Emanuele Giannelli: “La mia arte per raccontare l’Uomo e il Caos”

Non passano inosservate, le opere di Emanuele Giannelli. Nato a Roma nel 1962, vive da lungo tempo in Versilia, nella zona di Pietrasanta, particolarmente vocata per l’estrazione e la lavorazione del marmo. Qui, l’artista ha potuto sviluppare al meglio il suo lavoro e trovare ispirazione per lavori che indagano l’uomo moderno, le sue contraddizioni, le nevrosi e le sue necessità. Ha vissuto ed esposto anche all’estero, sviluppando una scultura influenzata dalla musica, dai fumetti, dall’underground, con incursioni nella Cultura industriale e post-industriale. Il Caos e l’Uomo. Contemporanea tensione, è la mostra in corso a Milano, alla Fabbrica del Vapore, fino a ottobre; un progetto possente e monumentale, proprio come le sue creazioni. Una mostra che potremmo definire immersiva, che induce il visitatore a riflettere sul ruolo dell’uomo nell’era tecnologica e sul caos contemporaneo. Abbiamo intervistato l'artista. Come è nato il progetto della mostra alla Fabbrica del Vapore, a Milano? Il progetto è nato con la Direzione Cultura del Comune di Milano e con la direttrice della Fabbrica del Vapore Maria Fratelli, che hanno voluto ospitare la mia prima mostra pubblica a Milano. Questo progetto nasce da uno stimolo importante che è il luogo stesso; la Fabbrica del Vapore rappresenta, con la sua storia, il legame ideale con la mia scultura, una ricerca contemporanea dell’uomo industrializzato. Il titolo è evocativo: “Il Caos e l’Uomo. Contemporanea tensione”. Partiamo da qui. Ho carcato di indagare, come faccio sempre, sulla criticità dell’uomo contemporaneo. Le tensioni e il caos che fanno parte della nostra Società e della nostra Cultura. Come si articola il percorso espositivo? Il percorso della mostra rappresenta la totalità della mia ricerca artistica negli ultimi 15 anni. Si tratta di oltre cinquanta sculture, suddivise in opere singole e gruppi scultorei. La mostra è allestita tra la Sala Bianca – dove ci sono opere di piccole e medie dimensioni – e l’esterno, dove ci sono le opere monumentali, sculture che vanno dai due metri di altezza ai cinque. Quali sono le opere più emblematiche? Tra le opere più emblematiche ci sono i miei Visionari. All’esterno si possono trovare The Watcher, Korf, Mr. Kiribati; invece, all’interno della Sala Bianca, altri gruppi scultorei come Monkey Tribù, che sono quindici scimmie di ceramica, che hanno in mano dei telefonini: è un lavoro sull’emulazione. Ci sono, poi, altre sei figure dal titolo Stati d’allerta; si tratta di sei umani che non si guardano, ma usano l’olfatto per cercare la presenza l’uno dell’altro. Un altro lavoro importante è Dizzy, all’interno della Sala Bianca, ispirato a Dizzy Gillespie, nella cui bocca si apre un video realizzato appositamente per la mostra di Milano: si tratta di un video virtuale che presenta immagini surreali e distopiche della città meneghina. Che tipo di allestimento avete scelto? L’allestimento della mostra è stato, a mio avviso, particolarmente curato, soprattutto nell’illuminazione. Grazie al lavoro degli architetti designer Paolo Nava e Luca Arosio, dello Studio Nava + Arosio, per PUK Italia Group che, insieme con un altro bravissimo architetto Gennaro Monguzzi, di WAVE Light Studio, hanno realizzato un progetto, secondo me, molto riuscito, un dialogo emozionale e percettivo sul mio lavoro.

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Emanuele Giannelli: “La mia arte per raccontare l’Uomo e il Caos”

Sabrina Rappoli