Tower Dungeon e la sua rivoluzione "sottile" nello stile dei manga

La cosa più sorprendente e allo stesso tempo interessante di “Tower Dungeon”, il nuovo manga di Tsutomu Nihei pubblicato da Planet Manga, è lo stile dei disegni. Uno stile che cambia, che si adatta, che segue l’andamento e soprattutto l’intensità della storia. Uno stile che prima si arricchisce di dettagli e di piccole cose e che poi, nel giro di poche pagine, si fa essenziale, al limite dell’abbozzato, con linee morbide, altre interrotte, e sagome appena accennate nella dimensione della vignetta. Nihei prova a dare velocità alla storia aumentando e diminuendo lo spessore del tratto; usa i personaggi per costruire le varie tavole, nello stesso modo in cui usa qualsiasi altro elemento dell’ambientazione . Volendo descrivere con un’unica parola lo stile di Nihei, potremmo usare “sottile”. Sono sottili le sagome, sono sottili le figure; sono sottili le stesse vignette, che si sviluppano in lungo, dall’alto al basso e viceversa, e non in orizzontale. Sono sottili i lineamenti dei personaggi, le loro espressioni, gli sguardi che lanciano. Sono sottili le dita delle mani e gli arti. “Tower Dungeon” è un fumetto dark fantasy. La sua trama è lineare e abbastanza intuitiva: c’è un gruppo di persone, di avventurieri e soldati, che partono per salvare la principessa tenuta prigioniera in una torre. Torre che non è mai un’unica cosa, che si trasforma e che ha dentro di sé tanti livelli e tanti spazi differenti. Ci sono esseri umani, mostri e creature di vario genere. C’è chi usa la spada e la forza bruta e chi, invece, la magia. Per Nihei “Tower Dungeon” rappresenta un passo in avanti nella sua carriera. Non un miglioramento, attenzione. Ma una presa di coscienza profonda. Forse non è il suo capolavoro , ma è sicuramente l’opera della maturità: quella, cioè, in cui è pronto a prendersi il suo tempo, a sperimentare, a concentrarsi tanto sulla forma quanto sul contenuto. Anzi, a tratti è più attento alla prima che al secondo. Ed è questa la caratteristica principale di “Tower Dungeon”. La sua leggibilità. Intesa sia come chiarezza narrativa sia come consapevolezza strutturale: il genere diventa uno strumento per parlare di altri temi; contemporaneamente, però, si presta per una riflessione più ampia sulla forma, sul modo di tenere insieme elementi apparentemente diversi e concetti che solo a una prima occhiata sembrano somigliarsi. Nihei fa delle scelte precise: come impostare la pagina, quanto tempo prendersi per dire, o per non dire, una determinata cosa; su quale personaggio focalizzarsi maggiormente, come mostrare – e quindi come suggerire – le caratteristiche principali di una particolare creatura. Non c’è un didascalismo morboso o asfissiante. C’è, al contrario, un andamento fluido, poco artificioso, che aggiunge dettagli su dettagli senza risultare mai ripetitivo. “Tower Dungeon” è costruito, e lo abbiamo già detto, in verticale. E questa sua verticalità si riconosce anche nelle varie decisioni che riguardano la regia e le inquadrature . Sono pochi i fumetti come “Tower Dungeon”: fumetti che non hanno bisogno di grandi premesse, che non si avventurano in flashback infiniti e che non provano a sommergere il lettore con tanti, troppi significati da cogliere e da catalogare. “Tower Dungeon” è una storia che sa di fantasia, di immediatezza, che si affida tanto alla tradizione quanto all’immaginazione del suo autore. I disegni sono avvolgenti, mai opprimenti o noiosi; sono – lo diciamo ancora una volta – sottili. E in questa loro sottigliezza, in questo loro essere perennemente e mai insistentemente affusolati, la storia può respirare, può allargarsi o restringersi; può prendere sia direzioni prevedibili che direzioni imprevedibili. È libero, “Tower Dungeon”, e la sua libertà passa proprio dallo stile di Nihei. Il fumetto è sintesi. Lavora con le parole, certo, ma lavora soprattutto con le immagini. E in “Tower Dungeon” le immagini sono tutto. Inizio e fine della storia. Centro e periferia del racconto.

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Tower Dungeon e la sua rivoluzione "sottile" nello stile dei manga

Gianmaria Tammaro