Gli ebrei e la Germania: storia dell’illusione di una integrazione

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Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Dopo aver raccontato “La Grande Vienna ebraica”, Riccardo Calimani indaga un rapporto complesso analizzato prima dell’arrivo della barbarie nazista e della Shoah

 

“Una passione a senso unico destinata al fallimento”. Così Heinrich Mann - il fratello di Thomas, che su molte cose, rispetto proprio a Thomas, la pensava assai diversamente - definiva la storia degli ebrei tedeschi. Era il 1934. Quella frase è ora riportata nelle prime pagine di un saggio scritto da Riccardo Calimani e dedicato appunto a “Gli ebrei e la Germania” (Bollati Boringhieri, pp. 400, euro 16).

Il merito di questo libro sta nella sua premessa. È lo stesso Calimani a ricordare infatti come l’ombra dell’aberrante violenza del Novecento, con il suo nichilismo totalitario “sembra proiettarsi  anche verso il passato e rendere vano il tentativo di trovare il senso di una storia che ha fallito”. 

E non è un caso che le pagine più preziose del saggio siano probabilmente le prime centocinquanta; quelle cioè che scandagliano l’illusione di un’integrazione; le stesse in cui Calimani ricorda come già nel Settecento il drammaturgo Gotthold Ephraim Lessing sostenesse che l’integrazione degli ebrei nella società tedesca sarebbe stata possibile solo se si fossero realizzate due condizioni, e cioè se fosse “stato loro concesso di godere della cultura e della proprietà, aspirazioni comuni a tutti e tipicamente borghesi”.

L'ambizione e gli stereotipi

“Gli ebrei tedeschi - nota Calimani - presero molto sul serio questo punto di vista e concentrarono sui due obiettivi ogni sforzo, nel tentativo di raggiungerli nel più breve tempo possibile”. Prima di aggiungere che “purtroppo lo zelo di apparire borghesi e assimilati dette vita a un’ipertrofia di benessere e di intelligenza che finì per suscitare nuovi stereotipi, l’immagine dell’ebreo intelligente e ricco, non meno pericolosa di altre, nuove forme di aggressività e di invidia”.

Di Calimani, qualche tempo fa, Bollati Boringhieri aveva già ripubblicato uno studio sulla “Grande Vienna ebraica” (ne abbiamo scritto qui). Come in quel caso, anche qui l’analisi incrocia i numeri della demografia e, come in quel caso, rievoca soprattutto i profili umani e le loro contraddizioni, restituendoci le schegge di una storia drammatica.

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