Jordi Lafebre: “Le donne forti sono ovunque, non sono una novità”

Uno stile pulito che unisce l’animazione Disney alla tradizione del fumetto franco belga, e una voce autoriale fortemente riconoscibile. Jordi Lafebre e uno dei fumettisti più importanti d’Europa. Il suo ultimo lavoro, “Io sono un angelo perduto” , è la seconda storia di Eva, psichiatra e paziente psichiatrica al tempo stesso, investigatrice privata per talento e diletto. Un lavoro forse ancora più divertente, ricco d’azione e maturo rispetto al precedente “Io sono il loro silenzio”, che già aveva colpito per la freschezza di scrittura e disegni. Lafebre è stato ospite di Lucca Comics & Games per BAO Publishing, il suo editore italiano. Lo abbiamo intervistato. Come è nato il personaggio di Eva? Cercavo questa sorta di paradosso che è una professionista della salute mentale affetta in prima persona da problemi psichici, che si trovasse ad avere a che fare con la questione sotto due punti di vista diversi: da analista e da paziente. E volevo che possedesse il talento di vedere parti molto oscure e segrete delle persone per poter risolvere dei crimini, che fosse brava a intuire ciò che la gente cerca di nascondere. Ho mischiato tutto questo in un tono da commedia. Le è stato chiaro da subito che si sarebbe trattato di una serie? Volevo creare un universo aperto in cui potessi tornare quando volevo. Alla fine di "Nonostante tutto" ero un po’ triste perché amavo Anna e Zeno ma non potevo tornare da loro dal momento che la storia era finita. Così mi sono detto che se avessi fatto qualcosa di nuovo avrei voluto poterla portare avanti. Avevo l’idea di scrivere diverse storie con Eva protagonista ma ogni libro è diverso e nuovo e cerco di approcciarmici come tale. Tanto “Io sono il loro silenzio” quanto “Io sono un angelo perduto” sono storie piene di personaggi femminili forti, non solo Eva. Sì! Adoro scrivere di donne forti, sento che ce ne sia ancora una forte mancanza nei fumetti e nei media in genere. C’è una grande tradizione di uomini forti nelle storie poliziesche, ovunque, ma non ci sono altrettante donne forti in questo genere. Volevo essere moderno e da una prospettiva personale è una sfida più grande e divertente dover creare una donna che sia circondata da altre donne, perché mi costringe a creare qualcosa. Se scrivessi di un uomo probabilmente finirei a inserirci le mie esperienze e non è una cosa che voglio, voglio creare da prospettive diverse dalla mia. Comunque tutte le donne che conosco sono forti, il concetto di donna forte mi sembra strano, a volte trovi persone, non un uomo o una donna ma persone in generale, che hanno un carattere meno forte ma non penso che le donne forti siano qualcosa di nuovo. Si è approcciato al tema della salute mentale in maniera molto gentile e delicata, con un grande rispetto, evitando gli stereotipi. È stato complicato decidere di parlare di questo tema? Nel momento in cui decidi di voler scrivere di qualcosa, la tua parte professionale di scrittore deve spingerti a studiare quanto più possibile se c’è qualcosa di cui non sai nulla: fa parte del lavoro ed è anche parte del divertimento, e combacia con la curiosità naturale di uno scrittore. Avevo la scusa perfetta per parlare con professionisti della salute mentale e con persone che hanno disturbi psichici ed è stata un’esperienza straordinaria. Scrivere qualcosa che è allo stesso tempo così delicata e sconosciuta per te ti costringe a essere molto preciso, ma allo stesso tempo ti senti come se stessi facendo qualcosa di buono per gli altri e cerchi di tirar fuori il meglio che puoi senza dimenticare che stai facendo comunque un libro che deve essere divertente e rilassante, anche se tratta argomenti così importanti. Entrambe le storie con protagonista Eva sono dei noir. Il secondo in particolare contiene una evidente citazione di un romanzo di Manuel Vázquez Montalbán, “Il centravanti è stato assassinato verso sera”. Cosa è che la attira così tanto in questo genere? C’è anche della commedia. Montalbán era davvero bravo a raccontare al lettore una Barcellona che conosceva, i suoi romanzi sono una scusa per portarci in giro per la città in quell’epoca, in un momento davvero specifico della storia, dopo la fine della dittatura, e adoro il fatto che con una storia noir, un crimine da risolvere, si possa camminare in mezzo alla società, penso sia uno dei motivi per cui tutti amiamo questo genere, perché è una scusa per andare in qualche altro posto e vedere parti diverse della società che non vengono mostrate negli altri film. E mi piace mischiare tutto come faceva Montalbán, commedia e nori e libri sulla società. Preferisce lavorare da autore unico o da disegnatore affiancato da un altro sceneggiatore, come per esempio fa con Zidrou? Io sento miei tutti i libri che faccio, metto tutta la mia energia in ognuno di essi. È vero, ora mi scrivo le sceneggiature da solo e quindi mi proietto due volte in ogni libro, ma è stato così per tutta la mia carriera. Cerco di prendere ogni lavoro in maniera intensa e molto seria, ed è come se fossero tutti miei figli, li amo tutti. Il suo stile si inserisce perfettamente nella tradizione del fumetto franco belga. Quali sono state le sue influenze principali nel formarsi come artista? Trovo divertente che dica così perché non mi sono sempre sentito un vero artista franco belga. Sono cresciuto a Barcellona e mi sento tanto barcellonese, da ragazzo leggevo Dragon Ball e i fumetti americani così come Asterix e Tintin. Penso che il mio stile sia un po’ un mix di tutto: amo l’animazione e sono cresciuto guardando gli anime, forse il mio gusto va più verso il fumetto francofono ma all’inizio pensavo di essere troppo strano per poterci lavorare. Adoro che abbiano accettato il mio stile e che da fuori paia inserirsi perfettamente in questa tradizione, ma io sento ancora una sorta di complesso al riguardo. Ha mai desiderato lavorare da disegnatore su una grande IP? Magari nei comics americani? Ho l’opportunità di lavorare su grandi brand e grandi personaggi, lavoro anche nell’animazione e sono stato vicinissimo a lavorare su personaggi molto grandi che tutti conoscono e di nuovo, per me, è come lavorare sui miei personaggi. Si tratta di proiettarmi nella storia, concentrarmi sul personaggio sotto l’aspetto umano e prendere ogni progetto, che sia un libro o un film, quanto più seriamente possibile. Quando lavori su grandi personaggi devi ricordarti della loro personalità e quando creo i miei cerco di creare una specie di aura che possa renderli grandi personaggi. Si tratta di restare umili e mettere la propria energia nella storia.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Jordi Lafebre: “Le donne forti sono ovunque, non sono una novità”

Gabriele Lippi