La bellezza di ieri e oggi, come sono cambiati gli standard con i social?

Com'è cambiato il concetto di bellezza nel corso dei decenni? E nell'era dei social in cui tutto è “filtrato” e “iper perfezionato”? In che modo si può promuovere una cultura del bello che sia più sana e inclusiva? Sono queste le domande che hanno animato il dibattito del panel “L'elogio dell'perfezione”, in scena a Live In Milano 2025, l'evento che porta Sky TG24 fuori dai propri studi televisivi nelle città italiane. Con un titolo ispirato alla celebre opera di Rita Levi-Montalcini “L'elogio dell'imperfezione”, il dibattito ha esplorato non solo le trasformazioni che l'idea di bellezza ha subito negli anni, influenzata dalle grandi dive del cinema e dello spettacolo, ma anche i cambiamenti più recenti legati all'esposizione sui social media, che sembrano promuovere canoni sempre più inarrivabili. A confrontarsi sul tema, rispondendo alle domande proposte dalla giornalista Ketty Riga e da un gruppo di studentesse e studenti del liceo classico Giovanni Berchet di Milano, sono stati Stefano Zecchi, filosofo e scrittore, Marco Klinger, professore di chirurgia plastica all'Università di Milano, e Danda Santini, direttrice del settimanale iO Donna. Com'è cambiata l'idea di bellezza Cos'è la bellezza nel 2025? In che modo i social, prima, e l'intelligenza artificiale, adesso, ne stanno modificando il senso più profondo? A fornire per primo il proprio punto di vista sul tema è stato Stefano Zecchi. "La bellezza oggi è esattamente come era il tempo di Elena, di Omero: né più né meno che un significato molto complesso che stabilisce dei principi di valore", ha detto il filosofo e scrittore. "Chi è bello ha sempre qualche cosa in più degli altri, perché è una qualità che rappresenta quasi sempre una profondità dell'essere umano. Quindi se io devo pensare alla bellezza oggi non la devo immaginare come la bellezza di Elena, di Nefertiti. Non cambia niente, cambia semmai il modo di rappresentarla. La bellezza resta un'idea assoluta che viene rappresentata ovviamente attraverso stili diversi", ha aggiunto. Nella sua celebre opera "L'elogio dell'imperfezione", Rita Levi-Montalcini definiva l'imperfezione come il motore di un cambiamento, di un rinnovamento, dell'accettazione dei propri limiti: l'imperfezione come opportunità. Oggi, però, ciò a cui si assiste è un elogio della perfezione. "Io sono abbastanza critico, pur facendo questo mestiere. Io sono un appassionato di fascino non perfetto, piuttosto che di perfezione", risponde Marco Klinger. "L'atteggiamento attuale è invece quello della ricerca della perfezione a tutti i costi, soprattutto in riferimento ai modelli social. A differenza del passato, in cui magari i modelli di riferimento erano gli attori di Hollywood, dei film importanti. Adesso in realtà è più facile pensare che gli attori di Hollywood si possano ispirare a loro volta ai modelli dei social", ribadisce il chirurgo plastico. La chirurgia estetica La maggior parte degli interventi chirurgici o dei ritocchi al viso vengono effettuati per "essere più belli", per "fare foto più belle per i social"? A parlare è ancora Klinger: "Sì, oltretutto sottolineando che il problema è duplice. Nel senso che nessuno di noi è al corrente del fatto che il selfie è una cosa che distorce i lineamenti. Noi abbiamo dedicato un'intera seduta nel Congresso mondiale sul naso, un paio d'anni fa a Bergamo: abbiamo parlato due ore dell'importanza della negatività delle foto dei cellulari per noi, perché il selfie o una foto fatta da vicina col cellulare produce un naso che rappresenta il doppio dello spazio in una faccia normale. Quindi chi si vede nel selfie pensa che anche l'intervento sia fatto male, perché il naso è due volte più largo". Per il professore di chirurgia estetica, "ci sono degli artifici per cui c'è gente per strada che si ferma in ogni angolo girando il telefono in tutte le