Come usare l’Ia nella musica? Tre strade, tre posizioni

Come abbiamo già scritto in altri articoli, l'impiego dell'intelligenza artificiale generativa, cioè quella che crea nuovi contenuti basandosi sui dati su cui è stata addestrata, rappresenta oggi uno degli elementi di maggior discussione all'interno dell'industria culturale e artistica. Dopo un periodo in cui molti speravano che fosse solo un fenomeno passeggero, nel giro di pochi mesi il dibattito si è spostato dal “se” usare l'intelligenza artificiale a “come” usare l'intelligenza artificiale. Questo è vero soprattutto nella musica, dove l'avvicendarsi di composizioni e pubblicazioni è più intensa rispetto alle altre altri arti e discipline, e dove pare che pure OpenAI stia lavorando a uno strumento capace di generare musica, testo e suoni. Nell'ultimo anno quindi il dibattito sull'intelligenza artificiale generativa si è spostato da un approccio per così dire disruptive a uno strategico. Tuttavia le strategie impiegate dai vari attori del mercato variano notevolmente e perciò non esiste una "prospettiva di settore" univoca su come affrontare l'incursione massiccia della Gen AI. Mentre alcune grandi aziende stanno abbracciando la Gen AI e chiedono l'introduzione di barriere di sicurezza consolidate, altri player più piccoli e indipendenti stanno contrastando l'ingresso delle aziende di Gen AI nell'industria musicale. Quindi l'intelligenza artificiale si sta decisamente affermando, ma la mancanza di consenso nell'industria musicale su come questa tecnologia dovrebbe essere utilizzata e regolamentata sta evidenziando crepe di lunga data nelle fondamenta dell'industria musicale. Le differenze più evidenti nelle strategie di intelligenza artificiale riguardano le major e le etichette indipendenti. Mentre le major stanno lavorando per trovare soluzioni che consentano un utilizzo responsabile della Gen AI e generino nuovi ricavi dalle licenze, molti artisti indipendenti ed etichette minori sono fermamente contrari a qualsiasi utilizzo nella propria musica. Ma andiamo per gradi e proviamo a capire quali sono in dettaglio le articolate posizioni dei vari player del mercato che peraltro variano nel tempo. La posizione delle major, i lunghi processi e la legislatura Le tre major discografiche lo scorso anno hanno intentato causa a livello globale a Suno e Udio per violazione del copyright. Tuttavia ora potrebbero spingere per un accordo, modificando la causa e sostenere che Suno ha scaricato illegalmente le tracce utilizzate per addestrare la loro AI, seguendo quindi un precedente stabilito nella sentenza del caso tra gli autori e la società di Intelligenza Artificiciale Anthropic. In teoria, infatti, le decisioni dei tribunali costituiscono il precedente più solido per stabilire come poter utilizzare l'intelligenza artificiale generativa in musica; d'altro canto la legislazione si trova ad affrontare una serie di sfide pratiche, che vanno dalla lunghezza dei processi, alle normative che variano da paese a paese. Nel breve termine, accordi finanziari e accordi di licenza diretta con le aziende di Gen AI potrebbero portare a risultati migliori per le etichette discografiche; ma, nel lungo periodo, i dilemmi fondamentali che l'intelligenza artificiale pone al diritto d'autore e al fair use rimarrebbero comunque irrisolti. L'approccio degli indipendenti A loro volta tutto il mondo delle etichette indipendenti contiene varie posizioni. Ci sono realtà più grandi come Kobalt Music Group che gestisce parte del repertorio di molti artisti, tra cui Paul McCartney, Miles Davis, Bon Iver e St. Vincent che hanno firmato un accordo con la piattaforma musicale di Gen AI Eleven Music, mentre Merlin e Believe – insieme a Sony e Warner – hanno recentemente stretto una partnership più ampia con Spotify per sviluppare "prodotti musicali di intelligenza artificiale incentrati sugli artisti". Dall'altra parte però un gruppo di artisti indipendenti ha recentemente intentato una class action contro Suno e Udio per violazione del copyright. Del resto, secondo un recente sondaggio svolto online negli Stati Uniti, risulta che il 12% dei creator musicali ha utilizzato sistemi di intelligenza artificiale nella produzione musicale e l'8% utilizza regolarmente l'app musicale di intelligenza artificiale Suno, mentre il 45% dei creator musicali non ha utilizzato alcuna app musicale di intelligenza artificiale negli ultimi dodici mesi. L'opinione delle piattaforme di streaming La musica generata dall'intelligenza artificiale pone nuovi interrogativi non solo ai titolari dei diritti, ma anche a chi gestisce le piattaforme di streaming; anche queste infatti si sono divise sulla risposta da dare all'ondata di contenuti generati dall'intelligenza artificiale sulle loro piattaforme e su chi abbia la responsabilità di identificarli in primo luogo. Un recente articolo di Water & Music ha delineato i diversi approcci presi finora. Deezer ha adottato la posizione più aggressiva, utilizzando strumenti proprietari di rilevamento dell'intelligenza artificiale e rimuovendo dalle playlist algoritmiche ed editoriali qualsiasi traccia che risulti interamente generata dall'intelligenza artificiale. Spotify, d'altra parte, ha adottato una strategia di divulgazione volontaria in cui i titolari dei diritti indicano se l'intelligenza artificiale è stata utilizzata nella creazione di una traccia. Entrambe le strategie presentano pro e contro: quella di Deezer prevede un'azione decisa, ma rischia che le canzoni vengano etichettate in modo errato dal sistema, mentre la soluzione di Spotify consente maggiori sfumature riguardo al modo in cui l'AI viene utilizzata nella creazione musicale, ma si basa essenzialmente su un sistema di "codice d'onore". Non esiste quindi una soluzione perfetta, e sebbene entrambe le strategie di piattaforma siano utili, faticano a contrastare il crescente problema del volume di "AI slop", ovvero quella massa di contenuti di scarsa qualità generati dall'intelligenza artificiale con l'obiettivo di catturare l'attenzione e generare interazioni, spesso a scapito del valore reale. Qual è la soluzione? Questo totale disallineamento tra i vari attori della filiera nei confronti dell'intelligenza artificiale nella musica non fa che esacerbare le controversie sui temi di gestione dei diritti, proprietà e distribuzione dei ricavi che esistevano già prima che intervenisse la Gen AI. Peraltro anche quelle trattative di cui sopra tra discografiche, piattaforme e società che sviluppano Gen AI “incentrate sugli artisti” non è ben chiaro in che modo proteggeranno quest'ultimi. La mancanza di un fronte unito nell'industria musicale rende sempre più difficile progettare nuovi accordi e standard per la Gen AI e non riuscendo a risolvere i problemi sui diritti che esistono da molti anni, continuerà ad aggravarli, rischiando di dividere ancora di più l'industria musicale. Quindi la situazione non solo è grave, ma è anche molto seria.

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Michele Boroni