IL LIBRO DELLA SETTIMANA Lo scrittore e saggista firma un romanzo ambientato in provincia e scritto con una lingua garbata, assai lontana dal solito contemporaneo
È una narrazione fatta di umori, odori, formule garbate e saluti colloquiali, quella che imbastisce Andrea Kerbaker nel suo ultimo romanzo da poco pubblicato da La Nave di Teseo (“Money”, pp. 126, euro 13).
Kerbaker racconta la storia in cui finisce impelagato Roberto, un tappezziere perbene, timido e introverso, con pochi soldi e col rimpianto di essersi fatto ingabbiare, molti anni prima, dal miraggio dell’artigianato.
È anche quel rimorso, accompagnato dall’esigenza (o solo dal desiderio?) di provare a svoltare, a farlo abboccare all’esca ghiotta che gli lancia Vincenzo, un vecchio compagno di scuola rimasto uguale a “dieci, a venti, a trent'anni fa, quando lo ha conosciuto, sui banchi delle medie, ogni giorno con la scusa buona per la sua impreparazione”.
L’obiettivo è intascare settantamila euro grazie a un piano perfetto e senza rischi, e forse è pleonastico aggiungere che puntualmente quei rischi si fanno concreti quasi subito, dando così l’avvio alle sue vicissitudini (e dunque al racconto di Kerbaker).
Un racconto assai lontano dalla solita scrittura
Qui però vale la pena soprattutto soffermarsi sul come più che sul cosa è raccontato in questo romanzo.
Si può dire, per esempio, che, scrivendo, Kerbaker possa aver pensato a certi film di Pupi Avati, oppure essersi ricordato di certe righe di Fruttero e Lucentini o ancora aver ripescato alcuni bozzetti di Piero Chiara, e tutto questo non perché il libro sia ambientato nel passato, ma solo perché questa storia fa della misura rapida e colloquiale, il suo asse narrativo, tenendosi assai alla larga dalla solita, e predominante, scrittura contemporanea.
Questo timbro si avverte da subito: dal rumore, ad esempio, che fanno le bottiglie e le tazzine di caffè nelle prime pagine, o da certi dialoghi familiari e misurati, o ancora dall’incedere garbato della paratassi.
Kerbaker - bibliofilo e lettore onnivoro che da qualche tempo a Milano ha aperto una “Kasa dei libri” nella quale ha dato ricovero a diverse decine di migliaia di edizioni eccentriche e di pregio - ha scritto un romanzo con uno stile così poco alla moda da apparire quasi innovativo. Ed è questo, più che la storia, a rendere il suo libro gradevole e inaspettato come una sorsata di limonata.