angolazioni, pensando che ci sia un profilo più bello dell'altro. Certo che c'è, non siamo simmetrici in tutti i modi". I pazienti che si sottopongono a interventi di chirurgia estetica hanno un'età che oscilla "dai 27-28-30 anni fino ai 50-55", sottolinea Klinger. "Ma ci sono un sacco di eccezioni: l'età media si è allungata molto", ha aggiunto ribando che "non è strano che si presentino donne di 78 anni, non c'è nessuna vergogna perché una settantottenne è in questo momento molto differente da quelle che erano ai tempi in cui eravamo ragazzini noi. È una donna un po' più matura che può avere le sue esigenze". Per quanto riguarda i giovani, invece, "i loro desideri sono tanti, ma in realtà quelli che poi li portano a compimento per fortuna - perché magari non sono abbastanza maturi per deciderlo - su una percentuale più limitata", sottolinea il chirurgo. La bellezza sui giornali La direttrice di iODonna, Danda Santini, ha poi affrontato il tema della rappresentazione della bellezza sui giornali e sulle riviste. Rispondendo alla domanda su che cosa è cambiato rispetto al passato, Santini ha ricordato "la copertina sulla body positivity dell'anno scorso, dal titolo 'Bellezza plurale'". Poi ha spiegato: "Le copertine dei giornali sono sempre immerse nel loro momento, nel tempo, in quello che le persone stanno vivendo. Abbiamo ritenuto che il movimento della body positivity, dell'accettazione di sé, dell'imperfezione fosse importante proprio perché viviamo in un momento social in cui soprattutto le persone più fragili e più giovani sono costantemente viste dagli altri attraverso lo schermo, quindi costantemente sopraffatte dall'ansia di essere al meglio sullo schermo, quasi più che nella vita reale". E ha aggiunto: "Sappiamo che c'è una fragilità di fondo e che dunque è il momento di dare dei messaggi positivi perché le persone si accettino, si vogliano un pochino più bene che è poi spesso lo sforzo di tutta una vita. Diane Keaton dice che soltanto dopo i 50 anni le donne cominciano a essere un pochino più generose con se stesse. Poi in realtà oggi è un fenomeno anche maschile, questa sicuramente è una novità". Chi decide cosa è bello e cosa è brutto? A rispondere alla domanda sul concetto di "bello" e "brutto" è ancora il filosofo Zecchi. "Lo decide il professore di estetica", dice. "Quando uno dice 'non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace' dice una cosa sbagliatissima. Sono stato adesso in un posto dove c'era un importante convegno sulla storia, e una signora mi ha invitato in una bella casa, un giardino, dove c'erano Biancaneve e i sette nani. Io dico: 'No, i nanetti e Biancaneve non mi piacciono, non vado'. Un conto è andare in una casa privata, un conto è avere la responsabilità politica della bellezza degli spazi pubblici", spiega il filosofo e scrittore. "Io, come amministratore - qui a Milano come Assessore della Cultura - devo stare molto attento di ciò che si mette nelle piazze, nelle strade, perché quello è fondamentale per la costruzione di un gusto. Lasciamo perdere la bellezza in generale. Se io non conosco il gioco del baseball né le sue regole e assisto a un match, posso dire che è una bella o una brutta partita? No. Il calcio invece lo conosco, conosco le sue regole, e riesco a capire se è una bella o una brutta partita. Quindi è l'esperto che ci deve dire che cos'è il bello del brutto", rimarca. Per Zecchi, oggi, "manca totalmente un'educazione estetica. Dunque, distinguere il bello dal brutto "sarebbe fondamentale anche per il proprio modo di rapportarsi, rapportarsi con se stessi", sottolinea. L'educazione estetica "è stata quell'educazione che almeno per 3.000 anni ha educato l'uomo occidentale, non solo l'uomo di questa terra. La comprensione del vero, del bene era attraverso la bellezza. Succede qualcosa di molto importante, profondo alla fine dell'Ottocento, alla metà dell'Ottocento, l'educazione diventa