"Siamo in mezzo alla guerra. È giusto chiudere tutto" sottolinea Gori, che si dice "orgoglioso della risposta dei bergamaschi" e lancia un allarme: i dati ufficiali riguardanti decessi e contagi "sono la punta dell'iceberg"
Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori commenta, in un'intervista alla Stampa, i drammatici effetti del coronavirus sulla provincia, che, afferma il primo cittadino, "in questi giorni sta vedendo morire tanti uomini e donne e cancellare intere generazioni, senza nemmeno poter dare loro un degno saluto". "Siamo in mezzo alla guerra. È giusto chiudere tutto", sottolinea Gori, che in una lettera al governatore lombardo Attilio Fontana e al premier Giuseppe Conte, insieme con altri colleghi, ha ribadito: "Al momento riteniamo che l'adozione di coraggiosi nuovi provvedimenti restrittivi possa rappresentare l'unica soluzione per una tragedia che sembra oggi non avere fine".
"Orgoglioso dei bergamaschi"
"Sono contento, anzi orgoglioso della risposta dei bergamaschi", dice il sindaco Gori facendo riferimento alle iniziative di solidarietà messe in campo da cittadini, volontari e imprese. Tra i gesti che lo hanno commosso, "le impiegate delle biblioteche comunali, che sono ovviamente chiuse. Si sono inventate di leggere le favole, poi postano i video su Facebook. È la vita che va avanti", conclude Gori.
"I dati sono la punta dell'iceberg"
Due giorni fa il primo cittadino ha poi lanciato un allarme sulle pagine dell'Eco di Bergamo, sottolineando che le cifre diffuse dai bollettini ufficiali non tengono conto di possibili ulteriori contagi e decessi. "Tutti noi - spiega Gori parlando anche per i colleghi sindaci della Bergamasca - sappiamo di persone anziane decedute in casa di riposo, oppure in casa, e a cui non è stato fatto il tampone". "Abbiamo lanciato questo messaggio per dare una rappresentazione più realistica del problema gravissimo che stiamo affrontando - prosegue Gori -. I dati sono la punta dell’iceberg. Vale per i contagi, i ricoveri e purtroppo anche per i decessi. Troppe vittime non vengono contemplate nei report perché muoiono a casa".
Dello stesso avviso molti altri primi cittadini, che si scontrano ogni giorno con i dati inviati da Ats e dalla prefettura. Il sindaco di Seriate Cristian Vezzoli parla in questo senso di "dati non realistici": "Certo, nel nostro caso i documenti ufficiali dicono che il coronavirus ha causato 9 morti - spiega il sindaco sulle pagine dell'Eco di Bergamo - ma dall’inizio del mese il nostro ufficio anagrafe ne ha registrate circa 60. In assenza di tampone i medici scrivono 'polmonite interstiziale' però i sintomi sono chiari", sottolinea il primo cittadino.