Federico Camporesi tra favoriti ai Mondiali Pokémon 2025: “Potrei vincere, sarebbe record"

“Io ragiono i miei anni non di anno in anno, ma da Mondiale a Mondiale” racconta Camporesi davanti a uno dei padiglioni del centro congressi di Anaheim, California. Qui, dal 15 al 17 agosto, si svolgono i Campionati Mondiali di Pokémon, un evento annuale in cui i più forti giocatori di videogiochi e del gioco di carte collezionabili si sfidano per il titolo di campione mondiale. Camporesi è tra i 27 italiani nella sezione Video Game Championship , che vedrà centinaia di giocatori sfidarsi su Nintendo Switch nel gioco Pokémon Scarlatto e Violetto. Dopo il primo posto ai Campionati Regionali di Danzica 2025 e agli Internazionali Nordamericani – questi ultimi conclusi in una finale tutta italiana contro Marco Silva – Camporesi si sente pronto a varcare la soglia dell’arena del Convention Center di Anaheim, dove si terrà la finale, per uscirne vincitore. Lo abbiamo intervistato a poche ore dall’inizio del torneo. Gli italiani stanno portando ottimi risultati nelle competizioni Pokémon. Lo scorso anno la vittoria è andata a Luca Ceribelli, quest’anno gli italiani sono in cima alla classifica e sono tra i favoriti nei VGC. Come ti spieghi questo successo? La community italiana è da sempre una delle più forti. Quest’anno abbiamo raggiunto il picco, Mondiale escluso. Il successo dei connazionali motiva molto gli altri a raggiungere lo stesso livello e nella community c’è molta positività: ci si aiuta tra di noi. Tanti gruppi di giocatori si preparano insieme, ma si è anche amici di gruppi differenti. Io faccio parte del Server, che è il gruppo italiano di maggiore successo a livello di risultati, da cui proveniamo io, Marco Silva e Luca Ceribelli. Siamo in dieci a giocare in questo Mondiale come membri del Server, ma ci sono altri 17 italiani di altri gruppi. Siamo in tanti, siamo amici, ci aiutiamo a vicenda e il successo di ognuno è sempre uno stimolo per gli altri a raggiungere lo stesso livello. Ti definiresti un “atleta” degli eSports? Sì, sono un atleta a livello professionale, e sono nel mio miglior momento in termini di risultati. Come si diventa un giocatore a livello professionale? Viene in maniera naturale. È difficile impostare un percorso avendo questo come obiettivo in partenza. Da quando ho iniziato a giocare nel 2011 sentivo di avere qualcosa in più da dare, un valore aggiunto. Volevo cercare di sfruttare al meglio le mie potenzialità: anche se non è un gioco che richiede qualità fisiche, esiste comunque una componente di talento, come in tutte le discipline. Serve talento, impegno e dedizione. È da tanti anni che gioco e dedico una fetta importante del mio tempo, facendo anche sacrifici. È un percorso simile a quello necessario per diventare un professionista in qualsiasi disciplina. Si può vivere facendo solo il giocatore professionista di Pokémon? Sì, anche se sono poche le persone nel mondo a riuscirci. Mi sento orgoglioso di questo. Vorrei che questa cosa durasse per sempre: sono all’apice della mia carriera nel mondo Pokémon e non sto pensando a cosa farò dopo. Attualmente la carriera del giocatore competitivo è sostenibile, anche se alla base bisogna investire denaro per poterla avviare. Cosa rappresenta per te il Mondiale Pokémon? È il mio più grande sogno, il tassello mancante per completare tutto quello che si può vincere in questo gioco. Ogni anno rappresenta un momento importante, un punto di stacco tra una stagione e l’altra: io ragiono i miei anni non di anno in anno, ma da Mondiale a Mondiale. Il 2026 per me inizierà tra qualche settimana, e il Mondiale è il punto di stacco. Che atmosfera si respira durante le competizioni? L’amicizia resta un aspetto molto forte, soprattutto nella community italiana. Sono molto amico di giocatori che partecipano a questo torneo. La competitività è tanta, come anche la voglia di vincere, ma l’amicizia prevale. Anche con Marco Silva, contro cui ho giocato due semifinali in questa stagione – l’ultima addirittura stando in stanza insieme – il clima la sera prima della finale era molto tranquillo: non c’è stato nemmeno un cambio nei rapporti a causa della competizione, dal mio punto di vista. Che spazio occupano i Pokémon nella tua vita quotidiana? Occupano la maggior parte del mio tempo. Oltre a giocare ai tornei, faccio streaming, coaching online e sono parte di una società eSport, quindi sicuramente rappresentano una buona parte del mio tempo, come un lavoro normale. Al di fuori del gioco, vado in palestra e frequento il mio gruppo di amici. Sfatiamo il mito che chi fa queste cose non abbia una vita sociale. Ogni giorno ci sono sessioni di testing, partite online, chiamate con gli amici per discutere su come affrontare i tornei e per guardarsi giocare a vicenda. Direi che i Pokémon occupano le mie buone sette, otto ore al giorno. Quali sono le opportunità più belle che ti ha dato questo lavoro? La possibilità di fare tanti viaggi e vedere amici in luoghi diversi del mondo praticamente ogni mese. Mi ha arricchito molto. Senti di poter vincere quest’anno? Sì, sono considerato da molti il favorito. È una cosa che può portare sfortuna, perché tendenzialmente il vincitore del Campionato Internazionale Nordamericano – l’ultimo prima del Mondiale – non ha mai poi ottenuto grandi performance ai Mondiali. Qualora dovessi vincere, sarei il primo giocatore a conquistare Mondiali, Internazionali e Regionali nella stessa stagione: una cosa che non è mai riuscita a nessuno. Le statistiche non mi danno ragione e dicono che realisticamente non vincerò, ma le statistiche sono fatte per essere cambiate: il mio obiettivo rimane quello di vincere e penso di potercela fare. Che consiglio daresti a chi vuole diventare un giocatore professionista di Pokémon? Inseguite i vostri sogni e non arrendetevi quando le cose vanno male. Anche se quest’anno ho avuto un’ottima stagione, in quello precedente le cose non erano andate bene per niente. Bisogna impegnarsi e accettare di fare sacrifici per arrivare al livello successivo.

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Federica De Lillis