruppo dell'organizzazione fondamentalista, però, non è chiaro. A Zamboanga i miliziani si sono divisi in quattrogruppi. Due sono stati inseguiti fino a Talipao e si presume che Vagni sia con uno di questi. I militari hanno posto l'assedio intorno all'area costiera di Talipao, ma ad oggi "non c'e traccia di Vagni" ha detto il ministro dell'Interno Ronald Puno.
Il senatore Gordon ha anche aggiunto che, secondo indiscrezioni non confermate, i sequestratori avrebbero chiesto un riscatto di 200 milioni di pesos filippini - equivalenti a poco piu' di 3,1 milioni di euro - per la liberazione di Vagni; la stessa cifra che sarebbe stata pagata per il rilascio dello svizzero Andreas Notter lo scorso fine settimana.
Vagni, originario di Montevarchi (Toscana), è l'ultimo di tre dipendenti del comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) rapiti nel sud delle Filippine, il 15 gennaio scorso all'uscita da una prigione in cui i tre avevano compiuto un sopralluogo nell'ambito di un progetto di ristrutturazione idrica.
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