La scrittrice torna in libreria con "La rappresentazione", un romanzo pubblicato da Mondadori con protagonisti una pittrice di successo, suo marito e la famiglia di quest'ultimo. E durante "Incipit", la rubrica di Sky TG24 dedicata ai libri, dice: "Con certi dolori bisogna farci i conti. E più li abbiamo voluti dimenticare, più forte è il rancore che ci impedisce di pacificarci con noi stessi"
Il romanzo si intitola "La rappresentazione", l'ha scritto Romana Petri e ha per protagonisti una pittrice di successo (Albertini), suo marito (Vasco) e la famiglia di quest'ultimo. È ambientato tra Roma e Lisbona e, come ricorda la casa editrice Mondadori che l'ha pubblicato, è il terzo volume di una saga iniziata con "Ovunque io sia" e continuata con "Pranzi di famiglia" (di solito, quando si legge la parola 'saghe' si arriccia subito il naso, e di solito si risponde che no, che la storia è autonoma e che non serve aver letto i vecchi per iniziare il nuovo. Stavolta, però, è vero).
Ma torniamo a quella famiglia tra i protagonisti del libro: è "molto silenziosa e insieme molto respingente", racconta Petri a Sky TG24, prima di aggiungere che si potrebbe definire "una famiglia di 'informazioni', in cui cioè ci si sente per dirsi le solite cose (sempre le stesse) e per incontrarsi perché, anche se si sa che le cose non vanno bene, incontrarsi significa comunque già un po’ negarlo".
Petri, in quest'intervista, spiega però che questa opera è anche "il romanzo del fatale ritorno alle origini: i figli, che generalmente da giovani vogliono essere molto diversi dai genitori, e che spesso peraltro sono molto giudicanti, quando crescono subiscono un inevitabile e drammatico ritorno in seno". E, in effetti, capita così anche a uno dei protagonisti di questa storia, Vasco, "che da giovane tanto detestava il padre e ora che è adulto, pur continuando a detestarlo, si accorge sempre più che gli somiglia".
Anche l'ottusità è uno spunto letterario
Su quel rapporto, e soprattutto sulle sue indelebili conseguenze, Petri scrive pagine intense e bellissime, dimostrando come non solo i traumi ma pure le ottusità che si nascondono nei legami familiari e personali sono dei grandi spunti letterari.
"Credo tutto si compia laggiù, nell'infanzia", dice durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24; poi, proprio a proposito dei traumi, aggiunge come in realtà siano "pietre bollenti che noi ci ritroviamo in mano e che gettiamo in uno stagno scuro dove non si vedono. Abbiamo la sensazione di sentirle friggere nell’acqua e scendere in basso, ma ciò non vuol dire che non siano poi come dei pesci che tornano in superficie e sbollano".
"Con certi dolori - dice - ogni tanto bisogna farci i conti, e più li abbiamo voluti dimenticare, più forte è il rancore che ci impedisce di pacificarci con noi stessi. Perché tutti i traumi che abbiamo vissuto da bambini, in realtà, li abbiamo vissuti nella consapevolezza di essere noi i colpevoli".