non più estetica, ma scientifica. Un conto è dire che un quadro, un'opera è bella o brutta, un conto è dire che una formula matematica è bella o brutta", spiega Zecchi. Poi aggiunge: "Spesso mi correggono e mi dicono anche che nella formula matematica, nella legge della fisica c'è il bello e il brutto. Sì, ma non è cogente. La bellezza è cogente nell'educazione estetica, non nell'educazione scientifica. Se la mela casca in testa non deve essere bella o brutta, casca in testa. Questa è la legge di gravitazione universale: piaccia o non piaccia, è quella". L'educazione estetica Il messaggio lanciato da Zecchi è chiaro: “Occorre educare al bello”. "Concordo sul fatto che occorrerebbe educare anche nella richiesta", afferma Klinger. "Il chirurgo plastico serio è quello che cerca di interpretare i desideri del paziente, magari modulandoli, spiegandogli qual è il suo punto di vista e vedere se riesce a trovare un compromesso con quello che dice il paziente. Certamente il chirurgo plastico non serio è quello che aderisce alle richieste di una paziente condizionalmente perché ti paga, e questo non deve esistere. Se vengono da me e mi chiedono di tagliare loro il braccio sinistro per 7.500 euro, il braccio sinistro non lo taglio. Prima di tutto perché non fa parte di me e, poi, perché mi piace che ci sia un certo stile. Ognuno di noi che ha studiato e lavorato tanto per fare bene questo mestiere, e quindi mi fa anche piacere sapere che chi va in giro con quel naso lì o quella ricostruzione mammaria rientra nei canoni che piacciono anche a me, che sono quelli che nascono da studi un po' più accurati", precisa. La domanda degli studenti Un gruppo di studentesse e studenti del liceo classico Berchet di Milano ha rivolto una domanda agli esperti: “Ha mai rifiutato un intervento chiesto da una ragazza giovane perché riteneva nascesse da una insicurezza momentanea?”. A rispondere è stato Klinger. "La gioventù di oggi è molto più in difficoltà rispetto a noi giovani. Non esiste confronto. A volte devo dire che risolvere alcune insicurezze produce risultati veramente positivi su una persona, perché si sente più attiva, più positiva e affronta meglio le cose della vita. Quindi, perché no?", spiega il professore. "A una ragazza che, per esempio, ha un naso difficilissimo da portare, negli anni 70 o 60 avremmo detto: 'Sei carina lo stesso'. Adesso se ti accorgi che è un fardello, devi aiutarla. Dall'altra parte però, ho rifiutato mille volte perché esistono situazioni in cui ti accorgi che la paziente di fronte a te non è in grado bene di giudicare, oppure perché ritieni effettivamente che sia meglio attendere una maggiore maturità nella decisione. Poi esistono, come in tutte le situazioni, anche delle eccezioni. Se c'è un bambino con le orecchie terribilmente a sventola che nel suo periodo dagli 8 ai 13 anni è stato massacrato dagli altri bambini a scuola, forse è causa di affrontarlo magari prima per non dargli un fardello da portare", spiega il chirurgo. Ricordando l'appello di qualche tempo fa dei chirurghi ai genitori - “Smettetela di regalare il seno alle vostre figlie a 18 anni” - Klinger ha spiegato che "io opero tutti i giorni e una delle mie specialità riguarda le malformazioni mammarie. Le malformazioni mammarie sono tali per cui ci sono ragazze che non vanno neanche a comprarsi il reggiseno, non fanno vedere le mammelle alla mamma o al papà. Per loro è una cosa drammatica". Un altro aspetto riguarda invece "le richieste di tipi differenti, per cui bisogna veramente dare un freno. Si tratta di avere a che fare, come tutte cose della vita, con due gruppi, due partiti: il partito serio dei genitori e dei pazienti, il partito serio dei chirurghi. Sappiamo che il cocktail tra chirurghi banditi e pazienti matti è esplosivo", precisa. Sul tema è intervenuta anche Danda Santini: "È assolutamente vero. Io dico sempre che bisogna avere dei dubbi, perché viviamo nel mondo del 'dipende'. Il bravo medico ascolta e riesce a capire l'esigenza, e se quell'esigenza, quel desiderio – se non risolti - possono creare dei problemi. E i problemi fisici nei ragazzi obiettivamente possono, già in un momento in cui parliamo tutti della loro fragilità, essere un tema. Quindi con uno sguardo laico e attento e affidandosi naturalmente a professionisti e gente seria, soprattutto in questo campo". Il concetto di bellezza, ieri e oggi Durante l'incontro, la giornalista Ketty Riga ha mostrato due immagini a confronto: da un lato, una foto della cantante Gaia mentre mostra la sua acne, dall'altro uno scatto rubato di Sophia Loren. A tal proposito, sono stati i ragazzi a fare la domanda agli esperti: “Come vedete il rapporto tra la nostra generazione e la bellezza?”. A rispondere, per primo, è stato Zecchi. "Un rapporto sempre molto ossessivo e nello stesso tempo determinante. È impensabile che non ci sia un sentimento personale, di relazione, in cui la bellezza ritorni". Il problema, secondo il filosofo, "è sempre quello di riuscire a educare la percezione, la comprensione di sé. E questo viene dato da degli esempi: sono quelli che ti aiutano a comprendere, guardando la relazione che puoi avere con la realtà. Non è tanto il ragionamento sulla bellezza. Se a parlare qui oggi ci fossero stati Alain Delon, Margot Robbie e Marlon Brando quello che sarebbe passato agli altri non è la bellezza, ma lo stile della comunicazione, il modo di parlare, di gestire il tono della voce, la capacità di entrare in relazione con gli altri". Per Zecchi la bellezza "è qualche cosa che si deve legare al suo modo di rappresentarla. A me può piacere lo stile gotico, a lei può piacere lo stile romanico. Il gusto va costruito, va allenato". Riflettendo sull'immagine rubata di Sofia Loren, ci si chiede se l'invecchiamento di una donna fa ancora davvero notizia. A rispondere è Danda Santini: "Sophia Loren non è una donna qualsiasi: è una donna che è stata l'icona della bellezza italiana nel mondo, un'attrice, una diva. Le dive hanno nel loro passaporto una data di scadenza. Alcune si ritraevano dal mondo dello spettacolo per lasciare nel pubblico l'idea della loro bellezza immacolata, imperitura e così chiudendosi tutte le porte future. Adesso viviamo in un'altra epoca: per fortuna le attrici stanno facendo pressione, tante donne stanno per la prima volta attraversando anche la loro mezza età, la loro età più avanzata. Si sta aprendo un po' una fase nuova. Anche noi sui giornali in copertina veniamo molto apprezzati quando pubblichiamo qualche donna bella. Riceviamo un sacco di lamenti quando pubblichiamo modelle perché sono belle, giovani, snelle. Io parlo sempre della triade delle tre Isabelle: Isabella Huppert, Isabella Rossellini e Isabella Ferrari. Sono tre attrici che hanno attraversato il tempo con una consapevolezza di sé in cui le donne si riconoscono, e che piace per la prima volta". La bellezza salverà il mondo? Il panel si è chiuso con la domanda “La bellezza salverà il mondo?”, lo stesso interrogativo che si poneva Fëdor Dostoevskij. Le risposte degli ospiti: Stefano Zecchi: "Oggi bisogna salvare il mondo dalla bellezza. Perché la bellezza dovrebbe salvare il mondo? Perché è la più potente espressione antinichilista, antidissolutiva, antireattiva". Marco Klinger: "La bellezza salverà il mondo se - risposta all'archeologo plastico - se sarà modulata dal buonsenso. Bellezza e buonsenso come cocktail positivo. Tutto questo se è poi destinato a dare serenità. Quindi, se questa sarà la cosa importante per te in futuro tienila nel cassetto, e aprilo in un momento in cui hai bisogno di avere una marcia in più". Danda Santini: "La bellezza salverà il mondo se porterà pace. Perché se la bellezza è ciò che è bello e buono, la bellezza è armonia, è equilibrio, è contro la distruzione della terra".

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